In Calabria i borghi abbandonati sembrano formare una costellazione, tra questi, sorge su un’altura rocciosa Ferruzzano Superiore in provincia di Reggio Calabria. Borghi abbandonati in Calabria, Ferruzzano Direttore Claudio Palazzi
Raggiungere questi luoghi attraverso strade dissestate non è semplice, bisogna risalire difficili curve, territori smottati, greggi e mandrie, ma una volta giunti, il fascino intatto dei borghi presepiali rapisce lo sguardo ed emoziona l’animo.
Rovina e bellezza
Chi vive più da vicino i luoghi di Calabria, sa declinare la bellezza insieme alle rovine. Sembra quasi che le rovine concorrono a costruire la bellezza del paesaggio. Il termine Rovina, dal latino rŭīna nel dizionario Treccani significa anche resti, le strutture superstiti di edifici e di complessi urbani rovinati, mentre nel linguaggio popolare calabrese la parola rovina e il verbo rovinare sono riferiti più ad una disgrazia personale o comunitaria: «Su rovinatu» dice chi è colpito da qualche evento negativo.
È chiaro, quindi, come l’atteggiamento nei confronti dei luoghi abbandonati, distrutti da catastrofi ambientali, o dimenticati sia ambiguo. Ruderi, case abbandonate, case in rovina sono considerati al tempo stesso luoghi pericolosi e negativi, ma anche sacri e carichi di potenziale. La Calabria, la “terra dei sismi” e delle frane, è teatro di devastanti terremoti fin dall’antichità, e sconta conseguenze che non finiscono mai. Terremoti, frane, alluvioni generano precarietà, rovina, paura ma anche mancate o insensate ricostruzioni più devastanti di quelli provocati dalla “natura”. Le opere pubbliche degli ultimi decenni sono ammassi di cemento, magari inadeguato e insufficiente, mai completate, montagne di sabbia, baracche di lamiere, terreni rigorosamente incolti, piani regolatori sempre approvati e mai attuati: Tutto si rinvia a favore di facili arricchimenti dei gruppi dominanti, clientele, famiglie, gruppi politici.
Ferruzzano Superiore
Ferruzzano Superiore sorge intorno alla seconda metà del ‘400 sull’altura rocciosa che prende il nome di Riviera dei Gelsomini, poco distante dalla Costa Jonica. A testimonianza di un’origine legata a scopi difensivi rispetto agli attacchi esterni, il suo nome deriva dalla fusione di due termini dialettali “ferru” e “nzanu”, ferro forte e sano. I tratti distintivi di Ferruzzano Superiore erano la vita semplice e il lavoro nei campi, i momenti di carattere sociale ruotavano attorno al forno e alla fiumara. Ogni rione aveva il suo forno, di cui tutti potevano usufruire e per lavare la biancheria si andava alla fiumara. La sua storia condivide molto con quella degli altri antichi centri abbandonati a causa di eventi naturali e tragici come alluvioni e terremoti. La storia dell’abbandono dii Ferruzzano Superiore inizia con il terremoto del 1907 che provocò numerose vittime tra gli abitanti, che in seguito a causa delle esigenze di trasferirsi in prossimità della costa abbandonarono lentamente e definitivamente il borgo. Riprendersi da una catastrofe simile fu estremamente faticoso: fino agli anni ’60 si ricostruì cercando di vivere come o meglio di prima. Ai servizi presenti già prima del terremoto se ne erano affiancati altri come la “Casa dei Bambini”, fortemente voluta da Umberto Zanotti Bianco che prese a cuore la questione dell’alfabetizzazione nel Meridione.
Un borgo sospeso nel tempo
Oggi il borgo è disabitato, uno dei molti paesi fantasma in Calabria. Ma Ferruzzano per certi aspetti è diverso da altre realtà. Qui le case sembrano essere state abbandonate di fretta, come se gli abitanti avessero pianificato di farvi ritorno, ma senza fortuna. Alcune case si mostrano ancora doloranti dai segni del terremoto, altre sembrano resistere con tenacia agli eventi. I portoni e le finestre, come vetrine sul passato, lasciano intravedere oggetti, riviste, libri, mobili, giocattoli, ricordi, storie, abbandonati per terra, sparsi. Forni a legna, botti per il vino, frantoi, testimoniano l’architettura rurale in una istantanea. Passeggiare tra le vie strette equivale a viaggiare nel tempo
A poca distanza dal centro storico di Ferruzzano Vecchio, il Bosco di Rùdina, è una macchia mediterranea incontaminata che avvolge un insieme di formazioni rocciose scavate da acqua e vento
Rinascere
Quella di Ferruzzano Superiore è una storia come molte se ne sentono in Calabria: paesini sconvolti da un evento calamitoso diretti verso la desertificazione sociale. Una regione così ricca di storie e cultura non può vedere nel futuro dei propri piccoli centri abitati solo e unicamente l’oblio di molte vite. Questi locali possono essere acquisiti dal patrimonio pubblico, ristrutturati e ceduti in comodato d’uso a chi vuole venire a vivere in Calabria. Ripopolare e trasformare i borghi è un’idea semplice ma rivoluzionaria allo stesso tempo. Dal modello Riace basato sull’accoglienza e sull’integrazione per ripopolare i paesi abbandonati dagli abitanti in cerca di fortuna; al modello Matera che nel 1986 rinasce grazie a una nuova legge nazionale volta a finanziare il recupero degli antichi rioni materani, degradati da oltre trent’anni di abbandono e dichiarati nel 1993 dall’UNESCO Patrimonio mondiale dell’umanità; continuando con il progetto con cui molti comuni italiani regalano case (in realtà le vendono, anche se a un prezzo simbolico) in cambio di ristrutturazioni e, in certi casi, di impegni ad abitarle, gli esempi di strategie mirate a ripopolare e far rinascere borghi abbandonati sono molteplici. Un punto da cui ripartire c’è forse anche per Ferruzzano Superiore: sfruttare la magia del “paese fantasma” e imbalsamare quel tempo, trasformando l’abitato in un museo vivente e perpetuo. Si potrebbe lamentare che custodire le rovine può apparire un non senso, ma è più terribile “rovinare le rovine”, abbatterle, ignorarle, nasconderle, aggiungere abbandono ad abbandono, cancellare i segni di altre dimenticanze e di una storia di catastrofi, annunciare e disegnare altre rovine.