9 maggio 1945: nessuno può ignorare cosa è successo. Il Giorno della Vittoria, in cui è stata dichiarata ufficialmente la fine della Seconda Guerra Mondiale nell’Unione Sovietica, è stato reso festa nazionale per lo Stato nel 1965; la ricorrenza era decaduta con la dissoluzione dell’URSS, finchè non è stata recuperata da Putin nel 2005. La Russia non ha nessuna intenzione di perdere il “fil rouge” della propria storia e ancora oggi utilizza la commemorazione come baluardo del suo spirito patriottico. Capire cosa si nasconde dietro questa data vuol dire decifrare la narrazione di questo Paese circa la propria identità e le vicende del passato che l’hanno visto protagonista.

Cosa è successo il 9 maggio 1945?

Come già accennato, questa è la data in cui si dichiarò ufficialmente la resa del Terzo Reich e la conseguente fine del conflitto mondiale. Tra febbraio e aprile di quell’anno, infatti, tutti gli alleati erano riusciti a penetrare nel territorio tedesco: i sovietici furono i primi e furono loro ad accerchiare Berlino, dove entrarono poi il 30 aprile. A seguito del suicidio di Hitler, il 7 maggio 1945 fu firmato l’atto di capitolazione tedesca nel quartier generale alleato a Reims, in Francia. Non essendo però presente l’alto comando sovietico, per suo volere nella notte dell’8 maggio fu firmato a Berlino un ulteriore atto di resa da parte degli ufficiali tedeschi di rango più alto, stavolta anche in presenza del maresciallo sovietico Zhukov, per sancire definitivamente la sconfitta. Il 9 maggio venne quindi annunciata la vittoria.

Quando e da chi è stato istituito come giorno di festa nell’URSS?

La ricorrenza del 9 maggio è stata promossa festa ufficiale all’interno dell’Unione Sovietica nel 1965, dall’allora gruppo dirigente capitanato dal nuovo segretario del Pcus Brežnev. Non fu certo una scelta disinteressata, trattandosi di una fase estremamente delicata all’interno dell Guerra Fredda: dalla costruzione del Muro di Berlino nel 1961 la diffidenza nei confronti dell’URSS da parte della platea mondiale era stata rafforzata in maniera esponenziale, alimentata da episodi come la crisi dei missili di Cuba nel 1962 e dall’assassinio di John Kennedy nel 1963. Nel 1964 c’era stato poi un cambio al vertice del potere in entrambi gli schieramenti, con Lyndon Johnson Presidente degli Stati Uniti e Brežnev a sostituire Kruscëv in Unione Sovietica, con la conseguente necessità di ricalibrare le opinioni maturate su entrambe le superpotenze a seconda della linea di condotta che i due leader avrebbero adottato. In un momento di passaggio tanto delicato, in cui la credibilità degli USA venne compromessa dall’intervento in Vietnam e dal conseguente coinvolgimento nel conflitto armato, istituire una festa nazionale che ricordasse al mondo la centralità dell’URSS nell’annientamento del nazismo fu sicuramente una mossa altamente strategica per il rilancio della sua immagine a livello internazionale.

Il recupero della commemorazione da parte della Russia

Nel 2005 Putin decise di rilanciare la Giornata della Vittoria, che si era dissolta assieme all’Unione Sovietica, promuovendone il prestigio e il valore tramite una solenne parata che ormai si tiene ogni anno in Piazza Rossa, a Mosca. Anche in questo caso sorge spontanea una domanda: perchè riesumare una celebrazione appartenente ad un passato della Russia tanto controverso ed equivoco, quale quello caratterizzato dall’appartenenza ad un regime definibile in alcuni passaggi come totalitario? La domanda non si presta ad una risposta univoca. Sicuramente per restituire un quadro più completo occorre far presente che nel 2004 e nel 2005 l’Assemblea generale dell’ONU istituì l’8 e il 9 maggio rispettivamente come Giornata della Memoria e della Riconciliazione dei caduti della Seconda Guerra mondiale, per onorare tutti coloro che persero la vita nel conflitto, e il 27 gennaio come Giornata Internazionale della Memoria delle vittime della Shoah, in corrispondenza dell’anniversario della liberazione di Auschwitz-Birkenau; la decisione di Putin ha quindi coinciso con una serie di iniziative promosse a livello internazionale nello stesso ambito. Entrando però più nello specifico di quel frangente storico e politico, nel 2004 il primato della Russia nello scenario dell’Europa Orientale ha subito uno scossone significativo: in primo luogo a causa dell’adesione all’Unione Europea di un numero significativo di paesi ex satelliti dell’Unione Sovietica, ossia Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia e Slovenia, con Bulgaria e Romania candidati. In secondo luogo a causa della rivoluzione arancione, avvenuta nello stesso anno in Ucraina: il termine indica il movimento di protesta che attraversò il Paese a causa della presunta irregolarità delle elezioni presidenziali che avevano condotto alla vittoria il candidato filosovietico Janukovič, accusa poi validata dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa; il ripetersi delle elezioni portò alla vittoria del candidato filoccidentale Juščenko e alla formazione di un governo sbilanciato a favore dell’Unione Europea. I colpi inferti alla storica influenza esercitata dalla Russia nell’area potrebbero aver stimolato l’indizione della Giornata della Vittoria da parte di Putin, per rilanciare la centrallità del suo Paese ricordando al resto del Continente a chi dover accreditare la pace e la relativa prosperità raggiunta.

Perchè il 9 maggio è un vero e proprio simbolo dell’identità russa?

Sebbene vi siano delle giornate di commemorazione condivise a livello internazionale, ogni Paese onora la memoria delle vicende storiche della Seconda Guerra Mondiale a seconda della propria prospettiva: non vi è solo una differenza tra vincitori e vinti, che porta ad esempio l’Italia a festeggiare il giorno della Liberazione dall’invasione il 25 aprile, ma anche tra gli Stati che condividono la stessa sponda. Inghilterra e Francia infatti celebrano l’8 maggio la “Giornata della Vittoria in Europa”, mentre l’America festeggia il 2 settembre il V-J Day, ossia la Giornata della Vittoria sul Giappone in cui venne firmato l’atto di capitolazione e che è considerato come termine effettivo del conflitto mondiale. La Russia, però, ha un punto di vista estremamente soggettivo di questa pagina della storia, da essa ricordata come la “Grande Guerra Patriottica” combattuta in difesa della patria: l’Unione Sovietica era infatti nel mirino diretto di Hitler perchè promotrice dell’ideologia comunista, tant’è che nella concezione nazista i popoli slavi erano considerati di rango inferiore; tra gli obiettivi del Reich vi era quindi l’espansione nell’Europa Orientale, avviata tramite l’invasione della Polonia e la penetrazione nel territorio sovietico del 1941. Il ruolo di primo piano giocato dall’URSS nella resa della Germania implica una vittoria sotto molteplici profili per lo Stato, sia come dimostrazione di superiorità sul suo principale rivale del momento che come fonte di rispetto e ammirazione da parte dell’Occidente. Quest’ultimo punto è fondamentale, in quanto la Giornata della Vittoria costituisce una pietra miliare per il rilancio dell’immagine dell’Unione Sovietica prima e della Russia poi, per non vedersi pregiudicata dalle macchie della sua storia pregressa: non bisogna dimenticare infatti che proprio tra la frontiera occidentale della Russia e l’impero tedesco nel 1791 fu costruita la prima zona di residenza obbligatoria per gli ebrei (esistita fino al 1917) per volere della zarina Caterina II che riuscì così a realizzare il progetto già inaugurato dai suoi predecessori di espellere dalla Russia tutti gli ebrei non convertiti all’ortodossia, nonostante alla base vi fossero in realtà motivazioni di tipo economico e nazionalista. Inoltre, la stessa Unione Sovietica ha assunto sotto la guida di Stalin i tratti di un regime totalitario, anticipando le derive prese poi da Hitler nel suo programma di sterminio, come dimostrano ad esempio le deportazioni di massa nei lager sovietici durante la stagione delle “grandi purghe” della seconda metà degli Anni Trenta; infatti nel 2008 il Parlamento Europeo ha istituito il 23 agosto come “Giornata Europea della Memoria delle vittime di stalinismo e nazismo”. Conferire valore all’impresa tramite cui l’URSS ha compartecipato alla causa occidentale volta a contrastare il totalitarismo nazista in Europa è stato estremamente importante nella ricostruzione dell’identità dell’Unione Sovietica e della visione dei paesi democratici della stessa.

La commemorazione viene condivisa dagli altri paesi ex sovietici?

Mentre la Polonia e la Repubblica Ceca hanno deciso di riconoscere come festa nazionale l’8 maggio, Paesi come Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Tagikistan, Turkmenistan, e Uzbekistan celebrano il 9 maggio per onorare la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Perchè si è pensato che il 9 maggio 2022 potesse essere utilizzata da Putin come data per dichiarare ufficialmente guerra all’Ucraina?

Nella settimana che ha preceduto il 9 maggio 2022 l’opinione pubblica occidentale si è estremamente allarmata circa la possibilità che in occasione della Giornata della Vittoria Putin decidesse di dichiarare ufficialmente guerra all’Ucraina, come corollario dell’invasione avviata a partire dal 24 febbraio. Il collegamento deriva dal fatto che nel discorso del 25 febbraio 2022, rivolgendosi ai militari delle froza armate ucraine, Putin li esortò a prendere il potere, affermando:«sarebbe più facile trovare un accordo con voi che con la banda di tossicodipendenti e neonazisti che si è stabilita a Kiev e ha preso in ostaggio l’intero popolo ucraino». Il riferimento alla presenza di frange neonaziste in Ucraina ricorre nelle parole di Putin dai primi contrasti sul territorio tra le istanze filosovietiche e quelle filoccidentali scoppiati nei primi anni Duemila, per cui si pensava che il Presidente russo avrebbe potuto utilizzare il pretesto di voler proseguire con la lotta al nazismo che portò il suo Paese alla vittoria per attaccare l’Ucraina.

Cosa è successo realmente il 9 maggio 2022?

Nel discorso di Putin del 9 maggio 2022 svolto in occasione della tipica parata in Piazza Rossa per celebrare il Giorno della Vittoria, pur non essendo stata avanzata nessuna dichiarazione di guerra è stato comunque effettuato un parallelo tra la Grande Guerra Patriottica e quella che si sta attualmente svolgendo in Ucraina, ribadendo che l’intento che ha animato e anima ancora oggi l’esercito russo è quello di difendere la patria. Il Presidente ha affermato che la Russia ha sempre cercato di fare in modo che esistesse un sistema di sicurezza uguale e indivisibile all’interno della comunità internazionale  e che nel dicembre dell’anno scorso ha chiesto di concludere un accordo per la garanzia di sicurezza, ma non è stato ascoltato dagli altri Paesi. Putin sostiene che la decisione presa il 24 febbraio è stata una risposta ad un’operazione punitiva che è stata avviata nel Donbass, considerato territorio russo, così come alla possibilità avanzata da Kiev di riprendere le armi nucleari, ai lavoratori iniziati sulle infrastrutture militari e alla fornitura di armi effettuata attraverso i Paesi della NATO; il leader russo ha definito tutto questo come una minaccia assolutamente inaccettabile, trovandosi potenzialmente la Russia sotto aggressione, e questo lo ha portato ad agire per difendere la patria. Rivolgendosi direttamente alle forze armate russe che lottano nel Donbass, ha dichiarato che esse stanno lottando per la patria e per il suo futuro e affinchè nessuno dimentichi le lezioni della Seconda Guerra Mondiale, perchè nel mondo non ci sia posto per i nazisti e per i punitori, avendo definito nuovamente qualche minuto prima “neonazisti” i membri del governo ucraino. Putin ha quindi scelto una data così impregnata di patriottismo russo per fornire la sua prospettiva del conflitto che sta attualmente coinvolgendo il Paese, riconfermando l’importanza del 9 maggio nell’esaltare l’angolatura russa e la sua differente lettura della storia rispetto al punto di vista prettamente occidentale.

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