La pellicola, ispirata all’omonimo romanzo di Alice Walker, Il colore viola, è uno dei film più di successo di Steven Spielberg, nominato a ben 11 premi Oscar nel 1986.

Sia il romanzo che l’adattamento cinematografico sono stati un atto di denuncia contro il precario modo di vivere di donne nere e, allo stesso tempo, rappresenta l’insieme di valori della classe media nera.

Dunque, ci appare proprio come il quadro di una società dura e ostile che il regista tenta di rappresentare in chiave fiabesca.

La protagonista, Celie, è una sopravvissuta all’incesto che vive gran parte della sua vita come serva di un uomo violento che rifiuta di sposarla; crede che uno dei suoi tratti distintivi sia la sua bruttezza, e per questo deve essere confinata a svolgere lavori massacranti.

Le vicende, ambientate nella Georgia del XX secolo, narrano di abusi fisici, emotivi e sessuali: la storia di una donna nera che viene violentata dal patrigno e riesce a scappare solo per ritrovarsi poi in una relazione con un altro uomo tirannico, che lei stessa chiama ” Sig. —.”.

Se nel romanzo della Walker i personaggi vengono descritti in tutta la loro forza e grinta, nell’adattamento di Spielberg invece perdono il loro carattere duro.

Infatti, il suo film viene rappresentato proprio come una favola, dove qualsiasi vicenda viene edulcorata, persino quella più brutta, e virtù come la lealtà e il vincolo familiare, racchiudono il tema principale della storia della nostra Celie, se non proprio il suo unico punto di forza per poter uscire dai soprusi del patriarcato.

Per questo, è proprio evidente che la popolarità del film sta nella volontà delle donne nere di emanciparsi, di trovare sollievo, anche momentaneo, dalla loro condizione: Celie, infatti, trova in Shug (una cantante, ex amante di Albert che ogni tanto torna a fargli visita), una confidente; dopo un’iniziale antipatia, le due donne diventeranno amiche e Shug salverà Celie portandola via dalla sua “prigionia”.

Dallo scambio di battute si evince la non comprensione di Celie della sessualità e del rapporto intimo che si instaura fra due persone innamorate. Grazie a lei, però, Celie scoprirà cosa significa amare.

Le donne continuano a prendere come esempio la storia di Celie ancora oggi perché rompe un certo silenzio culturale sugli abusi. Il tipo di società prettamente patriarcale nella quale vivono le costringe a non proferire mai parola su quello che vivono, vengono costrette a stare in silenzio e sopportare; Spielberg preme sul mettere in scena che il potere dell’uomo, nel bene e nel male, deve essere preservato a qualsiasi costo. Infatti, anche se i personaggi e gli eventi sono frutto dell’immaginazione della Walker, il mondo attorno a loro non lo è affatto.

Lo stesso Spielberg è da sempre attento ai temi del razzismo e discriminazione, portando avanti campagne di pressione nei confronti di molti Paesi che si approfittano della debolezza di altre Nazioni, affinché vengano riconosciuti e garantiti diritti umani universali, sia nella loro politica interna che esterna, tenendo ben a cuore la questione nella regione del Darfur e le continue minacce della Cina.

E proprio nel “Il colore viola” vediamo come lui stesso ha voluto rappresentare il tema del “black feminism”, o femminismo nero, che nasce proprio nel periodo di rilascio della pellicola negli Stati Uniti come denuncia al razzismo e all’eurocentrismo (ovvero, la tendenza tipicamente europea a considerare il resto del mondo di loro proprietà, una sorta di “fardello dell’uomo bianco”.  Anche se, come abbiamo ben visto, in questo caso si parla di aspetti tipicamente ricorrenti nel vissuto afroamericano).

Le donne, impegnate nel portare avanti la condotta anti-patriarcale e che militano da sempre verso la lotta per la loro emancipazione, accusano, dunque, l’incapacità di un’intera Nazione (se non il mondo stesso) di cogliere la gravità del loro vissuto.

Si tratta, infatti, di un problema che non poteva e non può esaurirsi né nelle lotte antirazziste, né nelle battaglie femministe, ma è necessario fare breccia nell’animo e nelle menti umane per poter giungere ad una vera e propria liberazione di tutte quelle donne che sono vittime, giorno dopo giorno, di una società maschilista. Donne che hanno di fatto rinunciato, come Celie, a valorizzare la loro femminilità e messo da parte la propria voce.

Spielberg ha potuto notare, e quindi dichiarare con certezza, che per un pubblico femminile, Celie è la personificazione della salvezza; una sorta di eroina moderna da cui prendere coraggio. Chiunque guardi il film, dunque, ha l’opportunità di mettersi nei panni della nostra protagonista e di poter toccare con mano la sensazione di impotenza che si prova essendo neri, poveri e brutti in un contesto sociale simile. Inoltre, dopo una profonda analisi del romanzo della Walker, il regista ha rappresentato graficamente come le donne nere, in una società patriarcale come quella Americana, siano vittime di sessismo e come solo la forza della sorellanza può liberarle dalla morsa del dominio dell’uomo.

Il Colore Viola ci insegna, infatti, che la dignità non si ottiene nascondendosi dietro le apparenze, ma comunicando, lottando e ammettendo che essere vittima non è nulla di cui vergognarsi.

Il viola, tra l’altro, è il colore che è stato scelto per rappresentare la lotta femminista. Infatti, nelle numerose manifestazioni degli ultimi secoli, i toni del viola sono stati protagonisti nelle strade, dove chi desidera dimostrare il proprio sostegno alla causa li esibisce in vari modi: su abiti (la stessa Celie indossa spesso un abito viola), manifesti o sciarpe che rendono più visibile un messaggio molto importante e ricorrente nel film, ovvero la rivendicazione della parità di diritti indipendentemente dal genere, dal colore della pelle e dal luogo di provenienza.

La pellicola è, dunque, l’emblema della lotta per la vita. È una storia di coraggio, di voglia di amare, di essere amati e capiti per tutto ciò che rappresentiamo. Del piacere che si nasconde dietro la capacità di meravigliarsi di ciò che ci circonda. Del valore dell’amicizia e dell’importanza della famiglia. Ma, allo stesso tempo, vuole essere una denuncia per tutto il male che possono farsi gli uomini. Dell’importanza di riuscire a trovare un motivo per andare avanti: basta osservare le minime cose che danno senso all’esistenza, proprio come un campo di viole.

Come afferma Celie, “Dio vuole godersi le cose belle con noi. Io credo che Dio si incazzi se tu di fronte al colore viola di un campo di fiori, neanche te ne accorgi”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here