La comunicazione si interrompe all’improvviso: ai due capi della linea telefonica un sorriso nervoso e un respiro pesante. Ho pensato si trattasse di uno scherzo; sono rimasta ferma su questa convinzione per un tempo distorto ed indefinito. Il futuro prende la forma di una beffa dorata nel mezzo di una pandemia storica, durante un primo pomeriggio che riacquista un sentore di libertà a una settimana dall’inizio della Fase 2 in Italia. Decide lui come e quando metterti alla prova. Il futuro esiste, ma non qui: la Svizzera chiama, i giovani rispondono. Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Da qualche anno avevamo in mente quello che avremmo voluto organizzare, ma mancava sempre qualcosa: troppo giovani, poca esperienza, fondi insufficienti per investire nella ricerca, contratti privi di aspettative a lungo termine. Un’infinita lista di “ma” ad allungare scadenze e priorità di ragazzi come tanti e giovani coppie come la nostra, che studiano per potersi realizzare e, magari, formare insieme una famiglia.

Il Covid-19 ha scelto di insinuarsi in un’epoca già densa di fratture e instabilità sociali, aggiungendo un carico di responsabilità nel valutare il domani, come se le difficoltà precedenti fossero state solo una palestra di rinforzo: un continuo correre, inciampare, rialzarsi a denti stretti e di nuovo correre e così via.

La morsa del lockdown è durata tre mesi e la battuta d’arresto nelle relazioni e nei contatti umani ha contribuito a dilatare quel tempo che già di per sé aveva perso la concezione canonica che avevamo tentato di attribuirgli. A marzo, come ad aprile, fino a metà maggio, un’ora viveva di vita propria e lasciava poco spazio alla pura immaginazione, quella svincolata dalle sottolineature dell’ipotetico rischio, del lasciar andare il freno e godersi un istante non retorico di quiete. Ci siamo trovati tutti armati di gel e mascherine a mettere nel ripostiglio le nostre esistenze vestite di abitudini più o meno consolidate e a reinventarci, nel nome della sicurezza e dell’incertezza.

Come dicevo, noi rientravamo già da prima nella categoria degli incerti, ma sono state davvero prese in considerazione le conseguenze per gli adulti del prossimo futuro? Ci siamo chiesti quanto pesasse la nostra laurea, quanto contassero le specializzazioni seguenti, se esistesse ancora qualcuno interessato ad investire su menti volenterose e preparate ed offrirci delle serie prospettive di lavoro. I dati hanno parlato per noi: in Europa siamo gli ultimi per occupazione giovanile.

Svizzera talent scout

Il sorriso nervoso durante la telefonata è il mio, poco dopo che il mio fidanzato mi ha annunciato che, tramite un altro contatto, un centro di ricerca nel settore chimico in Svizzera sarebbe interessato ad assumerlo già alla riapertura delle frontiere. Il clima economico mondiale vacilla a ridosso del lockdown, il divieto degli spostamenti non essenziali si allenta gradualmente, quindi a primo impatto mi convinco dello scherzo. Ma quale scherzo, mi dice, paga che consente un guadagno dignitoso, laboratori con attrezzatura all’avanguardia, progetti ben remunerati e ampia tutela dei diritti individuali: un sogno.

Quando capisco che c’è ben poco da scherzare, empatizzo con chi rimpiange le occasioni perse e so che non esiste ragione per la quale si debba rifiutare un’offerta simile, soprattutto perché giunta in un contesto economico-sanitario così delicato.

Eppure una nota di sopito rammarico ci rende polemici nei confronti del nostro Paese, perché è la nostra casa, perché il grazie che ora dobbiamo al Paese che ci tende la mano vorremmo darlo a lei, perché vorremmo che riconoscesse il nostro singolo valore e lo considerasse utile per diventare più forte e competitiva agli occhi delle altre nazioni.

Nel cuore dei Grigioni

Il paradosso è che la città in cui il mio fidanzato si è poi trasferito è più piccola del comune da cui proveniamo e di primo impatto non si profila come un centro di opportunità e speranze. Si tratta di Coira, la capitale del cantone dei Grigioni, considerata la città più vecchia in Svizzera. Nel frattempo ho avuto modo di visitarla e il suo caratteristico centro storico racchiude in sé millenni di cultura, in uno scenario pacato e salubre.

Coira spicca tra le Alpi e offre dei panorami sensazionali sia in estate che in inverno; le montagne ne costituiscono l’attrazione principale per sport e turismo, oltre che per godere di scorci di natura incontaminata. Di origine medioevale, presenta tuttora l’insediamento vescovile dell’epoca, di cui fanno parte l’imponente cattedrale e le torri, che distinguono la cosiddetta “Città vecchia” da quella nuova. Gli abitanti sono silenziosi e cordiali nella loro proverbiale riservatezza, ma quello che colpisce è il generale rispetto delle regole e dell’ambiente: strade e piazze sono sempre in ordine, i trasporti viaggiano in religiosa puntualità, gli automobilisti non osano superare il limite di velocità. Per un italiano in esplorazione Coira è un luogo morigerato, d’altri tempi, a tratti noioso.

L’azienda che ci ha fatto conoscere questa zona si trova però a Landquart, distante pochi minuti di treno da Coira, e si presenta come un distretto principalmente industriale. In mezzo a sconfinati campi agricoli e allevamenti soprattutto bovini sorgono realtà aziendali solide e attuali come quella in questione, pronte ad accogliere i cervelli in fuga e a far tesoro della loro forza lavoro. Nonostante la pandemia, qui la produttività non subisce battute d’arresto e le garanzie statali a monte consentono di guardarsi intorno e di interessarsi a menti estere.

Il tasso di disoccupazione in Svizzera è del 2,5 %, i salari sono proporzionali all’elevato tenore di vita e, aspetto fondamentale, viene rispettato in nome della Costituzione federale il principio di parità in ambito salariale tra uomo e donna. Non si tratta di meri concetti astratti, né di numeri disinteressati, ma di esempi concreti che dovrebbero indirizzare la giusta via per evitare disparità simili tra paesi apparentemente più moderni e avanzati che scelgono di non saper sfruttare le proprie possibilità e altri, che su questi difetti creano un muro di risorse.

Adesso è per il Covid, prima era per qualcos’altro, ma l’esodo di laureati continua a causare un impoverimento culturale oltre che economico e rende l’Italia vittima di se stessa. L’eccellente formazione ricevuta non si bilancia con le possibilità di carriera accessibili una volta terminati gli studi e, chi può, prende il volo.

È da qualche mese ormai che il terminal 3 dell’aeroporto di Fiumicino ci osserva più silenzioso che mai, tiene il capo basso e ci concede qualche minuto per salutarci; sembra sapere che il terreno sotto i nostri piedi è fragile, che non potremo pianificare i prossimi spostamenti con tranquillità. Il compromesso rientra nel pacchetto che comprende l’improvviso adattarsi a nuove esigenze e il venir meno di un preciso schema organizzativo, sostituito da un sempre più mutevole scenario di decreti, restrizioni, coprifuoco.

Il ragazzo prende la sua valigia carica di buona volontà e di ciò che meglio sa fare, grato verso chi, oltre quella frontiera di nuovo spalancata, gli ha teso una scialuppa di salvataggio.  Entrambi, però, mentre siamo coscienti di aver preso la giusta decisione, speriamo che prima o poi, anche qui, qualcuno si accorga di noi e di tutti quelli come noi.Il futuro esiste, ma non qui: la Svizzera chiama, i giovani rispondono Il futuro esiste, ma non qui: la Svizzera chiama, i giovani rispondono Il futuro esiste, ma non qui: la Svizzera chiama, i giovani rispondono

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here