Erano circa le sei di mattina quando milioni di persone in Ucraina sono state svegliate dalla terra tremante e da rumori assordanti. Chi poteva aspettarsi che l’alba del giorno dopo li avrebbe catapultati indietro di almeno ottanta anni nella storia europea. Una mattinata da uno strano sapore amaro, ma per i più grandi e le più grandi così familiare.
Lo scorso 24 febbraio il fantasma della guerra è tornato a tormentare l’Europa a causa dell’occupazione russa delle Repubbliche separatisti ucraine di Donetsk e Luhansk e la conseguente invasione del resto del Paese.
Rispetto al secolo passato però la comunità internazionale ha intrapreso un percorso di cooperazione multilaterale su più livelli, dotandosi di strumenti giuridici al fine di salvaguardare la pace e la sicurezza internazionale. Il sistema di sicurezza collettiva risulterà efficace per porre fine all’offensiva russa?
L’universo onusiano
L’Organizzazione delle Nazioni Unite è stata costituita dalle forze alleate al termine del primo conflitto mondiale.
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU è il principale responsabile del mantenimento della pace e della sicurezza.
Il sistema di sicurezza collettiva è principalmente disciplinato nei capitoli VI e VII della Carta.
Il capitolo VI, intitolato “Soluzione pacifica delle controversie”, prevede situazioni di minaccia potenziale alla pace e alla sicurezza internazionale, fornendo al CS poteri di natura conciliativa.
Il CS avrebbe potuto agire ai sensi di tale sezione prima dell’aggressione militare di Mosca, escludendo dalla votazione la Federazione Russa in virtù del principio nemo iurex in re sua.
Al contrario il capitolo VII, denominato “Azioni in caso di minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale”, dispone al CS poteri coercitivi, ad esempio la possibilità di emanare sanzioni, e il monopolio dell’uso della forza.
Secondo l’art. 27 della Carta per l’adozione di risoluzioni a carattere sostanziale si prevede l’unanimità dei Membri permanenti, fra cui la Federazione Russa. Per sorpassare tale ostacolo, il CS ha delegato l’Assemblea Generale tramite una risoluzione di carattere procedurale a raccomandare misure collettive per ristabilire la pace. Questa prassi è stata inaugurata dalla storica risoluzione “Uniting for Peace” dell’Assemblea circa la guerra di Korea.
Il conflitto in Korea offre un ulteriore spunto di azione riguardo al ricorso all’art.51 della Carta che disciplina la legittima difesa individuale o collettiva applicabile anche in questo contesto.
Nei giorni scorsi Kiev ha fatto ricorso alla Corte Penale Internazionale. Tuttavia, la mancata ratifica da parte dei due Stati allo Statuto della Corte rende giuridicamente impossibile procedere per il crimine di aggressione. In assenza della ratifica è il CS dell’ONU che può deferire la controversia, strada non percorribile per il veto che eserciterebbe Mosca. Comunque la Corte può giudicare sui crimini di guerra avvenuti in Ucraina dal 2014 in poi, a seguito di una dichiarazione depositata nel 2015 dal governo di Kiev.
Infatti lunedì 28 febbraio Karim A. Khan Prosecutor della CPI ha annunciato l’apertura di un’indagine su possibili crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi dalla Russia nell’invasione dell’Ucraina.
In ultimo l’OSCE, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, è l’unica di questi tre organismi a includere entrambe le parti in causa. Il monitoraggio speciale OSCE in Donbass ha contribuito a smascherare la maskirovka russa, denunciando l’escalation iniziata il 17 febbraio. In quest’ottica l’organizzazione con sede a Vienna sarebbe il foro ideale per risolvere la controversia in un contesto multilaterale.
Il fallimento della Società delle Nazioni
La Società delle Nazioni è stata il primo tentativo di costruzione di un sistema di sicurezza collettiva basato sulla cooperazione plurilaterale. Fortemente desiderata dal Presidente americano Wilson al termine della Prima Guerra Mondiale, il suo fallimento è sancito dallo scoppio della Seconda.
Le cause della sua disfatta sono molteplici. Innanzitutto la sua composizione che la rese un’entità incapace di gestire gli urti scaturiti da questioni confinarie e dalle campagne di colonizzazione. Il principio di solidarietà tra tutte le Nazioni su cui si basava la SDN era autorizzato dal Consiglio ( le grandi potenze) solo dopo l’aggressione. Inoltre molti Paesi non vi facevano parte, fra cui gli USA e l’URSS, di conseguenza non potevano essere obbiettivo di sanzioni da parte della stessa.
Il motivo principale del fallimento della SDN è sicuramente il crollo della borsa di Wall Street nel 1929, al seguito del quale numerose banche e imprese fallirono. Il governo americano decise di far rientrare i propri capitali e il conseguente ribasso dei prezzi mondiali provocò una crisi in tutti gli Stati europei. La crisi, esasperando l’opinione pubblica, screditò il sistema democratico. In Giappone (1931), Italia (1932) e Germania (1933) si instaurarono governi nazionalisti che predicavano una politica di forza. La delicata situazione tedesca, stremata dal trattamento riservatogli dalle forze vincitrici dopo la pace di Parigi, si aggravò.
Il futuro delle Nazioni Unite
Il dibattito sulla revisione dello Statuto dell’ONU verte specialmente sul rinnovo del CS, per superare le situazioni di paralisi provocate dalla strumentalizzazione del potere di veto dei Membri permanenti. Esigenza manifestata soprattutto dalle potenze del Sud Globale, che chiedono di poter ottenere dei seggi permanenti incontrando la contrarietà dei vecchi Membri.
In più per arginare i personalismi derivanti dalla gestione delle operazioni di peace-keeping, come nella precedente crisi in Ruanda, è opportuno riflettere sull’attuazione degli artt. 43 e ss. della Carta che disciplinano l’impiego di un esercito comune.
È escluso dibattere su un processo d’integrazione sovrannazionale perché pilastro dell’esistenza dell’Organizzazione stessa è la sovranità degli Stati, o meglio il principio di uguaglianza sovrana degli Stati Membri.
Nondimeno in un mondo nel quale i contrasti seguono dinamiche sempre più locali, appaiono maggiormente efficienti gli interventi di organizzazioni internazionali a carattere regionale come l’Unione Europea o l’Unione Africana. Nonché il nuovo approccio win to win inaugurato dalla politica estera cinese e la nascita di nuove organizzazioni internazionali del Sud globale.