Parte I – Il Movimento 5 Stelle: Trilogia alla scoperta delle forze politiche italiane

L’articolo che segue è la prima parte di una mini-rubrica suddivisa in tre puntate dove saranno analizzate le principali forze politiche italiane. Iniziamo oggi con il Movimento 5 Stelle.

Dove risiede il nucleo del successo del Movimento? Si presenta come un partito di massa, ma del resto ce ne sono anche altri. Come è stato possibile, in soli 9 anni, scalare le gerarchie politiche? Come arriveranno al 4 marzo i pentastellati? Questo ed altro verrà analizzato, anche attraverso testimonianze dirette dell’operato a Roma.

Il Movimento nasce nel 2009, fondato da Grillo e Casaleggio. Dopo anni di manifestazioni e le elezioni amministrative del 2012, alle parlamentari nel 2013 i pentastellati insediano 109 deputati e 54 senatori. Una vittoria che è servita come trampolino di lancio: oltre ad aver ottenuto il governo di 45 comuni fra cui Roma e Torino, ad oggi Luigi Di Maio appare come possibile candidato alla presidenza del consiglio.

Ai tempi della Rivoluzione Francese, all’interno della Convenzione nazionale, esistevano tre schieramenti. I rappresentanti della sinistra erano i cosiddetti Montagnardi, mentre i Girondini rappresentavano la destra. Tuttavia, il gruppo più numeroso non si schierava né a destra né a sinistra: questi ‘centristi’ erano la Pianura ma per via della mancanza di una presa di posizione venivano sprezzantemente chiamati Palude. Oggi il ruolo di antagonista sia verso la destra che verso la sinistra viene incarnato dal Movimento 5 Stelle, un partito che non è un partito, fondato nel 2009 e che oggi rappresenta il vertice delle forze politiche nazionali.

La loro vera innovazione e forse la chiave migliore per poter leggere la rapida scalata del Movimento risiede in una intuizione tanto semplice quanto geniale: in un’epoca di totale distacco dalla politica, di disinteresse e disillusione, i ‘grillini’ hanno capito che fosse anacronistico ed infruttuoso aspettare che gli elettori andassero dal partito. Ed allora hanno effettuato, parafrasando Kant, una ‘rivoluzione copernicana’ della politica, portando il partito agli elettori. In tal senso è emblematica l’apertura nel 2016 della Piattaforma Rousseau.

Così, attraverso questa crescita esponenziale, ad oggi il Movimento sembra poter esser capace di ottenere moltissimi voti. Avvicinandoci al 4 marzo e volendo fare un’analisi critica di operato e proposte dei vari partiti in corsa, i pentastellati risultano fra i più complessi da esaminare, per due classi di motivi: innanzitutto non hanno ancora mai ricoperto il ruolo di protagonisti assoluti della scena politica, se non nei comuni in cui governano; in secondo luogo la campagna elettorale che stanno portando avanti appare principalmente ‘in negativo’, cioè caratterizzata da proposte di abolizioni. Basta leggere i ‘Venti punti per l’Italia annunciati da Di Maio’. Via subito 400 leggi, tagli alla pressione fiscale, con riduzione irpef ed abolizione tasse a redditi bassi, superamento della Buona Scuola, del Jobs Act e della Legge Fornero, oltre all’abolizione del tanto agognato canone

Di contro, continuando a sfogliare il programma elettorale, sono numerose le proposte che richiedono un importante aumento della spesa pubblica. Reddito e pensione di cittadinanza, 17 miliardi per aiutare le famiglie con figli, 50 miliardi da investire nei settori produttivi. Tutte proposte, c’è da dirlo, che farebbero più che bene al nostro paese, migliorando la qualità della vita e l’economia. Il Movimento, effettivamente, negli ultimi anni ha aiutato varie imprese, nonché lottato per riduzioni di stipendi e pensioni parlamentari. Ma ad oggi, se da un lato le proposte ‘in positivo’ prevedono un forte aumento della spesa pubblica, quelle ‘in negativo’ puntano invece ad un alleviamento del carico fiscale, che inevitabilmente si tradurrebbe in una drastica riduzione del gettito che cesserebbe di entrare nelle tasche dello Stato. A questo punto nascono spontanee le perplessità. Attualmente, ragionando in chiave puramente economica, l’Italia non dispone dei fondi necessari per sostenere le spese proposte dai grillini. E non ne disporrebbe a sufficienza neanche nel caso in cui si riuscissero a ridurre i costi della politica, come spesso sostenuto dai pentastellati. Secondo ‘Il Foglio’ le proposte dei grillini avranno un costo superiore ai 50 miliardi di Euro.

Il rischio appare evidente, con la sensazione che siano state fatte molte promesse con il solo fine di attrarre elettori. Come già detto però, i pentastellati a livello nazionale possono contare sul ‘beneficio del dubbio’, non essendo mai arrivati ai vertici del governo.

Dove invece governano già è in 45 comuni italiani. Potremmo quindi utilizzare il caso di Roma come ‘prototipo’ di un potere grillino nazionale. Dopo un anno e mezzo in carica, la sindaca Virginia Raggi con il suo operato ha provocato una polarizzazione fra gli elettori. I più anziani restano fedeli ad un voto tradizionale, verso il PD o il Centro-Destra. Gli elettori di mezza età sono i più frammentati, con una maggioranza disinteressata dalla politica. È fra i più giovani invece, che si notano i casi più interessanti. Grandissimo merito del Movimento 5 Stelle è stato quello di riavvicinare la politica ai giovani, digitalizzandosi e parlando a loro. Non è un caso infatti che siano state proprio le crocette di chi si apprestava per la prima volta a votare a determinare la vittoria della Raggi. Tuttavia allo stesso tempo sono stati i giovani a risentire di più del cattivo operato della gestione capitolina. Mezzi pubblici non funzionanti e non funzionali, ordinanze contro i botti a Capodanno e contro la vendita di alcolici (incluse birre) dopo le 22.00, malfunzionamento generale della città, hanno colpito maggiormente giovani e giovanissimi. I dati raccolti sono emblematici: mentre più del 60% dei giovani fra 18 e 25 anni che hanno votato la Raggi dichiarano che non sceglieranno il Movimento alle parlamentari, di questi quasi il 30% ammette che non andrà a votare.

Intanto Di Maio sta emergendo come volto unico del partito, capace di tagliare il ‘cordone ombelicale’ che lo legava a Grillo. Il leader napoletano ha spesso dichiarato che il suo avversario nella corsa alla presidenza sia il Centro-Destra di Berlusconi. Perché? Lo analizzeremo nel prossimo articolo.

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