Negli ultimi due mesi la Polonia si è resa protagonista di grandi proteste di piazza: migliaia di manifestanti sono scesi per le strade contro l’ultima sentenza della Corte Costituzionale che rendeva illecito l’aborto in caso di malformazione del feto. Già 4 anni fa, nel 2016, il governo nazionalista del PiS (Diritto e Giustizia) aveva tentato, senza successo, di modificare la legge “compromesso” del 1993. E anche per quest’anno, i disordini sono riusciti ad allontanare una legge che con insistenza si ripresenta nell’agenda di governo di Morawiecki e compagni. La “Resistenza” ha retto anche stavolta. In attesa, però, di un vero e proprio cambiamento. Un cambiamento che non riguarda solamente il diritto all’aborto bensì una vera e propria trasformazione delle strutture portanti della rigida società polacca. Cosa sta succedendo in Polonia? Intervista a Katarzyna Pia, attivista per i diritti delle donne Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Ho avuto il piacere di parlare di questo ed altro con Katarzyna Pia, attivista polacca, impegnata sia nella causa del femminismo, sia in quella della protezione climatica, ambito in cui lavora.

Di seguito riporto la piacevolissima conversazione che abbiamo avuto, in cui mi ha aiutato a fare chiarezza su una situazione di cui dovremmo tutti parlare un poco in più.

Katarzyna, mi hai detto di essere un’attivista: quali movimenti sono stati rilevanti nell’organizzazione delle proteste?

Molti gruppi sono emersi negli ultimi anni, soprattutto a cavallo delle ondate di protesta del 2016. Non solo focalizzati sui diritti di genere, ma anche su tematiche sociali come quella del lavoro. Un social-femminismo che non si limita a un femminismo di stampo meramente liberale. Tra questi voglio menzionare: “Federa” (Federation for Women and Family planning), una ONG creata anni fa che si occupa di pianificazione familiare e salute riproduttiva, e la “All-Poland Women’s Strike” (OSK), che è anche il più vibrante, riconosciuto e forte movimento da quando, nel 2016, vi fu per la prima volta la decisione di rendere illegale l’aborto nel paese. Da allora, la OSK non ha mai perso terreno. Va chiarito: dalle prime proteste del 2016 hanno preso vita, grazie al crowdfunding, diversi gruppi di supporto personale, divulgazione di informazioni sull’accesso all’aborto e su come farlo all’estero. Una di queste è l’“Abortion Dream Team”, che in un paio di giorni, tramite raccolta fondi, ha collezionato più di 3 milioni di zloty (circa 675mila euro). Tra gli altri gruppi vi è ad esempio l’”Anarchist Black Cross”, che aiuta i manifestanti in caso di guai con la polizia. La polizia è stata molto repressiva durante le proteste e questo gruppo aiuta fornendo protezione legale e supporto.

Tutti questi gruppi operano legalmente o sono “clandestini”?

No, queste attività sono legali. Queste organizzazioni sono registrate e tutte queste attività sono legali.

Le immagini della statua di Papa Giovanni Paolo II “che prende a sassate” le manifestanti e quelle dei fiumi di persone a Varsavia hanno fatto il giro del mondo. Qual è stata la reazione dei media polacchi?  E dell’opinione pubblica?

L’opinione pubblica è molto polarizzata. Il governo ne controlla una buona parte, attraverso i cosiddetti “media di stato”, dove il PiS e altri partiti della coalizione hanno un’influenza diretta. Questi media vengono seguiti da una parte di popolazione e mistificano l’immagine delle proteste: i manifestanti mirano a smantellare lo Stato polacco, attaccando le colonne portanti della religione e della tradizione, nel nome di influenze “estere”, sfruttando poi la situazione del Covid, imputando alle proteste tutta la “colpa” dell’emergenza sanitaria. Un’altra parte dei media riporta invece dati reali, informa sulle proteste, sulle repressioni della polizia, ecc. Questa situazione estremizza la polarizzazione politica.

Abbiamo visto alcuni gruppi di estrema destra arrogarsi il titolo di “guardia nazionale”. Che legame hanno con il governo? Vengono direttamente sostenuti?

La storia della “guardia nazionale” iniziò con un’apparizione televisiva del viceministro Jaroslaw Kaczinsky, che disse che a chiunque stessero a cuore i valori tradizionali e religiosi polacchi avrebbe dovuto scendere in strada per difendere le chiese. Un gruppo di nazionalisti iniziò a pattugliare le strade e a commettere atti di aggressione nei confronti dei manifestanti. Il collegamento fra questi gruppi e il governo non è mai stato diretto ma è chiaro.

 

Ancora una volta il disegno di legge delle modifiche all’assetto -già di per sé restrittivo- del 93 viene bloccato, come fu in seguito alle proteste degli anni scorsi. Opporsi non basterà più e occorrerà, prima o poi, “immaginare il nuovo”. Pensi sia possibile? C’è vita oltre Diritto e Giustizia? Le proteste possono aiutare ad aprire nuovi spazi politici?

La situazione cambierà. Non so quando, ma il cambiamento è già in corso. Dico non più di 5 anni. La legge del 1993, il “compromesso”, fu un accordo tra Stato e Chiesa. La Chiesa era molto potente all’epoca, con l’ascesa di Giovanni Paolo II. Nessuno voleva toccare quel patto, frutto di un compromesso…ma la Chiesa si indebolisce giorno dopo giorno: ci sono stati scandali legati alla pedofilia e la Chiesa si sta screditando anno dopo anno, e anche il numero di persone che frequenta le chiese sta calando vorticosamente. Se la Chiesa diventa più debole non c’è più niente che tenga le donne in schiavitù. Le donne non saranno più un ostaggio, diventano sempre più importanti nel mondo del lavoro, e la narrazione del ruolo delle donne all’interno dell’”economia domestica” sta crollando. Chiunque andrà al potere dovrà rispettare le donne polacche. Il cambiamento riguarda una trasformazione massiva della società che è iniziata 4 anni fa e non ha mai perso il suo slancio. Forse non sarà immediatamente visibile in politica, ma in società, sì. In tal proposito l’OSK sta diventando molto forte: chiunque voglia coinvolgere quella parte di elettorato deve coinvolgere l’OSK. Uno dei leader, Marta Lempart, è stata considerata tra le persone più influenti del 2020 sul Financial Times. Chiunque andrà in Parlamento deve collaborare con loro e tenerne conto. L’opposizione non è consolidata da un punto di vista istituzionale, ancora non si sa se creare un grande gruppo di coalizione contro la destra e il dibattito è aperto. Non si sa chi sarà a guidarlo e in che modo, ma il cambiamento avverrà.

Saluto Katarzyna, augurandole che questa lotta possa definitivamente dare i suoi frutti nel più breve tempo possibile. Tempi migliori arriveranno, di certo. Per ora, la battaglia è vinta (il progetto di legge è stato rimandato) ma la guerra è ancora lunga.

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