Il carnevale di Venezia, conosciutissimo in Italia ed oltre confine, ha origini antichissime che si collocano tra il 1094 ed il 1296, anno in cui il Senato dichiarò festivo il martedì grasso.
Venezia, palcoscenico naturale di straordinaria bellezza, non poteva che avere la più vivace e fantasiosa manifestazione tra tutte quelle dello stesso genere che si celebrano nel Paese ed il fascino irresistibile dell’evento richiama migliaia di visitatori da tutto il mondo.
Artefici dell’originale trovata furono le “Compagnie della Calza” che ebbero un’importanza fondamentale sia nella organizzazione e gestione del carnevale, sia negli spettacoli teatrali che ad esso facevano corona, a completamento dei festeggiamenti del periodo carnevalesco.
Il nome, “Compagnie della calza”, deriva proprio dalla calza che serviva da contrassegno nelle feste veneziane ed era di colore diverso per ogni quartiere.
Nel Carnevale dei nostri giorni la fanno da padrone le sontuose maschere che adornano e nascondono il volto di dame e gentiluomini, di aristocratici e plebei, di professionisti ed operai, di giovani e di vecchi, ma nel carnevale antico si celebravano usanze quasi pagane, come la caccia al toro ed al maiale, ma anche spericolate, come il “Volo dell’Angelo”, cioè il volo di un uomo legato a doppia corda con anelli, che compiva un volo dal campanile di San Marco fino ad una zattera ancorata giù nel bacino.
Oggi qualcosa del genere è ricordato dal famoso Volo della Colombina, a Firenze, ma le norme ed i margini di sicurezza sono certamente più affidabili rispetto al passato e lo spettacolare “volo” dall’alto del campanile di San Marco al centro della piazza viene seguito dalla folla con minore ansia e preoccupazione.
Ma torniamo al carnevale del passato.
Il giovedì grasso era la giornata in cui veniva tagliata la testa al toro, non in senso metaforico ma in senso terribilmente reale e cruento.
Il taglio veniva fatto senza poggiare la lama a terra e doveva essere veloce e netto, da qui il detto “tagliare la testa al toro”, cioè fare un’operazione rapida e decisa.
A parte questo spettacolo cruento, la festa del carnevale a Venezia era uno spettacolo deliziosamente godibile e la folla restava estasiata al passeggio delle maschere, davanti alle baracche dei burattini e durante le rappresentazioni teatrali, ma le feste più grandiose si tenevano nei lussuosi e sfolgoranti palazzi illuminati a giorno che affacciano sui canali e sulle calli più importanti della città.
Le cose cambiarono bruscamente quando Venezia finì sotto la dominazione austriaca ed il carnevale perdette la sua vitalità e la sua dilagante allegria.
Le manifestazioni non scomparvero del tutto, ma il carnevale non fu più quella allegra ed irrefrenabile baraonda del passato perché le autorità, temendo che i festeggiamenti all’aperto potessero essere occasione per manifestazioni terroristiche, tolleravano solo feste in ambiente chiuso.
Dopo la prima guerra mondiale, però, la voglia di divertimento ritornò prepotentemente tra la gente ed il carnevale tornò ad essere quell’esplosione di allegria collettiva del tempo passato.
Nel novecento il Carnevale di Venezia, come del resto quello di tutta Italia, ha perso gran parte del suo smalto divenendo una specie di sagra paesana, ma ancora una volta, nel 1979, come l’Araba Fenice che rinasce dalle sue ceneri, ha ripreso il vigore di un tempo ed, anzi, è diventato uno degli appuntamenti più importanti dell’anno, grazie soprattutto all’opera benemerita di un’importante associazione cittadina chiamata “Scuola Grande di San Marco”.
Questa crescita è anche frutto dell’impegno della “Biennale Teatro”, per merito della quale ritornano ad esserci fantastici palcoscenici e spettacoli teatrali indimenticabili.
Nei giorni del carnevale il centro della festa è, neanche a dirlo, piazza S. Marco dove le maschere antiche e moderne, povere, ricche e fantasiose, fanno la passerella ed ecco allora spuntare la “Larva”, magnifica maschera bianca di tela cerata, usata specialmente dalle donne, poi spunta la “Bauta“ di velo che copre le spalle e la testa ed il tricorno, un cappello a tre punte, e poi altre ed altre ancora, tutte bellissime ed originali.
Un trionfo di forme e di colori, di arditissime acconciature e di sontuosi abiti d’altri tempi.
Le maschere, a volte, improvvisano danze e quadriglie nelle piazze, ma persino al casinò il personale ed i giocatori sono mascherati e nei teatri vengono allestiti splendidi spettacoli.
Abbondano i chioschi con leccornie per bambini e per adulti e, naturalmente, i negozi di maschere fanno affari d’oro.
Non mancano nemmeno i “Truccatori a cielo aperto“ per chi decidesse di mascherarsi all’improvviso.
Naturalmente lo spettacolo è anche nei vicoli e nei canali.
Le ricostruite Compagnie della Calza vanno in giro per Venezia per riproporre antiche forme di spettacolo e la gente vi partecipa con tutta la sua passione secolare.
Inutile dire che oggi il carnevale è finalizzato soprattutto all’incremento del turismo e ad una sempre più massiccia presenza nella città lagunare, ma sicuramente non è cosa disdicevole.
Piazza S. Marco è il centro dove convergono i bambini in maschera, ma gli adulti sono forse più interessati alla “Vogada” in maschera sul Canal Grande, oppure alle feste e ai balli popolari nel sestiere del Canaregio e nel ghetto.
Il Martedì grasso la festa culmina nel gran ballo collettivo e nel rogo della maschera veneziana di Pantalone.
Il Carnevale si conclude con il fantasmagorico spettacolo dei fuochi d’artificio che illuminano il cielo di mille colori e mentre gli occhi si riempiono di gioiosa meraviglia, anche il palato reclama la sua parte ed è per questo che pochi resistono alla tentazione golosa di zaletti e bianchetti, fritole e galani, i deliziosi dolci veneziani il cui profumo ammiccante si espande nell’aria dolce della notte veneziana.