La favola del “andrà tutto bene” mostra le prime crepe. Come non soccombere alla psicosi da quarantena

Intervista al Dr. Antonio Marco Campus

I balconi delle città italiane sono abbelliti da striscioni con iscritti messaggi positivi. Sui social network si moltiplicano le dirette che catturano le serenate come inno alla vita, cantate da balcone a balcone. Gli ultimi servizi dei telegiornali sulle reti nazionali spesso mostrano brevi video in cui dolci bambini strimpellano degli strumenti e cantano delle canzoncine commuoventi. Ma nonostante tutta quest’ondata di favolistica positività che cerca di avvolgerci come una calda coperta, bisogna fare i conti con un doloroso rovescio della medaglia. Lontani dai riflettori rimangono le persone non direttamente interessate dall’infezione, ma la cui psiche è molto tormentata.

I due volti della popolazione italiana

   

Quali effetti devastanti su costoro ha la quarantena?

Prigionieri della mente

Da inizio Marzo il Governo ha decretato una serie di provvedimenti per contrastare la diffusione del COVID-19. Una delle misure più restrittive, imposta su tutto il territorio nazionale,  si riferisce agli spostamenti delle persone: senza una valida ragione è richiesto restare a casa. Il ritrovarsi isolati, confinati dentro la propria abitazione senza poterne uscire, il non poter avere rapporti interpersonali diretti, la noia e la coazione a ripetere sempre gli stessi atti, può comportare un aumento degli scompensi psichici. Molti soggetti hanno iniziato a manifestare attacchi di panico, claustrofobia, episodi depressivi sempre più frequenti. Ma anche stati ansiosi a carattere ipocondriaco, momenti di depersonalizzazione e derealizzazione traducibili in una fuga dalla realtà a livello immaginario.

La psicologia come ancora di salvezza

L’intervistato è il Dr. Antonio Marco Campus: psicologo clinico, criminologo psicodiagnosta ed esperto in sessuologia clinica.

La quarantena ci condanna a una gabbia d’oro, che è la nostra casa. Questa forzata reclusione può condurre un individuo a compiere atti pericolosi per sé e per gli altri. Ad esempio coloro che pur risultando positivi al COVID-19 girano incuranti per la città. Collegandomi ad uno dei suoi articoli scientifici, intitolato “La depressione come prigione dell’anima”, vorrei chiederle se è possibile collegare la tematica di questo articolo alla situazione d’emergenza in cui conviviamo oggi?

Sono collegabili nella misura in cui ci troviamo di fronte a delle personalità fragili e poco strutturate. Coloro che sono positivi e ignorano la quarantena possono essere inquadrati come soggetti potenzialmente inclini ai tratti antisociali, restii ad osservare le leggi e non curanti delle conseguenze per se stessi e per gli altri. I soggetti depressi tendono a vivere molto male questa quarantena, alcuni arrivano a commettere atti di aggressività autodiretti. Manifestando quindi tratti autolesionistici e nei casi più gravi sviluppano dei tentativi di suicidio.

Il COVID-19 oltre a mietere vittime, aumenta le probabilità di violenza domestica. Molti si ritrovano in quarantena con coinquilini o parenti, con cui già condividevano una situazione tormentata. Infatti è stato promosso dal Consiglio dei Ministri, in particolare dal Dipartimento delle pari opportunità, un servizio di help line contro la violenza e lo stalking. Volevo sapere se per Lei è una misura sufficiente o bisogna fare qualcosa in più per tutelare, ad esempio le donne?

Sicuramente si dovrebbe fare molto di più per quelle donne confinate dentro la propria abitazione con un uomo che usa contro di loro violenza fisica, verbale e psicologica. Queste situazioni hanno avuto un incremento notevole e sommerso soprattutto in questo periodo. Credo aumenteranno nelle prossime settimane. Sarà più drammatica la ferocia e l’intensità dei comportamenti violenti dei mariti, compagni o familiari. Poiché questa situazione di privazione della libertà porterà queste personalità già gravemente disfunzionali, ad un deficit nella gestione del controllo  degli impulsi aggressivi. Però non si tratta di un problema che coinvolge solo le donne, ma anche tutti quei ragazzi che vivono all’interno del proprio contesto familiare non essendo accettati dai genitori per la propria omosessualità. Si tratta quindi di un problema piuttosto trasversale per cui occorre chiedere aiuto alle forze dell’ordine o ad una figura professionale qual è lo psicologo.

Quali obiettivi possiamo porci in questo periodo di quarantena? Cosa possiamo fare per non diventare prede della depressione e vivere al meglio questa quarantena?

L’essere umano ha una incredibile capacità di adattamento e di affrontare situazioni avverse tramite la resilienza. Quest’ultima è la capacità che l’individuo attua in situazione avvertite come fortemente stressanti per modificarle o trasformarle in qualcosa di potenzialmente positivo. La resilienza è quella capacità che ci permette di riorganizzare positivamente la nostra vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirci restando sensibili alle opportunità positive che la situazione o la vita ci offre, senza alienare la nostra identità.

Possiamo vivere meglio questa quarantena attraverso piccoli escamotage: impegnare la giornata alla lettura ma anche alle banalità quotidiane. Occorre anche impegnare il tempo con la progettualità futura su cosa faremo finita dalla quarantena. Inoltre se gli episodi depressivi e gli stati ansiosi emergono più significativamente in questo periodo, non bisogna allarmarsi ma chiedere aiuto ad un professionista.

Vorrei adesso soffermarmi sul fenomeno del capro espiatorio. Ovvero l’ergersi a giudici, criticando il resto della società. Cosa ne pensa a riguardo?

In alcune personalità la frustrazione impone di essere portata all’esterno, ma non sempre attraverso la ricerca di un capro espiatorio. Accusare gli altri tramite social network o dal balcone di casa in modo impulsivo e indiscriminato, crea un substrato di odio e di rancore che non può portare a nulla di positivo. La quarantena avrebbe potuto aiutarci ad alimentare il sentimento di patriottismo e di solidarietà, ma purtroppo tale aspetto è stato vissuto e raggiunto solo da una parte del popolo italiano. La dinamica del capro espiatorio ne ha minato la potenzialità dando origine a condotte egoistiche e aggressive seppur di una piccola ma crescente porzione di cittadini. Oggi la tenuta sociale del Paese è rischio a livello economico tanto quanto a livello psicologico.

Cosa potrebbe dirmi in merito al suo lavoro in questa situazione d’emergenza? Ci sono delle persone che si rivolgono a Lei online ?

Io non ho mai smesso di lavorare né in studio, né con le terapie a domicilio a Roma e in tutto il Lazio. Soprattutto con i pazienti indifferibili che presentano quadri clinici importanti. Ovviamente attuando un protocollo molto rigido, per il contenimento del contagio dal COVID-19. Alcune persone si sono rivolte a me cercando aiuto anche attraverso i social network. Tuttavia si comincia a riscontrare una difficoltà a rivolgersi agli psicologi privati, perché la maggior parte della popolazione italiana si ritrova in cassa integrazione e talvolta senza aiuti economici. Anche ciò fa aumentare lo stato di ansia e frustrazione, quindi bisogna intervenire anche in tal senso.

Nessun uomo è un’isola ma un vulcano dai lapilli creativi

Chiedere aiuto ad un psicologo può abbattere le barricate della psicosi provocata dalla quarantena. Bisogna anche fare appello alla nostra forza interiore e dare sfogo alle nostre skills in maniera edificante. Inoltre la quarantena può essere l’occasione per fortificare i legami con i nostri cari. Le possibilità sono molteplici: tagliare i capelli in disordine della nostra sorellina, preparare il thè delle cinque per tutta la famiglia, chiamare quella persona lontana che non sentiamo da tempo. Quindi l’amore sanerà le crepe causate dalla psicosi dentro di noi.

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

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