Dopo la pizza, nel mese di marzo del 2022 anche il caffè italiano espresso è stato proposto quale candidato a patrimonio immateriale dell’Umanità dell’Unesco. Questa volta non è andata bene: la commissione nazionale per l’Unesco ha bocciato la candidatura, preferendo “l’arte italiana dell’Opera lirica” al caffè. In fondo ci può stare, infatti non è tanto l’esclusione della candidatura che ha fatto notizia, quanto la “diatriba” sorta fra napoletani e triestini in merito all’ostentazione partenopea del “diritto di paternità sul caffè espresso”. caffè Italia

Triestini! Cosa c’entrano i triestini con il caffè! E poi non è Napoli la capitale del caffè in Italia? La risposta potrebbe sembrare ovvia, ma, in effetti, non lo è. Certo, il legame tra Napoli e la “tazzulella ‘e cafe’” è indubbiamente inscindibile, come è anche nota la storia e la tradizione che associa i partenopei alla bevanda, ma è pur vero che in Italia è stato il nord-est, nel 1615, il primo punto di “approdo” dei sacchi di caffè, grazie ai commerci che i veneziani intrattenevano con i turchi. Del resto, furono sempre i turchi che nel 1683, dopo aver tolto l’assedio a Vienna, fecero scoprire il caffè agli asburgici (nel cui impero Trieste aveva il ruolo di porto principale), poiché lasciarono abbandonati sul campo sacchi contenenti caffè. caffè Italia

Trieste e la diffusione del caffè

La particolare posizione e la sua storia complessa hanno contribuito a generare una città vibrante e multiculturale con una forte identità culturale dove il caffè è stato, per secoli e ancor fino ad oggi, strumento di promozione economica, sociale ed anche intellettuale. caffè Italia

Caffetteria storica letteraria con libreria
Caffè storico letterario con libreria all’interno

Infatti, Trieste, fin dall’epoca romana, era dotata di uno scalo portuale piuttosto rilevante, che diventò un importante porto commerciale grazie agli Asburgo, in grado di collegare l’Impero Austro-Ungarico con l’Oriente e il Mediterraneo. La città divenne un crogiuolo di culture, lingue e religioni, con una presenza significativa di slavi e di italiani, ma anche di comunità provenienti dalla Grecia, dalla Turchia e dai paesi a questi limitrofi. caffè Italia

Nel 1719, Carlo VI d’Asburgo proclamò il “porto franco” a Trieste, che ebbe ulteriore impulso con l’arrivo di Maria Teresa sul trono d’Austria. Questa, grazie a consistenti investimenti sullo scalo marittimo, permise il suo ampliamento e il potenziamento delle strutture, poiché di vitale importanza per l’economia dell’intero Impero asburgico, diventando uno dei maggiori porti commerciali d’Europa.

Le politiche dell’Imperatrice asburgica in materia doganale influì positivamente nella diffusione del caffè, perché le operazioni d’importazione effettuate a Trieste godevano di dazi assolutamente favorevoli. I primi carichi di caffè, prodotti in Etiopia e Yemen e provenienti da Venezia e dall’Impero Ottomano, giunsero al porto di Trieste nei primi anni del diciottesimo secolo. caffè Italia

Grazie ai vantaggi doganali, le ingenti quantità di caffè crudo giunte in città determinarono la nascita di una classe imprenditoriale dedita alla sua lavorazione per renderlo edibile, creando una filiera produttiva che dalla tostatura della materia prima giungeva fino al prodotto finito. Inoltre, accanto alla lavorazione del caffè venne a crearsi un consistente indotto economico e finanziario, con lo sviluppo di attività di servizio quali agenzie di assicurazioni, di import/export, istituti bancari e così via. Nei primi anni del Novecento venne istituita in città la Camera di commercio unitamente alla Borsa del Caffè. Tutto questo, unitamente alle altre attività imprenditoriali e commerciali, comportò un clima di prosperità e benessere che durò per poco meno di due secoli. caffè Italia

I caffè storici

Come abbiamo visto, l’arrivo in porto del caffè e le relative attività di torrefazione avevano sviluppato in città un indotto economico piuttosto importante e già nella seconda metà del diciottesimo secolo vennero aperte le prime botteghe del caffè, che ebbero ampia diffusione nel corso dei primi decenni del secolo successivo: nel 1815 su una popolazione di poco più di trentamila abitanti erano presenti in città circa quaranta caffetterie. caffè Italia

La caffetteria diventava un punto di riferimento per il triestino, dove, oltre a sorbire la bevanda, s’intratteneva a leggere, scrivere e dialogare. Erano locali, oggi noti come caffè letterari, dove ci si incontrava per parlare di politica, di cultura, di scienza, dove spesso furono ospitati e trovarono ispirazione poeti, musicisti o grandi scrittori, tra i quali James Joyce, Italo Svevo o Umberto Saba, solo per citarne alcuni. Ancora oggi questi locali conservano l’antico carattere di punto di aggregazione cittadino, dove sovente vengono organizzati incontri e dove ordinariamente continuano ad essere frequentati da intellettuali contemporanei. caffè Italia

Caffè storico con mobilio originale ottocentesco

In fondo il fascino di Trieste è dovuto anche a questi storici locali, ancora arredati in stile ottocentesco e dall’austero aspetto austroungarico, come da antica tradizione viennese, in piena sintonia con l’elegante architettura dei palazzi del centro cittadino.

Sono diversi i “caffè” che meriterebbero una menzione: dall’Antico Caffè San Marco, con all’interno una libreria, aperto nel 1914 in via Cesare Battisti, al Caffè degli Specchi, inaugurato nel 1839, in Piazza Unità d’Italia, dal Caffè Stella Polare, aperto nel 1867, in via Dante 14, al Caffè Tommaseo, in attività dal 1830, solo per citarne alcuni di un elenco ben più corposo. caffè Italia

Il caffè e i triestini

Si potrebbe iniziare con il dire che i triestini sono gran consumatori di questa bevanda: è stato calcolato un consumo pro capite di circa dieci chilogrammi di caffè, il doppio rispetto alla media nazionale. caffè Italia

Non a caso la cultura del caffè a Trieste ha una prerogativa tutta propria, assolutamente da non sottovalutare. Lo dimostra il fatto che per ordinare un caffè in un qualsiasi bar cittadino è necessario adottare uno specifico lessico del tutto diverso dal resto d’Italia. caffè Italia

Il capo in B triestino

Ecco la tabella di conversione: per un espresso si dovrà ordinare un “nero”, un “nero in B” se lo si vuole al “vetro” o bicchiere; un espresso macchiato corrisponde al “capo”, qualora lo si chiedesse “in B”, verrà servito un espresso macchiato in un bicchiere, di dimensione un po’ più grande di una tazzina; ordinando un “gocciato” o “goccia” si otterrà un espresso con una goccia di crema di latte al centro; se si desidera un cappuccino sarà necessario ordinare un “caffelatte”, altrimenti si otterrebbe un capo.

Tutto questo vale solo per Trieste. Il resto della Regione segue la normale dialettica utilizzata nel resto d’Italia. caffè Italia

Il Distretto del caffè

Attualmente a Trieste si concentrano le principali industrie del settore e fanno di questa città il più importante mercato italiano del caffè ed il notevole sviluppo dell’intero tessuto imprenditoriale, che rappresenta l’intera filiera commerciale e manifatturiera, dall’arrivo del chicco crudo di caffè fino alla tazzina del bar.

Il commercio del caffè a Trieste gestisce circa il 20-30% delle importazioni italiane, con aziende di torrefazione dotati di impianti moderni per la lavorazione del caffè, laboratori di analisi e di ricerca di livello, coadiuvate da strutture per la ricerca e la formazione. Per questo motivo è possibile parlare di ‘Distretto del caffè di Trieste’: una realtà industriale, riconosciuta a livello nazionale e internazionale. caffè Italia

Si è voluto dare uno spunto, un momento di riflessione, forse anche un breve fatto di costume, probabilmente non a tutti noto, di un singolo aspetto di una città che ha trovato la sua prosperità, almeno in parte, nel caffè. Allora è Trieste la capitale del caffè in Italia? La risposta è, ancora una volta, no. La questione è che non è possibile attribuire univocamente questo titolo ad una o all’altra città, perché in entrambe la cultura del caffè è talmente radicata tanto da essere evidente negli usi e nelle abitudini di vita delle rispettive cittadinanze. Pensiamo al “caffè sospeso” a Napoli, una consuetudine che dimostra l’importanza della bevanda nella vita cittadina, tanto da essere necessario inventare, come solo la fantasia napoletana sa fare, un efficace strumento di solidarietà nei confronti di coloro che non possono permettersi anche solo una tazzina di caffè al bar.  Anche la vita cittadina triestina ruota intorno a questa bevanda e del resto non a caso è stato dedicato uno specifico linguaggio per ordinare un caffè al bar, che solo un triestino riesce veramente a padroneggiare.

In realtà Trieste e Napoli, per quanto diverse fra loro, più che rivali dovremmo imparare a considerarle compagne in questa lunga “avventura” legata al caffè, insieme a tante altre città italiane a cominciare da Palermo a Venezia, da Roma a Bari e così via. 

In fondo parlare di caffè dal punto di vista storico, economico o commerciale potrebbe essere riduttivo, perché in conclusione ognuno di noi davanti una tazzina di caffè spesso si fa pace con se stessi e con gli altri. A quanti di noi sarà capitato di porre fine ad un’accesa discussione ponendo l’invito: “va beh! Andiamoci a prendere un caffè”.

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