Dalla brillante mente di Camillo Ricordi,un atto d’accusa contro un sistema, che non cerca rimedi definitivi per il diabete che nel mondo, ogni anno, fa più vittime del cancro stesso.Il motivo è la cura e il trattamento della malattia con costosissimi ” cerotti”, quindi possiamo sicuramente affermare per business.Anche se lui un idea ce l’avrebbe.
L’obbiettivo di Ricordi è sicuramente la cura definitiva del diabete. Non possiamo rassegnarci ad un sistema che vuole trattare con procedure che sono solo cerotti su ferite: ” così le ferite non guariranno mai” , spiega, «Stiamo lavorando sulla possibilità di utilizzare le cellule adipose e riprogrammarle per renderle capaci di produrre insulina e così trapiantarle in maniera mirata nel pancreas dei malati», spiega Ricordi. «Come tutte le terapie che prevedono un trapianto anche noi somministriamo farmaci anti-rigetto, per questo motivo la mia terapia è applicabile ad oggi a circa il 5% dei pazienti , i più gravi. Ma stiamo lavorando al Politecnico di Losanna sulla possibilità di incapsulare queste cellule dentro membrane particolari semi-impermeabili, così da eliminare i problemi di rigetto».
Appare duro il linguaggio,forte la fermezza e l’accanimento con il quale lo scrittore attacca il sistema farmaceutico che tramite l’insulina incassa cifre vertiginose.
A ridosso della Giornata del Diabete, celebrata il 14 novembre, è uscito il suo libro scritto a quattro mani con Daniela Ovadia; per sensibilizzare su una patologia che conta 200 milioni di malati nel mondo, e che secondo le stime sono destinati ad aumentare nel 2030, 366 milioni perchè di diabete ci si può solo ammalare.
Lo scrittore sostiene che il business legato alla malattia solo negli U.S.A. ammonta a 210 miliardi di dollari annui insostenibili per per la sanità.
Il libro è rivolto ai malati con un quadro facilmente comprensibile della patologia e consigli che consentono a tutti di evitare di ammalarsi di diabete II (non genetico). Per esempio non fare una dieta da diabetico ma mangiare sano e fare attività fisica è un buon presupposto per ridurre del 50% il rischio.
Rivolge le sue attenzioni anche al diabete di tipi I che colpisce bambini e giovani. L’approccio è rivoluzionario, perchè il dottore si fa paladino dell’eliminazione di tutte quelle barriere economiche – culturali – istituzionali che si frappongono tra ricerche e ricercatori, ponendo alla base degli studi una piattaforma dati comune, dice, ” Penso che rallentare lo scambio di informazioni sia criminale. Con una piattaforma comune si possono premiare ugualmente creatività e innovazione, mettendo in rete i laboratori come se lavorassero fisicamente tutti nello stesso posto”.
Altro fronte sul quale il professore ripone grandi speranze sono le staminali, da utilizzare per ” sostituire le cellule distrutte e farle rigenerare”.
Nel frattempo si accinge anche a migliorare la vita dei pazienti: sono stati introdotti da lui i cinque giorni intensivi che coinvolgono malati ( in caso di minore età anche i genitori) e specialisti per permettere ai primi ad accettare la malattia e riuscire a convivere con lei: ” è importante imparare a gestire le situazioni e non lasciarsi dominare dalla malattia.
Cinquantacinque anni, sposato, con tre figli. Partito da una famiglia di musicisti, discendente di Giovanni Ricordi fondatore della casa editrice musicale; invece della scorciatoia del rampollo agiato o la via maestra già spianata dagli avi, Camillo ha scelto percorsi alternativi allo spartito musicale: il bisturi.
Studia in America dove riceve una borsa di studio all’ Università del Miussouri. Il suo acume viene riconosciuto tanto che gli Americani gli danno fiducia raccogliendo fondi per le sue ricerche ottenendo risultati brillanti. L’italiano non delude.
Ora insegna all’università di Miami e ne dirige il Diabetes Research Institute.
C’ è chi pensa che la prossima destinazione sia il Nobel.
Alla fine la musica è sempre quella: ribelle.