Che cos’è reale? Una domanda apparentemente oziosa – quello che vedo, quello che sento, quello che tocco, tutto questo è reale! – è invece destinata a diventare l’interrogativo filosofico più importante del XXI secolo. E, probabilmente, di sempre.

Paradossalmente è proprio la fisica moderna, cioè la scienza che studia i fenomeni naturali, e dunque ciò che esiste, a suggerirci che le cose del mondo non sono come le immaginiamo. Che la realtà potrebbe essere diversa, e che, forse, i nostri occhi non vedono altro che illusioni.

Il mondo in cui viviamo, nel quale siamo immersi, è un mondo in cui da sempre, e a prescindere da noi, le cose accadono, gli eventi si susseguono, secondo un “disegno generale” di cui anche ciascuno di noi fa parte:  ma è proprio quel disegno generale che, con le più recenti scoperte della fisica, ormai da tempo inizia a vacillare. Parole come ‘realtà’ ed ‘esistenza’ vengono a perdere il loro stesso significato, se consideriamo  che la meccanica quantistica introduce possibilità di esistere che includono anche la “non esistenza nell’esistenza stessa”. La relatività di Einstein, più di un secolo fa, ci suggerisce che il tempo non è ciò che pensiamo che sia. E nemmeno lo spazio. Altre teorie moderne aggiungono una quantità di altre dimensioni rispetto a quelle cui abbiamo accesso: ma queste dimensioni, ci si chiede, dove sono? Insomma, sono tante le sollecitazioni che nel dibattito moderno stuzzicano i fisici e i filosofi di tutto il mondo.

Le scoperte moderne della fisica pongono tutte un problema di fondo: se le cose funzionano in modo diverso da come ce le immaginiamo e da come le viviamo quotidianamente, allora “che cos’è” la realtà che viviamo? È vera o un’illusione?

Un interrogativo enorme, ma antico, anzi antichissimo, che ci riporta alla Grecia dei filosofi coi sandali e il chitone, che ci riporta allo scetticismo, quando era lecito e saggio dubitare di qualunque cosa. C’è, tuttavia, una significativa differenza rispetto ai tempi antichi: oggi, infatti, “sappiamo” – e lo sappiamo con le scoperte dei fisici, con le dimostrazioni dei matematici – che tutto lo stranissimo mondo che gira intorno a noi, che costituisce noi stessi e che ci comprende, funziona in questo modo bizzarro. Insomma, la differenza è che il dubbio ha ora rigore scientifico.

La fisica ci lancia un messaggio: le cose non stanno così, dovete ripensarle. Si deve ripensare ai modi di intendere l’esistenza, si devono ridisegnare i confini del mondo in cui viviamo. È tutta un’altra storia, verrebbe da dire: perfino le domande alle quali oggi anche un bambino sa rispondere senza esitazione, imbarazzano gli scienziati.

La fisica contemporanea lascia dietro di sé un paesaggio arido, spazza via il mondo fatto delle certezze su cui l’essere umano ha abitato per millenni. Davanti alle bizzarrie del mondo subatomico i fisici restano increduli. Lo stesso Einstein, che ha distrutto il concetto di tempo, non è riuscito a spiegare i paradossi della fisica quantistica: “Dio non gioca a dadi con l’universo!”, diceva.  Ma poi il tempo è passato e le nuove scoperte sembrerebbero avallare esattamente il contrario: niente è come sembra, l’impossibile è reale. La scienza fa progressi ma non fornisce risposte, anzi genera domande ancora più grandi. E’ come un’enorme matrioska: ce n’è sempre un’altra, ma non si arriva mai all’ultima.

È tuttavia interessante notare, in quest’epoca di decostruzione di sicurezze e di perdita dei confini, come la scienza rispecchi esattamente l’incertezza dell’essere umano. Lavoro precario, amori precari, vita precaria. Ci si rifugia nel frivolo mondo che le distrazioni propongono. L’auspicio è che proprio a partire dalle domande cui la scienza e la filosofia devono oggi far fronte, le quali portano ad interrogarci sul senso stesso della nostra permanenza temporanea qui, sulla Terra, si possa rifondare un mondo di certezze, su un terreno saldo e sicuro.

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