Il 5/6 Dicembre la Fiom ha proclamato uno sciopero generale dei metalmeccanici e tornerà nelle piazze di tutti i capoluoghi regionali. Uno sciopero contro Federmeccanica e contro un accordo separato peggiorativo per i diritti ed il salario dei lavoratori. Anche gli studenti, dopo lo straordinario mese di Novembre e i momenti di piazza che hanno di fatto conquistato una vittoria, imponendo uno stop all’iter del ddl Aprea, decidono di tornare a manifestare proprio il 6 Dicembre, affiancando la loro protesta a quella dei lavoratori.

Per comprendere le ragioni di questa scelta è necessario fare un passo indietro e capire cosa sta accadendo nelle decine e decine di scuole occupate in queste settimane, nelle assemblee di facoltà e nel tentativo di migliaia di studenti di costruire quell’elemento di rottura di cui si sente profondamente il bisogno. Quali sono i fattori che ci spingono a non tornare a casa? Cosa rimarrà di quest’autunno così diverso dal solito? A questa domanda si può rispondere solo in parte, tutte le altre risposte, come sempre, arriveranno passo dopo passo nei percorsi che verranno costruiti e portati avanti.

Scendere in piazza non è più sufficiente? E’ certamente decisivo, ma non basta. Può sembrare un’affermazione provocatoria, ma di fatto spiega una serie di istanze e di interrogativi che stanno nascendo all’interno dei movimenti studenteschi.

A questa domanda negli ultimi anni seguivano due risposte di tipo differente: una metteva al centro la politica delle rappresentanza (ci sono i movimenti e poi arriva la politica “vera”), l’altra legittimava l’immobilismo e il “tanto manifestare non serve a nulla”. Entrambe sortivano il medesimo effetto.

In questi mesi invece è salita alla ribalta una generazione cresciuta proprio all’interno dei movimenti studenteschi contro la riforma Gelmini, capace di comprendere tutto molto rapidamente e di individuare la propria controparte, anche quando l’attacco che sferra non si manifesta attraverso una riforma o un provvedimento specifico. Ci sono decine di migliaia di studenti che cominciano a capire l’importanza di partecipare e non delegare a nessuno, ma soprattutto l’importanza di poter organizzare una risposta collettiva, scartando il “si salvi chi può”.

La crisi e l’austerità divengono immediatamente terreni di battaglia perché vengono riconosciute come i meccanismi che rendono le vite di tutti più difficili e cancellano ogni progetto possibile.

Per questo c’è una forte spinta ad occupare: c’è bisogno di spazi da reinventare, di tempi da scandire e far scorrere in maniera differente, c’è bisogno di guardarsi negli occhi e riconoscersi, di non sentirsi soli. Per questo vengono bloccate le strade di ogni municipio in tutte le città, per tornare “padroni” di un territorio sempre più vuoto, un luogo dove nessuno vuole più sentirsi ospite. Una generazione intera vuole battere il proprio tempo e portare questa immensa energia nelle strade, cercando di rendere le manifestazioni una tappa di un percorso articolato.

Da questo nasce l’urgenza di scendere in piazza il 6 Dicembre: per continuare a guardarsi negli occhi e riconoscersi, per rompere la solitudine ed inventare insieme nuove strade, per tornare a riempire di significato alcune parole. Lo slogan del 6 Dicembre è “riprendiamoci lo sciopero”: nel paese in cui tutto è fatto in nome dei giovani, dal Tav alla riforma delle pensioni, dalla cancellazione dell’articolo 18 al fiscal compact, i giovani tornano ad essere protagonisti sul serio.

Ascoltare le istanze che attraversano queste piazze potrebbe essere cosa sgradita per molti, ma non ci sono alternative: l’assenza di futuro si riempie così, reinventando un presente esplosivo e “imprevisto”.

2 Commenti

  1. Non so di quale mestieri parli, io non faccio nessun mestiere. 🙂

    p.s. Il plurale di proclama è proclami, chi vuole fare il giornalista deve conoscere queste cose! 🙂

    p.p.s “Il sapere non è fatto per comprendere ma per prendere posizione”.
    M. Foucault

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