Il rapporto tra i paesi del Maghreb e il conflitto Israele-Palestina rappresenta un argomento complesso e poco trattato, che riflette le dinamiche geopolitiche e diplomatiche in queste aree appartenenti a due continenti diversi, ma geograficamente vicine. I paesi del Maghreb (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia) hanno storicamente mostrato posizioni e approcci diversi nelle diverse fasi del conflitto israelo-palestinese, influenzati da considerazioni interne ed esterne. Il coinvolgimento dei paesi del Maghreb nel conflitto fonda le sue radici storiche a prima della dichiarazione unilaterale della nascita dello Stato di Israele avvenuta il 14 maggio del 1948. I paesi del Maghreb hanno espresso solidarietà con il popolo palestinese nella lotta per l’autodeterminazione e la creazione di uno Stato indipendente. Tuttavia, le loro posizioni e azioni specifiche hanno subito variazioni nel corso del tempo. In questo articolo ripercorreremo le diverse fasi del conflitto, prestando attenzione al ruolo chiave che hanno ricoperto i paesi in questione.

LE POSIZIONI STORICHE DEI PAESI DEL MAGHREB NEI PRIMI 50 ANNI DI CONFLITTO

MAROCCO

Il Marocco ha svolto un ruolo significativo nel conflitto israelo-palestinese durante il periodo che va dalla sua indipendenza nel 1956 fino agli Accordi di Oslo nel 1993, con un’evoluzione delle politiche estere che rifletteva le sfide e gli interessi del paese nel contesto regionale e internazionale.

Dopo la creazione dello Stato di Israele nel 1948, il Marocco ha mostrato inizialmente solidarietà con la causa palestinese. Il re Mohammed V ha espresso sostegno ai rifugiati palestinesi e ha accolto le loro comunità nel paese. Il Marocco ha anche sostenuto diplomaticamente la causa palestinese nelle organizzazioni internazionali, riconoscendo il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione. Negli anni ’80 e ’90, il Marocco ha invece intrapreso un percorso di distensione nei confronti di Israele. Questa transizione è stata in parte guidata dalla ricerca di relazioni economiche e diplomatiche più ampie con gli Stati Uniti e l’Europa occidentale. La decisione di normalizzare i rapporti con Israele è stata un punto culminante di questo cambiamento e si è concretizzata con il pieno riconoscimento diplomatico nel 1994, dopo gli Accordi di Oslo. La normalizzazione dei rapporti con Israele da parte del Marocco ha avuto varie motivazioni. In primo luogo, il Marocco ha cercato di migliorare le relazioni con gli Stati Uniti, che avevano forti legami con Israele. Questa mossa ha contribuito a rafforzare l’asse diplomatico e strategico, favorendo gli interessi economici e di sicurezza del paese. Inoltre, la normalizzazione ha aperto nuove opportunità commerciali e di cooperazione tecnologica tra Marocco e Israele, soprattutto nel settore agricolo, tecnologico e turistico. Questo è stato considerato vantaggioso per l’economia marocchina e ha contribuito alla diversificazione delle relazioni estere del paese. La decisione del Marocco di normalizzare i rapporti con Israele ha sollevato polemiche e dibattiti interni riguardo al bilanciamento tra gli interessi nazionali e la solidarietà pan-araba con la causa palestinese. Alcuni settori della società marocchina hanno criticato questa mossa, sottolineando l’importanza di mantenere un sostegno saldo ai diritti palestinesi. Tuttavia, il governo marocchino ha sostenuto che la normalizzazione avrebbe contribuito a promuovere la stabilità regionale e a rafforzare il ruolo del Marocco sulla scena internazionale. Il Marocco ha comunque continuato a sostenere la creazione di uno Stato palestinese indipendente e ha mantenuto contatti diplomatici con rappresentanti palestinesi, svolgendo un ruolo di mediatore e facilitatore nei tentativi di risolvere il conflitto. Ha ospitato incontri e iniziative diplomatiche volte a promuovere il dialogo tra le parti e a cercare soluzioni pacifiche al conflitto.

ALGERIA

L’Algeria è emersa storicamente come uno dei più feroci sostenitori della causa palestinese nella regione del Maghreb e del mondo arabo.

Dopo l’indipendenza dall’impero coloniale francese nel 1962, l’Algeria ha adottato una politica estera assertiva a favore della causa palestinese. Il governo algerino ha sostenuto attivamente l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e altri movimenti di resistenza palestinesi, fornendo loro sostegno politico, logistico e diplomatico. Algeri è diventata una base operativa chiave per l’OLP e ha ospitato il suo quartier generale. L’Algeria ha giocato un ruolo di mediatore e promotore della pace, sostenendo il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione e alla creazione di uno Stato indipendente basato sui confini del 1967 con Gerusalemme Est come capitale. L’Algeria ha anche promosso iniziative di pace e dialogo tra Israele e i palestinesi, cercando soluzioni negoziate e pacifiche al conflitto. Di notevole impatto sono le pressioni che ha esercitato a livello internazionale per sostenere la causa palestinese e isolare diplomaticamente Israele. Ha criticato duramente le politiche israeliane e ha sostenuto risoluzioni dell’ONU a favore dei diritti palestinesi.  L’Algeria ha sostenuto la soluzione a due Stati come base per risolvere il conflitto, con Israele e uno Stato palestinese indipendente e sovrano che coesistano fianco a fianco. Con molta probabilità è stata il paese ad aver mantenuto con maggiore fermezza il senso di pan-arabismo e ha visto la questione palestinese come parte integrante della lotta più ampia per l’unità e l’indipendenza arabe.

TUNISIA

Dopo l’indipendenza dalla Francia nel 1956, la Tunisia ha accolto l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) guidata da Yasser Arafat, consentendo all’OLP stessa di stabilire il suo quartier generale a Tunisi nel 1982. Questo ha consolidato il sostegno della Tunisia alla causa palestinese e ha reso il paese un centro per l’attivismo e la diplomazia palestinese in Nord Africa. Sotto la guida del presidente Habib Bourguiba, ha svolto un ruolo attivo nella sensibilizzazione internazionale sulla questione palestinese. Bourguiba ha promosso la causa palestinese nei forum internazionali, cercando di ottenere il riconoscimento dei diritti del popolo palestinese all’autodeterminazione e alla creazione di uno Stato indipendente.

La Tunisia ha sempre sostenuto una soluzione negoziale al conflitto israelo-palestinese basata sul principio di due Stati, con Israele e uno Stato palestinese indipendente in grado di coesistere fianco a fianco in pace e sicurezza. Verso la fine degli anni ’80 e ’90, la Tunisia ha intrapreso una politica di distensione con Israele. Sebbene non abbia raggiunto il pieno riconoscimento diplomatico come il Marocco, la Tunisia ha aperto canali di comunicazione e contatti non ufficiali con Israele, riflettendo una strategia di diplomazia regionale e di equilibrio tra gli interessi nazionali e regionali.

La visione fortemente pan-araba sostenuta dalla Tunisia ha evidenziato il forte interesse per la questione palestinese, vista come parte integrante della lotta per l’unità e l’indipendenza dei paesi arabi. Il paese è stato un centro di attivismo e sensibilizzazione internazionale sulla questione e ha cercato di bilanciare i vari interessi, plasmando le dinamiche regionali e internazionali del Medio Oriente e del Nord Africa durante il periodo pre-Oslo.

COSA CAMBIA NEL VENTUNESIMO SECOLO?

MAROCCO

Nel contesto degli accordi di pace tra Israele e l’OLP, il Marocco ha fatto alcuni passi verso la normalizzazione delle relazioni con Israele. Nel 1994, entrambi i paesi hanno aperto uffici di collegamento a Rabat e Tel Aviv. Questo periodo di apertura è stato però interrotto nel 2000 con l’inizio della seconda Intifada palestinese, che ha portato alla chiusura degli uffici di collegamento e alla sospensione delle relazioni diplomatiche formali.

Il punto di svolta più significativo è arrivato nel dicembre 2020, quando il Marocco ha ufficialmente normalizzato le relazioni con Israele come parte degli Accordi di Abramo, mediati dagli Stati Uniti. Questo accordo ha incluso diverse componenti chiave tra cui il riconoscimento della sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale (riconoscimento ha suscitato reazioni contrastanti a livello internazionale, con l’ONU e l’Unione Africana che continuano a considerare il Sahara Occidentale un territorio non autonomo) e il rafforzamento delle relazioni economiche e diplomatiche. La normalizzazione delle relazioni tra il Marocco e Israele è stata accolta positivamente dagli Stati Uniti e da altri paesi occidentali, ma ha suscitato critiche da parte di alcuni stati arabi e organizzazioni palestinesi. La mossa del Marocco potrebbe influenzare altri paesi della regione a riconsiderare le loro relazioni con Israele.

TUNISIA

in seguito agli Accordi di Oslo tra Israele e l’OLP, la Tunisia ha fatto alcuni passi verso la normalizzazione delle relazioni con Israele. Nel 1996, i due paesi hanno aperto uffici di interesse a Tunisi e Tel Aviv, che però non erano rappresentazioni diplomatiche complete. Tuttavia, questi uffici sono stati chiusi nel 2000, a seguito dello scoppio della seconda intifada palestinese. Dopo la chiusura degli uffici di interesse nel 2000, la Tunisia ha adottato una posizione più cauta e critica nei confronti di Israele, sostenendo fermamente la causa palestinese. Questo è stato particolarmente evidente sotto la presidenza di Zine El Abidine Ben Ali, che è stato in carica fino alla Rivoluzione dei Gelsomini del 2011. La Rivoluzione dei Gelsomini del 2011 ha cambiato il panorama politico tunisino, portando a un periodo di transizione democratica. Durante questo periodo, la posizione della Tunisia nei confronti di Israele è rimasta critica, con un forte sostegno alla causa palestinese. La nuova leadership tunisina ha mantenuto la politica di non normalizzare le relazioni con Israele. Durante il governo guidato dal partito islamista Ennahda, la Tunisia ha mantenuto una posizione critica nei confronti di Israele. Ennahda, che ha vinto le prime elezioni democratiche post-rivoluzione, ha sostenuto la causa palestinese e ha rifiutato qualsiasi normalizzazione delle relazioni con Israele.

Negli ultimi anni, la Tunisia ha continuato a sostenere la causa palestinese, pur mostrando qualche segnale di pragmatismo. Alcuni sviluppi chiave includono dichiarazioni pubbliche critiche delle politiche israeliane nei confronti dei palestinesi, specialmente durante i periodi di conflitto e proteste contro Israele, in particolare durante gli episodi di conflitto a Gaza. Ci sono state alcune visite informali e incontri tra funzionari tunisini e israeliani in contesti internazionali, ma questi non sono stati seguiti da passi concreti verso la normalizzazione.

ALGERIA

Negli ultimi 20 anni l’Algeria ha mantenuto una posizione fortemente avversa e intransigente nei confronti di Israele, influenzata dalla sua storia di lotta per l’indipendenza, dalle sue relazioni regionali e dalla sua politica interna. L’Algeria non riconosce Israele e non ha relazioni diplomatiche ufficiali con lo stato ebraico, sostiene fermamente la causa palestinese e il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione (questo supporto si manifesta in aiuti finanziari, assistenza umanitaria e supporto politico nei fori internazionali) e critica regolarmente le politiche israeliane nei territori occupati, inclusa la costruzione di insediamenti e le operazioni militari a Gaza. Queste critiche vengono espresse sia a livello nazionale che internazionale. E’ da evidenziare inoltre come il popolo algerino sia fortemente pro-palestinese e contrario a qualsiasi normalizzazione delle relazioni con Israele. Questo sentimento è radicato nella solidarietà per la lotta dei palestinesi e nella storia di resistenza dell’Algeria contro il colonialismo.

Le relazioni dell’Algeria con altri paesi della regione influenzano anche la sua posizione verso Israele. La rivalità storica tra Algeria e Marocco ha avuto un ruolo significativo nella posizione dell’Algeria verso Israele. Il Marocco ha normalizzato le relazioni con Israele nel 2020, un passo che è stato criticato dall’Algeria. Questa rivalità si riflette anche nella questione del Sahara Occidentale, con l’Algeria che sostiene il Fronte Polisario nella sua lotta per l’indipendenza dalla dominazione marocchina.

In sintesi, la posizione dell’Algeria nei confronti di Israele è rimasta costantemente avversa negli ultimi 20 anni, manifestando una presa di posizione ben più radicale rispetto ai paesi vicini ed in linea con gli anni precedenti.

QUALI POSSIBILI SCENARI FUTURI?

I rapporti tra i paesi del Maghreb e Israele potrebbero evolvere in vari modi nei prossimi anni, influenzati da dinamiche regionali, interessi economici, sviluppi politici interni e pressioni internazionali. Alcune possibili evoluzioni e scenari futuri per i principali paesi del Maghreb potrebbero prevedere il consolidamento e l’approfondimento delle relazioni. Questo caso potrebbe riguardare principalmente le relazioni tra Marocco e Israele, le quali potrebbero continuare a crescere, con investimenti in settori chiave.

Per quanto riguarda l’Algeria lo scenario maggiormente auspicabile è quello del mantenimento della linea dura. L’Algeria potrebbe continuare la sua politica di non riconoscimento e critica di Israele, mantenendo il sostegno alla causa palestinese e allineandosi con altri paesi della regione che condividono questa posizione. La rivalità con il Marocco potrebbe intensificarsi, soprattutto se Rabat continuerà a rafforzare i legami con Israele. L’Algeria potrebbe utilizzare questo come un ulteriore punto di contrasto per consolidare il supporto interno e regionale. Uno scenario di Apertura Cauta dovuta a maggiori pressioni da parte di potenze occidentali o incentivi economici significativi che potrebbero spingere l’Algeria verso un’apertura verso Israele risulta momentaneamente poco probabile.

La Tunisia potrebbe invece adottare un approccio più pragmatico, esplorando opportunità di cooperazione economica e tecnologica con Israele senza una piena normalizzazione diplomatica. Le pressioni da parte di potenze occidentali e incentivi economici potrebbero spingere la Tunisia a riconsiderare la sua posizione, soprattutto se ci saranno segnali di progresso nel processo di pace israelo-palestinese. D’altro canto la forte opinione pubblica pro-palestinese e le dinamiche politiche interne potrebbero continuare a impedire qualsiasi passo verso la normalizzazione. E’ dunque possibile che La Tunisia potrebbe mantenere una posizione cauta, osservando le evoluzioni regionali e adattando la sua politica di conseguenza, senza fare mosse drastiche.

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