«L’esistenza è un dono e bisogna accettarla come viene, nella gioia e nel dolore. La vita di per sé è un gran privilegio, non va assolutamente sprecata, va vissuta pienamente e dà la possibilità di vivere attimo per attimo il presente, guardando con speranza al futuro, ma anche ripercorrendo a ritroso i momenti belli della vita». Parla così Giacomo Garzya, autore originario di Napoli ma che vive a Trieste, del suo ultimo libro “E’ la vita”, pubblicato nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. Questa raccolta – precisamente la diciottesima scritta dal poeta e fotografo, laureato in Storia moderna e già docente di materie letterarie -, come già la prima, dal titolo “Solaria” del 1998, vuole coltivare l’Io lirico, essere un’introspezione non intimista, bensì universale, un diario dell’anima, un “romanzo della vita”, alla Umberto Saba.
«È così la vita, un eterno ritorno/nei luoghi dell’anima. Questi due versi – scrive, nella Prefazione, Alessandro Quasimodo, attore, regista teatrale e poeta, figlio di Salvatore Quasimodo, Premio Nobel per la Letteratura italiana – enunciano la poetica di Giacomo Garzya: ritrovare nel passato e riscoprire nel presente un percorso interiore che dia significato alla vita. È un itinerario che induce a riflettere e a non accontentarsi delle apparenze. Mentre i ricordi si intrecciano, possiamo meditare sugli obiettivi da raggiungere e sui valori autentici da salvaguardare». Data anche la sua formazione storica, per l’autore il passato riveste un’importanza rilevante nella vita presente e la memoria distoglie dalla monotonia quotidiana. «La mia poesia, fin dall’inizio, ha voluto essere un antidoto contro l’oblio del tempo, onde preservare i valori universali della nostra civiltà e tenere sempre vivi gli affetti e la memoria di quelli perduti».
Nei versi del professor Garzya, in cui si intrecciano realtà e mito fantastico, vi è una continua ricerca esistenziale, in cui emergono gli amori, gli affetti, i luoghi, la natura, le radici mediterranee e nordiche, i paesaggi descritti con occhio fotografico. Ma, in questa silloge si legge, in maniera dirompente, una maggiore sensibilità verso l’uomo nel suo divenire storico, morale, religioso, negli anni drammatici in cui viviamo. In oltre trent’anni di attività poetica, i versi di Giacomo Garzya si caratterizzano per il loro stile fluido e scorrevole, da poter leggere con naturalezza, instaurando con la scritta parola un rapporto naturale, empatico e colloquiale. «Credo che il mio poetare – conclude l’autore – sia un invito, ancor più oggi, a vivere il bello dell’esistenza; l’opera d’arte contrapposta al kitsch, cioè il cattivo gusto ripudiato da Gillo Dorfles, il trascendente: i soli doni atti a lenire il dolore e il pensiero della morte».