Uno dei centri estrattivi più importanti della Sardegna, Ingurtosu, si è trasformato in un villaggio desolato. Situato vicino alla costa centro-occidentale dell’Isola, oggi è parte del Parco Geominerario e dal 1997 è stato incluso nella rete dei Geo-parchi dell’Unesco. Tuttavia, il centro direzionale delle due miniere — Ingurtosu e Gennamari, parte del complesso di Montevecchio — rimane un insediamento abbandonato e spettrale. I suoi abitanti, allora, sono solamente ricordi del passato o tra le rovine c’è ancora qualcuno che lotta per riqualificare questo antico villaggio minerario?
La storia
Il toponimo deriverebbe da “gurturgiu”, una sorta di avvoltoio, o da “inghiottitoio”, in riferimento agli scavi antichi, entrambi definiscono perfettamente l’ambiente selvaggio in cui sorge il villaggio. Infatti, Ingurtosu è incastonato tra aspre montagne. Questa frazione di Arbus si trova nella valle de Is Animas, che si estende fino alle dune di Piscinas, una gemma della Costa Verde dove si trovano abbandonati vagoni usati per il trasporto di materiale estratto.
La scoperta del giacimento minerario di Gennamari, avvenuta intorno al 1830, portò a un significativo aumento delle attività estrattive, inizialmente promosse dagli imprenditori genovesi Marco e Luigi Calvo, che nel 1853 fondarono la Società Mineralogica di Gennamari.
Grazie alla fondazione della società, il centro minerario si sviluppò fino a diventare, agli inizi del XX secolo, uno dei più grandi della Sardegna. L’attività fu cessata poi ad una società francese, che contribuì notevolmente al rafforzamento delle infrastrutture, costruendo il primo pozzo di estrazione, chiamato “il Pozzo Ingurtosu”, e “il Palazzo della Direzione”, soprannominato il castello per la sua maestosità.
Nel 1899, una nuova società inglese subentrò alla società francese: la Società di Pertusola, dove un rilevante contributo venne apportato da Lord Thomas Alnutt Brassey. La nuova gestione si proponeva di incrementare la produzione mineraria, con adeguamenti tecnologici all’avanguardia, ciò portò all’ampliamento del villaggio operaio, che nel 1889 istituì una scuola elementare e, qualche anno dopo, un nuovo ospedale. Questi miglioramenti contribuirono a migliorare la qualità della vita dei minatori e delle loro famiglie, tanto che a partire dal 1913 il villaggio di Ingurtosu venne ampliato con la costruzione di nuove case per gli operai, e vennero istituiti sette borghi che si ergevano lungo la valle Is Animas: Casargiu, Bau, Gennamari, Pitzinurri, Ingurtosu, Pireddu e Naracauli.
La crisi
Nel 1940 scoppiò la seconda guerra mondiale e la miniera dovette continuare ad operare fino alla fine del conflitto; il settore minerario in Sardegna entrò in crisi. Al tempo la popolazione era di soli 1.595 abitanti quando la miniera di Ingurtosu chiuse nel 1965, la maggior parte delle case venne abbandonata, diventando così ruderi che trasformarono il villaggio in una città fantasma.
Alla fine degli anni ’70, il Parlamento assegnò la gestione del settore minerario all’ENI, ma non riuscì a risanarlo. Molte miniere vennero affidate alla SIM affiliandola all’Agip S.p.a e in questi anni furono intrapresi studi e progetti innovativi per valorizzare gli aspetti storici e ambientali del villaggio di Ingurtosu, promuovendo la conservazione delle sue caratteristiche per consentirne una fruizione intelligente ma soprattutto di alto valore sociale.
Opportunità di riqualificazione e turismo
In merito alla valorizzazione del sito, oltre a quelle già citate, esistono anche piccole realtà locali che promuovono gli aspetti culturali di città che essendo poco note, come Ingurtosu, finiscono il più delle volte nel dimenticatoio. A riguardo, la dott.ssa Carla Lampis tratta in maniera approfondita la storia del villaggio, stuzzicando la curiosità e promuovendo con l’Associazione Turistica Pro Loco Arbu iniziative di carattere culturale e turistico per valorizzare il territorio, compresa la “città fantasma”. Le iniziative di carattere turistico gioverebbero senz’altro a rinvigorire il sito, andrebbero a stimolare ulteriormente l’attenzione e la curiosità dei turisti riguardo quelle che sono le tipicità del luogo.
Ma non solo iniziative culturali, per valorizzare Ingurtosu si dovrebbe sfruttare anche il suo patrimonio naturale, difatti la zona intorno a Ingurtosu è ricca di bellezze naturali, come le dune di Piscinas e le spiagge incontaminate della Costa Verde; si potrebbero perciò sviluppare attività di eco-turismo e outdoor, come escursioni, trekking, birdwatching e sport acquatici. A tal proposito si promuoverebbe la conservazione dell’ambiente ma anche la sostenibilità turistica.
Perfino in campo accademico si potrebbe far qualcosa, essendo stato uno dei centri minerari più importanti della Sardegna, ad Ingurtosu andrebbero istituite delle basi operative per le attività di ricerca ambientale, ove gli studiosi possano condurre degli studi approfonditi, implementando anche programmi di conservazione per proteggere la biodiversità locale. Considerando poi che molte delle aree minerarie dismesse attorno a Ingurtosu potrebbero essere degradate e danneggiate, il centro, sviluppando progetti di ripristino, potrebbe senz’altro riportare queste aree a uno stato più naturale, bonificando i siti contaminati e magari ricolonizzare così la flora e la fauna nativa.