Il 1 gennaio 2021 l’assetto europeo è cambiato definitivamente. Gli accordi post Brexit che vedono coinvolte Inghilterra e Unione Europea, infatti, si sono conclusi nella vigilia di Natale, il 24 dicembre 2020, ed hanno prodotto significative conseguenze sul rapporto tra le due parti. Brexit: come l’Inghilterra è uscita dall’UE Direttore responsabile: Claudio Palazzi
“Tutte le promesse fatte al popolo britannico sono state mantenute”, secondo Boris Johnson, Primo Ministro Inglese, che con toni trionfanti si conquista la vittoria. Il Premier, infatti, ne aveva bisogno: dopo la pessima gestione della pandemia stava perdendo sempre più consenso, e la recente emergenza provocata dalla nuova variante del coronavirus aveva tolto ogni spazio di manovra.
Anche Von der Leyen, presidente della Commissione Europea, si esprime: “Nonostante la difficoltà dei negoziati, abbiamo finalmente trovato un accordo, è buono, equilibrato e la cosa più responsabile da fare per entrambe le parti”.
La decisione è presa e non si torna indietro, ma UK e UE hanno cercato di garantire e proteggere gli stessi valori ed interessi che le accomunano: sono vari, infatti, i campi d’azione in cui rientra una collaborazione tra i due attori politici, tanto che l’accordo potrà configurarsi come “un grande passo verso una relazione stretta tra Europa e Inghilterra”. Per quanto riguarda gli ambiti in comune, hanno deciso di continuare una cooperazione sul piano ambientale, per la lotta al cambiamento climatico, sulla sicurezza europea e la collaborazione nel campo dell’intelligence, e sulla ricerca (basti pensare a quella sui vaccini per il COVID-19).
Il timore di una Hard Brexit si era presentato più volte nel corso delle trattative, in particolar modo in seguito ad uno stallo avutosi per le seguenti questioni: i confini irlandesi, la concorrenza sleale delle imprese britanniche rispetto a quelle europee, l’accesso dei pescatori europei alle acque britanniche e come dirimere eventuali controversie tra UE e UK in futuro. Il no deal avrebbe segnato negativamente i futuri rapporti anche in queste aree. Uno scenario che era meglio evitare nell’interesse di tutti.
Il 1 gennaio, comunque, il Regno Unito lascerà il Mercato Unico e l’unione doganale dell’Ue. In concreto questo vuol dire che subentreranno, ad esempio, restrizioni alla mobilità delle persone con un sistema di visti già annunciato da tempo da Westminster. L’accordo evita di mettere a rischio gli scambi tra UK e i 27 paesi Ue: prevista la possibilità di intervenire nel caso Regno Unito o Unione Europea ritengano che l’altra parte stia facendo concorrenza sleale.
Nel 2019 l’Inghilterra ha esportato il 43% dei propri beni verso l’Unione europea, ed era per questo di gran lunga più vulnerabile al mancato accordo commerciale rispetto a ciascun singolo paese europeo. L’accordo prevede dunque zero tariffe e zero quote su tutte le merci così da apparire il primo patto bilaterale del genere “a zero dazi e zero quote”, nonché il più grande trattato di libero scambio concepito al mondo (668 miliardi di sterline nel 2019).
Cosa cambierà per gli europei
Scatta anche il nuovo sistema di immigrazione, che prevede l’incremento di 1100 funzionari in più alle dogane e all’immigrazione. Cambiano le norme per il visto, richiesto ora anche ai cittadini europei, e approvato sulla base di un’offerta di lavoro già ricevuta e un salario non inferiore alle 26.000 sterline all’anno. Per quanto riguarda il settore turistico cambieranno soltanto le modalità di entrata: non basterà più la carta d’identità e la cittadinanza europea, ma si avrà bisogno del passaporto. In ogni caso, vi è un periodo massimo di 3 mesi, oltre il quale si dovrà ritornare nel proprio paese d’origine.
Stop a programmi erasmus per gli studenti dell’Unione, che per accedervi dovranno pagare un’alta retta universitaria come tutti gli studenti non britannici, almeno per il momento, visto che il Premier britannico ha promesso il lancio di “Alan Turing”, il programma mondiale che consentirà collaborazioni con università straniere e non solo europee.
Ultimo, ma non meno importante, riguarda l’assoggettamento da parte dell’UK ad alcun tipo di giurisdizione della Corte di giustizia dell’Unione Europea, istituzione con sede in Lussemburgo che ha l’obiettivo di garantire il rispetto del diritto comunitario. Richiesta su cui aveva puntato fermamente Boris Johnson, e che chiedeva l’istituzione di un arbitrato indipendente.
L’accordo sembra essere stato un vero e proprio regalo di Natale, che ha risparmiato una condizione scomoda per il Regno Unito, e garantito rapporti sicuri sul piano commerciale (e non solo) alla comunità europea. “Ci possiamo lasciare alle spalle la Brexit, ora è tempo di voltare pagina e guardare al futuro, il Regno Unito è un Paese terzo ma resta un partner”, conclude Ursula Von der Leyen durante una conferenza stampa congiunta con il capo negoziatore Ue Michel Barnier.