Non un semplice fiume, bensì il “fiume sacro alla patria”. Il Piave è molto di più di un banale corso d’acqua, e rappresenta per le popolazioni che abitano lungo le sue rive un motivo di orgoglio e di identità fin dagli albori della storia.

Passeggio spesso attraverso i viottoli e i percorsi che son stati man mano costruiti per godere di questo panorama, e si riesce a respirare il connubio perfetto fra la storia e la natura quasi incontaminata. Noi originari di questa zona viviamo il fiume come una sorta di terapia, come se esso potesse ascoltarci e suggerirci, o come se chi lo ha affrontato in nome del paese e della pace abbia lasciato il segno tanto da farci identificare in loro.

Tale fiume fu infatti attraversato il 24 maggio 1915 dalle truppe italiane in marcia verso il fronte in seguito alla dichiarazione di guerra da parte dell’Austria-Ungheria, andando da quel momento in poi a simboleggiare la barriera invalicabile, il sacrificio, la frontiera. I soldati italiani infatti riuscirono a lanciare una controffensiva che annientò uno degli eserciti più forti al mondo nel 1918, durante la Battaglia di Vittorio Veneto. La “canzone del Piave” di Ermete Giovanni Gaeta è la testimonianza di tutto ciò che abbiamo largamente studiato tutti fra i banchi di scuola.

Io in particolare ho la fortuna di poter percorrere ogni giorno i percorsi delle città di Musile, San Dona’ e Noventa di Piave, fortemente legate in maniera quasi simbiotica alla storia e anima di questo fiume, ma è lungo tutto il Piave che emergono varie monumentalità e i resti degli appostamenti militari, come il cimitero britannico di Tezze di Piave, o la località di Maserada. Oltre al monumento dedicato alla 7° divisione britannica, vi si trova anche un museo con molti reperti recuperati proprio dal fiume. Qui poi il corso si divide in due rami e raggiunge la massima larghezza.

In particolare presso Zenson il fiume rallenta, e tale zona fu una delle più sanguinose durante i combattimenti fra il 1917 e 1918. E’ proprio qui che trovò ospitalità Hemingway, ferito mentre serviva nella Croce Rossa.

Lungo il percorso incontro regolarmente moltissime testimonianze fotografiche e pannelli descrittivi di quanto accadeva in queste sponde, ed è un po’ come se noi del territorio ci impegnassimo a ricordare e portare avanti la città e la nostra storia in nome di chi ci ha permesso di salvarci e continuare a prosperare.

La zona oggi si presenta con vaste distese di verde, alcune attrezzate e volte ad essere dei parchi, altre molto più selvagge. Inoltre, avventurarmi nelle zone più boschive mi ha fatto notare come anche dove sia stato agevolato il percorso, il tutto è mantenuto nel rispetto della sua biodiversità, la quale è molto ricca.                                                             L’area è stata anche attrezzata per innumerevoli attività come la pesca o per l’utilizzo di barche e canoe, impegnando quindi anche gli sportivi.                                                  L’ambiente è caratterizzato da valli profonde e stretti canali, in modo tale da formare diversi ambienti dai differenti microclimi, favorendo diversità animale e vegetazionale.

Si nota una zona più piovosa fra i monti Cesen e Zogo, dove dominano boschi di faggi o misti insieme ad altre latifoglie e conifere. L’abete rosso in particolare è stato introdotto artificialmente su zone di pascolo abbandonate. L’area invece posta a quote più elevate è caratterizzata dall’assenza di vegetazione, poiché sfruttate in passato come pascoli per l’alpeggio estivo.

Fra gli animali di grossa taglia troviamo all’interno della Foresta Demaniale Regionale mammiferi come il cervo, il capriolo o il cinghiale. Per quanto riguarda le taglie minori si incontrano facilmente volpi, lepri, donnole e vari uccelli, come il gallo cedrone o il falco pecchiaiolo.

Il Piave è il quinto fiume più lungo d’Italia fra quelli che sfociano nel mare, ed è sempre stato chiamato al femminile “la Piave” per il suo essere sempre stato una sorta di “madre” per la terra che percorre, grazie alla fertilità che produce. Fu il celebre Gabriele D’Annunzio a determinarne il mutamento in maschile, insieme alla scrittura della canzone del Piave che lo indicava anch’essa in tal modo. Questo perché doveva per forza diventare maschio come un Dio, dal momento che è riuscito a compiere l’impresa di respingere il nemico dopo le vicende di Caporetto.

Nasce a circa 2000 metri di altitudine nel monte Perabla (alpi Carniche) e sfocia a Cortellazzo nel comune di Jesolo presso la cosiddetta “Laguna del Mort”.

Oltre alle possibilità di svago odierne e al suo valore storico e simbolico, è stato spesso portatore di grandi tragedie che non riguardano solo la guerra, ma anche i disastri naturali. Ogni volta che mi avventuro lungo il parco fluviale a distanza di tempo, vi trovo alcune zone riemerse e risanate dopo le piene, mentre altre in punti differenti arenate o distrutte, e infatti le città si sono organizzate per cercare di contenere l’emergere delle acque. Per quanto scorra lento e silenzioso, quando vuole inizia di nuovo a mormorare, proprio come dice la canzone. E’ quindi un fiume a carattere torrentizio, ossia alterna periodi di secca ad improvvise piene, seguendo direzioni per anni per poi prenderne altre in maniera del tutto imprevedibile.  In particolare a Noventa di Piave raggiungo la zona del fiume attraverso uno storico tunnel che porta a un parco golenale immerso nel verde, in cui risiedono inoltre moltissimi miei ricordi di infanzia e dove è presente un sistema di monitoraggio e sigillo contro le forze dell’acqua, che altrimenti entrerebbe in paese. Nonostante tutto questo, fin dal secondo millennio, i suoi abitanti hanno sempre ricostruito le loro case spostandosi quel poco che servisse per limitare ingenti danni futuri, ma sempre vicinissime alle rive.

In passato l’uomo sfruttava i boschi della zona per il legname e successivamente per la fabbricazione del carbone, che diede lavoro alla popolazione locale. Si diffuse poi ampiamente la zootecnia, un’attività che ancora oggi continua insieme alla manutenzione del territorio e all’attenzione verso le pratiche ad uso sostenibile.

Mi reco qui soprattutto al tramonto, in quanto le sue acque e la natura che le circonda riesce a quest’ora a regalare uno spettacolo ed un panorama unico. Il fatto di poter vivere e respirare questa oasi di pace, divertirsi con gli amici prendendo il sole o facendo pic nic e grigliate, ma al tempo stesso essere in un luogo così significativo, permette di vivere un’esperienza a 360 gradi.

Grande Guerra, Memoriale, Piave

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