In attesa dei risultati dei ballottaggi, previsti per domenica 25 giugno, la situazione che si è caratterizzata allo scrutinio del primo turno ha visto delinearsi un nuovo panorama politico, in cui spicca la risalita del centro destra a spesa del Movimento Cinque Stelle. La causa di questa inversione di marcia? Una delle cause, oltre quella di una delusione dell’elettorato verso l’amministarzione M5s, può essere attribuirita  all’astensionismo: un tasso di partecipazione che scende dal 66,8% al 60,7%.

La collaborazione tra centro destra e Lega Nord sembra aver funzionato (Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia), ricalcando quello che è stato lo scacco matto del 1994, quando il Polo delle Libertà di Berlusconi, agli albori della sua ascesa, si era alleato al Nord con il Carroccio (Lega) e con Alleanza Nazionale al Sud.

Le amministrative, dello scorso 11 giugno, hanno chiamato alle urne i cittadini di circa 1000 comuni, e 25 capoluoghi tra cui Genova, Parma, Padova e Palermo.
Il quadro che si è delineato ha visto la Lega aggirarsi su una media del 14% di preferenze lungo l’intero territorio, toccando picchi del 30% nei comuni settentrionali, ad ha, ad ora, conquistato ben 19 comuni, destinati ad aumentare in vista dei 26 ballottaggi.
Forza Italia cede un piccolo tasso di elettorato proprio alla Lega, ma si può dire che è una perdita relativa, visto che i voti “restano in famiglia”.

Cosa ne è del centro sinistra? Il Pd arranca e tiene il fiato sospeso in attesa dei ballottaggi, dove però i sondaggi vedono in vantaggio le forze del centro destra. La discesa del Partito Democratico è drastica al Nord, come già si era verificato con le regionali del 2015; schiacciante è soprattutto la perdita di Genova, ritenuta una roccaforte per l’ex premier Matteo Renzi.

Infine, il M5s. C’è chi parla di flop, ed è caccia ai responsabili. Il malcontento generalizzato porta a puntare il dito contro le figure di spicco del Movimento, a partire da Di Maio, passando a Fico e Di Battista, a cui vengono imputate le colpe per i fallimenti dei Meetup; ma molte sono anche le critiche “sistematiche” degli iscritti, che individuano troppe carenze strutturali del partito: manca una segreteria di partito, mancano dirigenti incaricati del controllo territoriale e, soprattutto, la vera croce viene identificata nel cd. limite del doppio mandato, caposaldo della dottrina pentastellata, che prevede l’impossibilità, per i membri del movimento, di ricoprire per più di due volte posizioni di rilievo politico. Come ha affermato Bugani al riguardo, in tanti hanno scelto di non correre per il secondo mandato a livello locale per poter piuttosto concorrere per le nazionali. Grillo ha risposto a queste lamentele con un post sul suo blog intitolato “I puntini sulle i” in cui ha definito tale regola “uno dei principi indissolubili” del movimento, senza lasciare così alcun margine di discussione.

“Mi stupisco dello stupore, non suona mai la sveglia da tre anni per il centrosinistra» ha affermato Pierluigi Bersani su La7, ospite della trasmissione Piazza Pulita; rigirando il coltello nella piaga della “doccia fredda” che ha colpito i partiti di maggioranza.
Il quadro finale è comunque ancora da definirsi, e bisognerà aspettare lo scrutinio dei ballottaggi prima di poter fare affermazioni conclusive. Il dato di fatto è che l’elettorato, in maniera più o meno palese, sta cambiando idea. Come risponderanno le forze partitiche ora, in vista delle elezioni politiche del 2018?

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