Nel cuore della Brianza si trova l’Ex Manicomio di Mombello, un luogo che un tempo ospitava migliaia di pazienti e che oggi è completamente abbandonato. Questo enorme complesso, una volta l’ospedale psichiatrico più grande d’Italia , è diventato oggi simbolo di degrado e mistero.
Ma come si è arrivati a questo punto? Perché un luogo così imponente è caduto nell’oblio? È possibile dare al complesso una nuova vita?
La storia
Costruita nel 1754 sui resti di edifici che risalivano al Medioevo, Villa Pusterla-Crivelli ospitò personaggi noti, da Ferdinando IV di Borbone a Napoleone Bonaparte il quale nel 1797, durante la campagna d’ Italia, vi insediò il suo quartier generale.
Agli inizi dell’800 la villa fu abbandonata e acquistata dal Comune di Milano solo nel 1863. Il complesso fu interamente ristrutturato e trasformato in una sede succursale dell’ospedale psichiatrico di Milano. Denominato ospedale psichiatrico Giuseppe Antonini, rimase tuttavia noto a tutti come il “manicomio di Mombello”.
Nel 1865 il manicomio fu avviato con l’inserimento dei primi 30 pazienti, selezionati tra i più tranquilli e disciplinati: l’idea originale era quella di creare una colonia agricola per pazienti non problematici.
La clinica poteva ospitare al massimo 900 malati, ma divenne ben presto sovraffollata, tanto che a fine secolo i ricoverati raggiunsero i 1250, curati da soli sei medici.
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I pazienti erano divisi in uomini e donne, a loro volta suddivisi in base al comportamento: “tranquilli”, “agitati”, “sudici” ecc.. Solo i cosiddetti “agitati” erano tenuti in isolamento: tutti gli altri erano impiegati in attività considerate terapeutiche.
Al suo interno l’ospedale era organizzato come una città: vi erano uffici, un panificio, una lavanderia, un teatro e nel 1880 nacque anche un giornale interno, la Gazzetta del Manicomio della Provincia di Milano in Mombello, che venne stampato per 25 anni.
Durante la Prima guerra mondiale furono creati padiglioni adibiti ad ospedali militari per ospitare i militi infortunati ritornati dal fronte: molti di loro rimasero traumatizzati dall’orrore della guerra e, considerati pazzi, furono trasferiti presso il manicomio. Una situazione simile si ripresentò durante Seconda guerra mondiale, quando accolse i degenti del manicomio di Venezia, evacuato per motivi bellici, e più avanti con l’accoglienza degli sfollati dell’alluvione del Polesine nel 1951.
Al massimo della capienza il manicomio arrivò a ospitare oltre 3 mila pazienti: fra questi fu ricoverato Benito Albino, figlio illegittimo di Mussolini, morto internato in circostanze poco chiare nel 1942.
Ex manicomio di Mombello
Motivo dell’abbandono
Il manicomio di Mombello iniziò a perdere prestigio subito terminato il secondo dopoguerra, causa la popolarità di una nuova struttura: il Gaetano Pini.
Poco dopo, nel 1978 fu pubblicata la legge 180 , (Legge Basaglia), che decretò la chiusura dei manicomi italiani.
La totale dimissione dei degenti impiegò circa 20 anni e nel 2000 i padiglioni furono quasi del tutto abbandonati.
Il luogo oggi
Ormai non resta quasi più nulla di decente da vedere nel vecchio manicomio. La natura è diventata la protagonista: un groviglio di piante si è impossessato delle mura dell’edificio, facendosi pian piano strada al suo interno, insinuandosi tra finestre e spazi vuoti, fino a dominare ogni angolo.
Oggi di Mombello non è che un ammasso di macerie, tra sporcizia, cocci di vetro e resti di muri in frantumi. Pavimenti pericolanti, corridoi coperti di amianto, soffitti che cadono a pezzi, forniture arrugginite completamente distrutte sono le poche cose che si sono conservate.
I muri, ricoperti di muffa e sporcizia, sono tappezzati da scritte e graffiti fatti da vandali e Street Artist di passaggio; le camere, “arredate” con un mucchio di materassi rancidi e coperte, sono luogo di rifugio di tossici e senzatetto.
Insomma, ciò che testimonia l’esistenza del manicomio non rende giustizia alla sua passata fama e grandiosità. Ciononostante numerosi sono i curiosi che si avventurano tra i cunicoli del manicomio per esplorarne ricordi, ammaliati dalla malinconia che sprigiona da quelle mura. Persino registi in cerca di set cinematografici suggestivi sono stati catturati dalla misteriosità del luogo: nel gennaio del 2017 infatti Johnny Deep fu impegnato nelle riprese di “7 days, 7 girls” del regista Luciani Silighini. Ex manicomio di Mombello
La cosa che più colpisce dunque è che un tempo qualche paziente scavalcava i muri per scappare, oggi invece si scavalcano per entrare.
Potenziale riqualificazione
Una riqualificazione interessante del manicomio potrebbe essere una residenza universitaria. Questa soluzione avrebbe la possibilità da un lato di riportare in vita e valorizzare l’ormai dimenticata struttura, dall’altro di risolvere il problema della mancanza di alloggi a prezzi accessibili per centinaia di studenti e lavoratori nella zona del milanese.
Mombello si trova abbastanza vicino a Milano, tale da renderlo un’opzione conveniente per gli studenti e lavoratori che intendono vivere nel capoluogo lombardo. La connessione tra le due città è garantita dalla linea ferroviaria Limbiate-Milano, che impiega circa un’ora.
A Milano, gli affitti sono tra i più alti d’Italia, e molti studenti sono costretti a vivere in condizioni disagiate o fare i pendolari da città spesso lontane. Una residenza universitaria a Mombello, situata a breve distanza, potrebbe offrire stanze a un prezzo onesto, rappresentando una soluzione ideale per chi non può permettersi i costi degli affitti milanesi.
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L’edificio, causa delle condizioni fatiscenti in cui riversa, potrebbe chiedere una costosa e impegnativa opera di ristrutturazione. È importante rendere la struttura funzionale ma al tempo stesso conservarne l’essenza e la storicità.
Potrebbero essere create stanze singole o doppie, dotate di tutte le forniture occorrenti, e insieme spazi condivisi come cucine, salotti e aree studio, per favorire l’integrazione tra studenti. Ancora si possono immaginare luoghi di svago e condivisione come una caffetteria, una palestra e un’area giochi. Un altro elemento da prendere un considerazione è la vasta area esterna che circonda la struttura, dove si potrebbe far fiorire un rigoglioso giardino, perfetto favorire il relax e lo studio all’aperto, creando un contesto stimolante per i residenti.
Dar vita a un tale progetto richiederebbe indubbiamente sacrifici, soprattutto economici. Sarebbe interessante pensare ad una sovvenzione da parte delle università di Milano per creare delle collaborazioni e agevolazioni per gli studenti residenti della nuova struttura. Essendo un progetto di recupero per un edificio storico, sarebbe possibile anche cecare fondi da parte del Comune e della Regione, immaginando che la struttura possa ospitare anche una serie di servizi e attività culturali aperte al pubblico.
Un nuovo inizio
Trasformare l’ex manicomio di Mombello in una residenza universitaria è un’opportunità per legare passato e futuro. Questo progetto non solo agevolerebbe il problema degli alloggi per studenti nella zona di Milano, ma darebbe una nuova vita a un edificio storico abbandonato, restituendolo alla comunità.
Nel nostro paese sono numerosi i luoghi dalla forte identità storica ormai del tutto abbandonati. Progetti come questo dimostrano che è possibile riqualificare luoghi dimenticati in strutture utili per la società, con la collaborazione di enti pubblici e privati e della comunità.
L’ex manicomio di Mombello dunque non sarebbe più solo un ricordo del passato, ma diventerebbe un simbolo del futuro, come luogo di incontro e di lancio per le nuove generazioni.