“Uncle Bubbles” è un mediometraggio made in Sardegna che dallo scorso venerdì 3 settembre, data della prima ufficiale a Seneghe durante il Festival “Settembre dei Poeti”, ha riscosso notevole successo e curiosità. Il film è diretto da Fabrizio Marrocu, il quale ha curato anche soggetto, sceneggiatura, fotografia e montaggio. Il soggetto è frutto di una collaborazione che ormai dura da tre anni tra il regista e Flavio Picciau, insieme hanno lavorato a tre cortometraggi di elevato carattere sperimentale, “Paolo”, “Ermanno”, “Arturo”.

“Uncle Bubbles” mette in rilievo l’ineluttabilità della vita ed i suoi movimenti che portano allo sfascio di una famiglia, di un rapporto fraterno, l’ineluttabilità della coerenza, la paura fa da sovrana in un thriller che trascina con se l’ombra di un horror stilistico.

5 attori protagonisti. 4 sono fratelli, due presentano degli handicap mentali. I 4, a causa di un’eredità,  percorreranno momenti di profonda crisi. Il quinto personaggio è il Dottore. Vera star del cast, però, è il mistero che si cela dietro la figura dei due fratelli handicappati e della rabbia incontrollabile dei due restanti. Termina con il sangue, termina in modo inaspettato, nell’oscurità della selvaggia ignoranza umana.

“Uncle Bubbles” è caratterizzato da una dicotomia topografica di forte impatto, specchio delle indoli degli attori protagonisti. Lo sguardo dello spettatore è accompagnato in due piani in equilibrio, esterno ed interno, allo stesso modo della psiche dei cinque personaggi anch’essi in contrappeso. X e Y sono personaggi interni, A e B sono esterni ed il dottore rappresenta un costituente isolato che determinerà la ricostruzione originaria dei quattro.

Ho incontrato Fabrizio Marrocu e Flavio Picciau per risolvere qualche dubbio riguardo la genesi sperimentale di “Uncle Bubbles”. È un’intervista doppia, quindi di seguito le risposte del regista, ed in giro nel nostro sito troverete facilmente anche le risposte di Flavio.

A.M.: “Uncle Bubbles” è stato proiettato durante la sesta edizione di “Settembre dei Poeti”. Come ha reagito il pubblico?

Fabrizio Marrocu: Ero abbastanza teso prima dell’inizio della proiezione. Per una serie di motivi non siamo riusciti ad effettuare delle prove tecniche e abbiamo montato proiettore e pc in pochi minuti. Il risultato è stato quello di una resa audio non ottimale, ma nonostante tutto il pubblico è rimasto catturato dalle immagini che scorrevano. C’era un po’ di preoccupazione, poi dopo aver visto tutti quei ragazzi con lo sguardo fisso sul telone ho capito che le cose stavano andando bene. Il pubblico è stato molto caloroso. E’ stato un piacere proiettare il nostro corto a Seneghe in un contesto come quello del Settembre dei Poeti.

A.M.: Quando e come è stata partorita l’idea di costruire insieme “Uncle Bubbles”?

Fabrizio Marrocu: Dovevo girare un cortometraggio ambientato in un campetto da calcio in cui le riserve si alternavano durante la partita dandosi il turno. Ognuno di loro raccontava degli aneddoti e faceva delle considerazioni su ciò che accadeva in campo, raccontandosi. Doveva essere una storia corale, dai contenuti testuali apparentemente slegati, in cui la narrazione veniva affidata a questi personaggi un po’ borderline. Avevo scelto di intitolarlo Uncle Bubbles. L’idea di cambiare la trama è venuta dopo, nel corso delle settimane a seguire. In pratica la storia, la scelta del soggetto, è ruotata attorno al titolo che invece rimaneva sempre lo stesso.

Avrò cambio idea almeno 5 o 6 volte. Alla fine è venuta fuori questa trama. La scrittura del soggetto base è avvenuta nel giro di una manciata di sms scambiati tra me e Flavio Picciau, con cui ho girato il mio primo corto ed assieme al quale ho inventato il metodo di lavoro con cui ho realizzato tutti i miei successivi progetti.

A.M.: Quando è nata la collaborazione Marrocu-Picciau?

Fabrizio Marrocu: È nata per gioco. Avevo avuto diverse esperienze sul set di alcuni cortometraggi girati con un’impostazione produttiva classica e volevo tentare un approccio più sperimentale e fluido, meno legato alla parola scritta, e lasciando piena libertà all’attore. In “Paolo”, Flavio parla e si muove nello spazio ininterrottamente per diverse ore improvvisando ogni cosa. Situazioni, movimenti, luoghi visitati, contenuti sono tutti frutto delle sue reazioni momentanee rispetto allo spazio ed a ciò che diceva. Non l’ho fermato quasi mai se non in alcune occasioni e quando dovevo cambiare il nastro alla telecamera. Al montaggio ho selezionato le frasi dei suoi discorsi fino a formare una sorta di storia auto-narrante. Non c’era il minimo abbozzo di sceneggiatura o soggetto, soltanto una situazione iniziale da cui doveva partire e muoversi liberamente. Il risultato ci ha lasciati sorpresi perché effettivamente ne è venuta fuori una circolarità narrativa completa con dei lati oscuri molto ambigui.

A.M.: Pensi che questo feeling artistico sia in continua crescita?

Fabrizio Marrocu: Vista l’evoluzione che c’è stata direi di sì, e spero che continui a lungo.

A.M.: “Uncle Bubbles” è stato girato e montato in tre mesi. C’è qualcosa che a posteriori faresti in modo diverso?

Fabrizio Marrocu: Sicuramente pagherei chi mi ha dato una mano a fare ciò che abbiamo fatto.

È un lavoro a tutti gli effetti. Il carattere di questo genere di progetti è inclusivo e c’è bisogno delle specifiche capacità e dell’impegno di diverse persone. È una cosa che non si può fare in solitudine.

A.M.: La scelta dell’utilizzo del linguaggio dialettale villacidrese segue un tuo preciso percorso artistico/linguistico?

Fabrizio Marrocu: No. Tempo fa avevo in mente di fare dei piccoli sketch recitati in un linguaggio inventato ma non li abbiamo mai girati. Non sto seguendo un percorso in questo senso. Ciò che mi interessa maggiormente è perfezionare il nostro metodo di lavoro in modo da renderlo efficace nel maggior numero di contesti possibili.

A.M.: Hai qualche aneddoto curioso avvenuto durante le riprese da raccontare ai nostri lettori?

Fabrizio Marrocu: Abbiamo avuto Mario Legna sul set.

A.M.: Gli attori di “Uncle Bubbles” sono tutti non professionisti. Qual è il vantaggio del lavorare con attori casuali?

Fabrizio Marrocu: Non sono un attore ma posso immaginare alcune cose. Il discorso può essere affrontato considerando il fatto che di base esiste un rapporto tra il metodo di lavoro utilizzato e la personalità dell’attore. Un attore professionista legge la sceneggiatura, impara i dialoghi, i tempi ed interpreta la parte. La interpreta conoscendo le strutture che compongono l’azione fisica che dovrà compiere (i suoi movimenti in rapporto allo spazio, alla scena ed a ciò che occupa in quel momento il set, compresa la presenza dell’operatore di ripresa e di altre figure). Il suo lavoro consiste nel calarsi il meglio possibile in una situazione già data a prescindere, percorrendola nel binario nel migliore dei modi possibili, a livello di coinvolgimento effettivo. È un approccio per cui bisogna studiare e che contempla l’uso di tutta una serie di metodi di lavoro propri della professione dell’attore. Nel nostro modo di lavorare la troupe è ridotta al minimo, oltre i personaggi possono esserci al massimo l’operatore ed un fonico, non vengono usate luci artificiali e non ci sono dialoghi da imparare a memoria. Non c’è una sceneggiatura, ma un canovaccio che descrive alcuni punti di svolta narrativi definiti a grandi linee ed altri particolari propri della singola scena. È più un pretesto per definire “cosa” fare giorno dopo giorno. Per il resto l’improvvisazione costituisce il fulcro centrale attorno a cui ruota tutto il sistema-film. Un uso controllato del fattore improvvisativo, che comprende ad esempio la reazione propria del personaggio (personaggio e non attore) ad un dato evento oppure ad un dato ambiente, consente di progredire attraverso l’utilizzo di quel canovaccio base che diventa una “sceneggiatura liquida” che non contiene dialoghi, ma che indica giusto le situazioni e descrive le atmosfere emotive. A monte vengono definiti i personaggi nel loro carattere e nelle loro attitudini, e gli stessi vengono poi messi al centro dell’azione con l’obiettivo di districarvisi all’interno nell’ottica del raggiungimento di punti di raccordo stabiliti ed utili all’avanzamento della narrazione. Ogni pezzo che compone il film diventa così ridiscutibile, confutabile e modificabile a seconda delle esigenze. Le possibilità di effettuare modifiche in corso d’opera aumentano esponenzialmente e tutti i soggetti coinvolti nell’atto filmico possono prendere parte a questo processo di conduzione della storia suggerendo le proprie impressioni e discutendole assieme agli altri. Questo metodo di lavoro conferisce al prodotto audiovisivo una natura plasmabile sia al momento della ripresa che al montaggio, poiché permette di non sacrificare la natura emozionale del lavoro a causa di imprevisti, ma di sfruttare anzi gli stessi come parti integranti della progressione narrativa.

A.M.: Quali sono i registi presenti e del passato che stimi a livello tecnico cinematografico?

Fabrizio Marrocu: Mi piacciono gli stili ed i lavori di Haneke, Lynch, Godard e Von Trier, sia per le considerazioni e gli apporti teorici di molti di loro che per l’effettiva bellezza della loro filmografia.

A.M.: Hai qualcosa in programma per il futuro? Qualche bozza di sceneggiatura sul desktop? Ci vuoi anticipare qualche cosa?

Fabrizio Marrocu: Di solito le idee sono estemporanee. Possono derivare da cose lette, pezzi musicali, o da eventi o aneddoti che accadono o di cui sentiamo parlare, poi rielaborati. Mi piacerebbe fare un cortometraggio o una sorta di mini-serie a puntate con soli personaggi femminili. Ma preferisco, per ora, dedicarmi alla promozione di “Uncle Bubbles” attraverso il canale dei festival e delle proiezioni organizzate.

“Uncle Bubbles” è di certo un vero e proprio vettore biologico denso di significati e di portali aperti ad interpretazioni che sfociano sull’etico e sul sociale.

Vi lascio il link di riferimento per visionare il trailer di “Uncle Bubbles”:

http://vimeo.com/user1300329/videos

http://www.youtube.com/watch?v=7EURxSvFxCA

La colonna sonora è stata interamente curata da Stefano Guzzetti: http://www.stefanoguzzetti.com/www.stefanoguzzetti.com/Stefano_Guzzetti.html

Il PhotoSet di “Uncle Bubbles” è stato curato da Alessandro Loddi:

http://www.flickr.com/photos/youthindanger/sets/72157624274267865/

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