Un edificio monumentale di 600.000 mila metri quadri, oggi completamente abbandonato, è situato alla periferia di Girifalco, paesino poco più di 5 mila abitanti in provincia di Catanzaro. Per chi lo ha visto appare tetro e sinistro, per chi lo ha vissuto è un luogo di forte impatto psicologico. Il motivo? Si tratta, o meglio si trattava, del più grande ospedale psichiatrico della Calabria attivo dal 1881 al 1978, anno della legge Basaglia che decretò la fine degli istituti psichiatrici per come erano conosciuti fino ad allora. Da quel momento in poi il grande edificio che, come luogo di contenimento, aveva curato persone di ogni ceto sociale, venne abbandonato e lasciato all’incuria del tempo fino a trasformarsi in un gigantesco complesso di cemento, vetri e muffe. L’inattività del luogo non ha però impedito che l’edificio fosse vivo nella memoria degli abitanti e nell’immaginazione di vari artisti. Ricostruire la sua storia sarà utile al fine di comprendere il ruolo sociale, economico e geografico che il manicomio ha esercitato nel corso del tempo sul territorio e sui suoi abitanti.
In origine fu un monastero
Nel libro ‘Della Calabria Illustrata’ scritto da padre Giovanni Fiore, dove è raccontata la storia della Calabria fino al XVII secolo, si attesta la fondazione di un convento dei Padri Riformati nel 1635 a Girifalco. Il convento, dedicato ai santi Antonio ed Elena, nacque grazie alla concessione di terre del duca di Girifalco Fabrizio Caracciolo che contribuì anche alla costruzione dell’edificio. Al convento fu annessa la chiesa la cui facciata corrispondeva all’entrata dell’odierna struttura. In seguito al terribile terremoto del 1783 gran parte dell’antica struttura venne distrutta così come il campanile di cui non si ebbero più tracce. La transizione da luogo religioso a struttura sanitaria avvenne dopo l’Unità d’Italia. Nell’800 l’unico ospedale psichiatrico del Meridione si trovava ad Anversa, in Campania, ma ben presto la sua capienza fu satura. Così nel 1878 la prefettura di Catanzaro propose l’istituzione di un manicomio interprovinciale proprio in Calabria. In quella data si scelse il convento dei frati minori di Girifalco che venne riconvertito in frenocomio registrando il primo ricovero già a partire dal 1881. Nel 1927 assunse la denominazione di ospedale psichiatrico provinciale di Catanzaro. In 97 anni di attività psichiatrica la struttura registrò un totale di 15.794 cartelle cliniche che raccontano storie di vita di persone provenienti dalla Calabria e dalle regioni limitrofe.
Il rapporto tra il manicomio e il suo territorio
Urbanisticamente l’ex ospedale di Girifalco sembra dominare il territorio: la sua estensione è paragonabile a 85 campi da calcio. Oggi è un manicomio fantasma fatto di corridoi lunghissimi e freddi, stanze vuote e sventrate, immensi piani di cemento e detriti. Ma guardando indietro nel tempo l’edificio godeva di un ottimo status sociale. Dalla sua presenza il territorio girifalcese seppe trarre benessere economico, ma non solo, perché riuscì ad accogliere presso la comunità i pazienti dell’ex ospedale. Infatti, l’ospedale di Girifalco fu tra i primi in Italia a sperimentare l’open door che permetteva ad alcuni pazienti di muoversi liberamente tra le strade della cittadina. Gli abitanti di Girifalco conobbero non solo chi popolava quell’enorme edificio, ma anche le storie di vita dietro i pazienti e il grande bagaglio umano che questo scambio conoscitivo potesse riservare loro. Per questo oggi, dopo alcuni decenni e nonostante l’inattività della struttura, il territorio di Girifalco rivendica il riconoscimento ufficiale di “Città dei pazzi”, una proposta ad opera dello scrittore girifalcese Domenico Dara e dell’assessore comunale alla Cultura Elisa Sestito.
Un luogo di ri-scoperte mediche e artistiche
A partire dal 2015 è stata realizzata un’opera di recupero e digitalizzazione delle cartelle cliniche presenti nell’ex ospedale. L’interesse scientifico verso il manicomio di Girifalco risale alla scoperta della neurologa Amalia Bruni che rilevò, a partire dalle cartelle cliniche del 1904, la presenza di alcuni sintomi in linea con quelli dell’Alzheimer, qualche anno prima che la malattia venisse scoperta ufficialmente. Altri riconoscimenti vanno al, già menzionato, metodo dell’open door con cui i pazienti considerati meno pericolosi potevano uscire dalle mura, e alle tristi scoperte delle storie di alcuni pazienti che, per la medicina moderna, non avrebbero dovuto essere considerati “folli”.
Durante il Festival di Sanremo 2007 il cantante Simone Cristicchi vinse il primo posto col brano “Ti regalerò una rosa” di cui, forse in pochi sanno, ebbe ispirazione dopo la visita presso l’ex ospedale di Girifalco. Fu colpito dalla storia d’amore, che gli venne raccontata al suo arrivo, di Antonio e Margherita, due ex pazienti dell’ospedale di cui immortalò il ricordo tra le sue note. Ma non si tratta di un caso unico. La storia del manicomio di Girifalco ispirò anche il docu-film Sanus egredieris- Uscirai Sano di Barbara Rosanò e Valentina Pellegrino, selezionato ai David di Donatello 2017. La frase in latino, che dà il titolo alla pellicola, è ripresa dalla scritta scolpita su una pietra all’entrata della struttura nel 1881. Il documentario testimonia l’impatto sociale e sanitario che un tale edificio ha esercitato sui pazienti e sulla comunità. Finalista girifalcese ad un altro premio nazionale è lo scrittore Domenico Dara con il romanzo “Appunti di meccanica celeste”, selezionato tra i finalisti del premio Strega 2017. Dara mette al centro della sua storia la follia rappresentata dai pazienti dell’ex ospedale che acquistano forza letteraria e poetica.
Dall’inattività al suo abbandono
Con la chiusura del manicomio nel 1978, per effetto della legge Basaglia che prevedeva la sostituzione con centri di salute mentale, l’edificio fu completamento abbandonato. Ciò che rimane è un monumentale segno dell’indifferenza di chi avrebbe, invece, la possibilità di agire. Il recupero della componente umana, attraverso la trasposizione artistica dell’ex ospedale, non basta a denunciare lo spreco di una struttura che potrebbe assolvere al suo ruolo sanitario. La storia dell’ex ospedale di Girifalco si somma alla lunga lista di strutture sanitarie calabresi che non garantiscono cure ai suoi cittadini: la Calabria è la penultima regione d’Italia in cui i livelli essenziali di assistenza, i Lea, sono al di sotto della sufficienza. Viene spontaneo chiedersi perché un edificio come quello di contrada Serra a Girifalco, oggi passato alla sovrintendenza dell’Asp di Catanzaro, sia ancora in uno stato di abbandono. Paradossalmente la risposta si potrebbe trovare nella scelta del FAI di inserire l’ex ospedale nel censimento dei luoghi italiani da non abbandonare, di cui è anche l’unico supervisore.