Bielorussia: la farsa ventennale di Lukashenko
L’associazione per i diritti umani “Viasna” sostiene che sono state arrestate circa 1.300 persone tra maggio e inizio agosto 2020 a causa delle proteste contro il governo. Attualmente risultano arrestate più di sei mila persone, 3 morti e 208 feriti tra i civili. Civili che protestavano contro il governo corrotto del Presidente Lukashenko, in carica ormai dal 20 luglio 1994. Ennesima evidente pedina di Putin.
Il ruolo del Paese in Europa prima del 1994
La Russia Bianca, come viene denominata, è stata nella storia spesso incorporata dalla nazione russa, con la quale ha sempre avuto stretti legami. Nel XIII secolo divenne parte del Granducato di Lituania ed in seguito all’atto di unione di Lublino, fu inglobata dalla Polonia. In seguito alle spartizioni di quest’ultima, la Bielorussia divenne una provincia dell’Impero Russo. Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX movimenti di carattere nazionalista si ribellarono ottenendo scarsi risultati contro i russi. Nel 1922 entrò a far parte dell’Unione Sovietica e ci rimase fino al 1991, quando lo stato proclamò la propria indipendenza.
Nel dicembre dello stesso anno la Bielorussia aderì alla Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) insieme ad altri 9 paesi dell’ormai ex URSS: Armenia, Azerbaigian, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Russia, Tagikistan, Ucraina, Uzbekistan. La finalità di tale Comunità era quella di creare una zona di libero scambio (abolendo le tasse di importazione) e di sviluppare un’integrazione militare insieme alla sicurezza collettiva. Ovviamente questa serie di accordi ha obbligato la maggior parte dei paesi aderenti a dipendere da Mosca, soprattutto in termini di rifornimenti energetici. Molti contingenti russi sono stati inviati nei paesi dove ancora non esisteva un esercito nazionale con lo scopo di sorvegliare le varie frontiere.
Nel 1994, nella prima elezione democratica della repubblica bielorussa Lukashenko ottenne nel primo turno il 45% dei voti contro il 15% di Vyacheslav Kebich e il 10% di Stanislav Shushkevich. Poi nel secondo turno ottenne oltre l’80% dei voti e diventò quindi Presidente. Nel 1996 riuscì ad organizzare un referendum grazie ad aiuti russi provenienti dall’esterno con cui riuscì ad estendere il suo mandato presidenziale a 7 anni. Questo è solo l’inizio delle polemiche che riguardano il presidente. Ovviamente gli Stati Uniti e l’Unione Europea si rifiutarono di accettare la legittimazione del voto.
Sei mandati anti-democratici
Le elezioni per il secondo mandato alzarono varie proteste in quanto l’OSCE descrisse la vittoria di Lukashenko non in concordanza con gli standard internazionali per i diritti umani. Il sostegno del governo russo durante la campagna elettorale ebbe un notevole peso che favorì l’elezione del presidente. Nel 2004 annunciò un altro referendum attraverso il quale eliminare i limiti dei mandati: così ebbe modo di ricandidarsi fino al 2020, e di vincere ogni volta con delle percentuali schiaccianti rispetto alle opposizioni. Gli osservatori dell’OSCE definirono tutte le elezioni non valide in quanto svolte in un ambiente antidemocratico e senza libertà di voto e gli oppositori presentarono ricorso alla Corte Costituzionale senza ottenere giustizia. In seguito alle elezioni del 2010 e del 2015 si organizzarono manifestazioni nella capitale Minsk e in tutto il paese: molti manifestanti e candidati vennero arrestati e subirono violenze da parte delle forze dell’ordine.
In vista delle elezioni del 9 agosto 2020 viene arrestato il blogger ed imprenditore Sjarhej Cichanouskij, accusato di essere un agente straniero, ed il principale oppositore Viktar Babaryka . Scoppiano le proteste nel paese: il popolo è stufo di subire continue ingiustizie, il presidente viene accusato di corruzione, negazionismo del Covid19 ed elezioni truccate. Nella capitale Minsk 60.000 persone scendono in piazza: è la più grande protesta nella Bielorussia post sovietica. Migliaia di manifestanti vengono repressi con la violenza dalle forze dell’ordine, usando proiettili di gomma, granate stordenti, gas lacrimogeni e cannoni ad acqua.
Le persone arrestate riportano di aver subito violenze fisiche anche in carcere; molti di loro sono stati trasportati in ospedale subito dopo il rilascio. Le celle erano minuscole, sovraffollate e senza acqua né cibo. I maltrattamenti subiti nelle carceri hanno dato via a nuove proteste in tutto il paese.
La candidata dell’opposizione Sviatlana Tsikhanouskaya ha annunciato di aver trovato rifugio in Lituania in quanto costretta a lasciare la Bielorussia mentre denunciava tutto alla CEC. Nella rivolta si sono uniti anche gli operai e i militari. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e la cancelliera tedesca Angela Merkel si sono schierate a favore delle sanzioni per il paese, responsabile di aver violato i diritti umani. Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha espresso preoccupazione per quanto sta avvenendo, chiedendo la sospensione delle violenze e il conteggio effettivo dei voti, coerentemente con gli standard internazionali.
La Polonia ha chiesto la convocazione d’emergenza del Consiglio Europeo per definire le contromisure da attuare verso Minsk. Ovviamente, da parte di Vladimir Putin e Xi Jinping tante congratulazioni. Lukashenko ha respinto le offerte di mediazione arrivate dalla Polonia, Lettonia e Lituania nell’intento di risolvere la crisi: “Non cederemo il Paese a nessuno. Non abbiamo bisogno di alcun governo straniero, né di intermediari”, ha detto in una riunione al ministero della Difesa secondo l’agenzia di Stato Belta. Dopo un colloquio telefonico con Putin, Lukashenko ha confermato di voler ricevere aiuti dal Cremlino per garantire la sicurezza nel suo paese.
Conclusioni
Lukashenko viene considerato l’ultimo dittatore d’Europa. Analizzando alcune azioni decise dal governo possiamo arrivare a capire il motivo di questa nomea. Innanzitutto la Bielorussia è l’unico paese in Europa dove ancora vige la pena di morte. La repressione degli oppositori è sempre stata cruenta, tant’è che spesso i rappresentanti sono stati arrestati poco prima delle elezioni. Durante le proteste dopo la vittoria del presidente nell’agosto del 2020 Internet è stato bloccato e le telecomunicazioni non funzionano adeguatamente.
La posizione di Lukashenko rispetto alla Russia è ambivalente: se da un lato i rapporti con la Federazione risultano problematici per via dei debiti e l’appoggio di Putin sia fondamentale dal punto di vista economico (ed energetico), dall’altro lato la Bielorussia non vuole cedere assolutamente la propria sovranità. La Russia non può sicuramente perdere la Bielorussia per via della posizione strategica del paese. Il Ministero della Difesa russo ha schierato migliaia di soldati al confine bielorusso, il che farebbe riflettere. La paura di Lukashenko è più che fondata in quanto si prospetterebbero scenari simili a quelli in Crimea nel 2014. L’arresto dei 33 “mercenari russi della Wagner” ha contribuito a far crescere la tensione.
Operazione Defender Europe 20. NATO. Protagonisti? Paesi Baltici e Polonia. L’esercitazione è nata con lo scopo di addestrare ed adattare eserciti con contingenti americani in Europa per contrastare una eventuale crisi. L’eventuale crisi si riferisce alle operazioni russe nell’aerea delle tre Repubbliche Baltiche, paesi ex sovietici che fanno parte della NATO dal 2004 e che temono un’avanzata della Russia come in Crimea nel 2014. Un’ importante addestramento avrebbe dovuto tenersi nel corridoio di Suwałki, in Polonia, al confine con la Lituania: territorio sotto il controllo della NATO che divide Bielorussia e Kaliningrad, exclave strategica russa, dove risiedono militari e mezzi corazzati.
Al momento la situazione resta pericolosamente incerta per il futuro della Bielorussia, Lukashenko, Tsikhanouskaya. Le proteste a Minks continuano giorno e notte. Sale la tensione tra Stati Uniti, Unione Europea e Russia. Il popolo Bielorusso deve ottenere la libertà e l’indipendenza che ha sempre sognato, e che non ha mai avuto modo di vivere.
Direttore responsabile: Claudio Palazzi