Il ricercatore quarantanovenne Philip Laroma Jezzi, definito anche come “L’italiano di cui il Paese ha bisogno” è stato colui che temerariamente è riuscito a sollevare un telo molto oscuro che avvolgeva concorsi Universitari e la loro fasullità. Il Ricercatore, grazie alla sua denuncia e alle sue registrazioni con il cellulare ha fatto scattare il via alle indagini che si sono sviluppate in arresti e molteplici avvisi di garanzia. Definito come un eroe dei giorni nostri, una persona con la schiena “drittissima”. Ma io lo definirei emblema di quel valore e dovere di “bonus civis” che da tempo è stato sotterrato.

Encomiare tale uomo per aver fatto il suo buon dovere da persona valorosa e incredibilmente onesta ci fa pensare che ormai tale qualità si sia da tempo persa proprio per il fatto di sorprenderci quando straordinari gesti simili vengono compiuti. Visti come straordinari, poiché siamo abituati a vedere il marcio in ogni cosa, ma forse di questo marcio siamo circondati. Da studentessa universitaria ritrovo in me quella paura, sensazione ormai comune ai miei giovani di potermi ritrovare a competere con persone avvantaggiate da disoneste agevolazioni che potrebbero scavallare chi veramente prima di queste meritava quel posto o quel voto o quell’opportunità che a volte viene solamente regalata e non conquistata. Vero è che oggi giorno l’influenza e l’amicizia di un professore facilita la carriera universitaria o futura carriera lavorativa di uno studente. E forse è proprio per questo motivo che assistiamo alla dissoluzione della “speranza” di poter trovare occupazione o rimanere nel nostro Paese, dove siamo nati, cresciuti, educati ma alla fine scappati. Quanti concorsi oggi sono stati truccati, quante persone raccomandate? Quanti dottori esistono che grazie a qualche “buona amicizia” ora praticano il loro mestiere… Non voglio arrivare ad immaginare quante persone solo per andare avanti si ritrovano a non saper nemmeno quello che stanno facendo e quante ne possono risentire sotto le loro mani.

Se ormai, “l’immigrazione” clandestina è diventato uno dei principali temi di discussione odierni, da studentessa inizierei a concentrarmi e a sbarrare gli occhi di fronte alle statistiche ormai concrete delle “emigrazioni” dei cittadini italiani, ventenni su per giù, i quali amareggiati danno vita al fenomeno dei “Cervelli in fuga”.

Questa diaspora include ragazzi che, come riporta l’Instat per lo più laureati, migrano altrove dove si pensa che “si possa trovare lavoro”, dove si crede che sì “all’estero c’è la meritocrazia” o magari fuggire dall’Italia, etichettata ormai come un “Paese di raccomandati”.  Non mi soffermerei tanto sulle cifre, sulle percentuali, sul paradosso che se prima vi era una migrazione di persone scarsamente acculturate, “ora parte la meglio gioventù, un capitale umano molto elevato” spiega Antonio Schizzerotto, professore di sociologia a Trento, ma sull’aspetto psicologico di noi giovani. L’Italia sembra aver abituato noi ragazzi a crescere con l’idea di doverla abbandonare, dover lasciare la nostra casa, i nostri genitori e andarcene pochi chilometri più su della Nazione e trovare già qualcosa. Metterci l’anima in pace o meglio “rassegnarci” appare la cosa più semplice da fare.

“Se prendi quella facoltà, te ne devi per forza andare”, ormai è una frase ricorrente tra i corridoi delle nostre facoltà. Le scelte sono condizionate non dalla nostra passione per la materia, ma per “quella che almeno ti fa lavorare”. La demagogia credo che abbia di certo una voce molto e forse troppo altisonante ormai su questo tema, ma a volte la voglia di andare via è superiore alla voglia e al pensiero di cercare lavoro in Italia e incombere in una lunga attesa e straziante ricerca di trovare ciò che volevamo veramente fare.

Questo esodo sta portando ad un vero e proprio impoverimento della nostra amata Italia, che esporta medici, ingegneri, architetti, dottori… Ma cosa lascia? Trasferimenti verso Regno Unito, Germania poi Svizzera e Francia. L’Italia sta diventando un paese anziano, con la presunzione di non cedere la possibilità ai giovani di poterlo cambiare in meglio.

La disgregazione del nucleo familiare appare quasi come un trauma netto che prima o poi si dovrà affrontare a causa della quasi costretta emigrazione del giovane in cerca di stabilità altrove. L’Italia non sembra accogliente verso noi laureati, ma dovrebbe anche rendersi conto che la gioventù va ad arricchire paesi come L’inghilterra o la Germania, ma perché questi non vengono in Italia? Dateci più possibilità, ridateci il diritto di sperare e di continuare a vivere in uno dei Paesi più belli al mondo ma soprattutto cedete il posto a chi vuole veramente ricostruire la Nazione, ponete l’attenzione su di noi, dateci la possibilità che i nostri figli nascano Italiani e parlino italiano ma soprattutto dateci più sicurezze, perché noi siamo il vostro futuro.

 

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