Roma è una delle città storiche per eccellenza. Camminando tra le vie del centro, ammirando i monumenti, può capitare di immaginarsi come doveva essere un tempo la vita in quei luoghi. Andando verso piazza San Pietro, tra le tante strade di accesso via della Conciliazione è la più suggestiva, con la sua ampia vista direttamente sulla basilica. Eppure, solo cento anni fa la zona era molto diversa: dove oggi camminano i turisti una volta c’erano delle costruzioni, conosciute nel loro insieme come la “Spina di Borgo”. La Spina di Borgo e la sua distruzione Direttore responsabile: Claudio Palazzi
La Spina di Borgo (o Spina dei Borghi) era appunto un insieme di edifici, situato all’interno del rione Borgo, delimitato ai lati da due strade, Borgo Nuovo e Borgo Vecchio, e agli estremi da piazza Pia e piazza Rusticucci (oggi piazza Pio XII). L’assetto urbanistico aveva una forma triangolare, con la punta rivolta verso Castel Sant’Angelo, che ricordava la balaustra posizionata lungo la pista dei circhi romana, chiamata spina e da cui il nome. Tra gli edifici vi erano diversi palazzi rinascimentali, un ospedale, alcune chiese, e l’intero agglomerato era diviso dalla piazza Scossacavalli, nella quale era collocata una fontana del Maderno.

Vecchio e Nuovo

Fino all’età rinascimentale, Borgo Vecchio fu una delle due sole vie di collegamento tra la basilica vaticana e Castel Sant’Angelo – l’altra era Borgo Santo Spirito, ancora oggi esistente. Secondo alcuni studiosi, la sua origine risaliva all’età romana, lungo il tracciato di quella che allora era la via Cornelia. La strada fu molto curata dai papi durante il Medioevo, periodo nel quale assunse la denominazione di Via Sancta, venne anche restaurata dopo due incendi, ma ebbe un periodo di decadenza durante la permanenza del pontefice ad Avignone. Con l’apertura di altre vie d’accesso alla basilica, la via, rinominata Borgo Vecchio nel 1570, perse importanza e venne relegata a strada locale, risultando così più tranquilla e appartata.

Nel 1499, in vista del giubileo del 1500, papa Alessandro VI fece costruire la quarta via di collegamento tra piazza San Pietro e Castel Sant’Angelo (nel 1475 era stata costruita Borgo Sant’Angelo). La strada venne chiamata via Alessandrina e nei primi anni vi si svolsero diversi eventi popolari quali le corse degli animali. Nel corso del XVI secolo la via divenne un importante centro rinascimentale, assunse la denominazione Borgo Nuovo nel 1570, e fu soggetta ad una forte febbre edilizia. Si diffuse la moda di decorare le facciate degli edifici con affreschi e graffiti, di cui oggi rimane traccia in un solo edificio nel Vicolo del Campanile. Mentre Borgo Vecchio rimase una città semplice e popolare, Borgo Nuovo fu, fino alla sua demolizione, una strada ricca, trafficata e prestigiosa.

La Spina di Borgo in una mappa di Giovanni Battista Nolli del 1748 (wikimedia)

Effetto

La Spina, grazie ai palazzi, alle chiese e agli altri edifici di cui era composta, aveva una grande importanza architettonica. Inoltre, essa divenne parte di un preciso effetto visivo dopo la costruzione della moderna basilica di San Pietro: Gian Lorenzo Bernini, nella progettazione del colonnato ellittico, simboleggiante l’abbraccio della Chiesa al mondo intero, fece in modo che il portone bronzeo della Scala Regia fosse allineato con Borgo Nuovo; in questo modo, i pellegrini, uscendo dalla spina, si trovavano di fronte la piazza e la basilica in tutta la loro maestosità, e potevano godere di un bellissimo scorcio tra le colonne.

In un’intervista per “30 giorni” nel 2000, Alberto Sordi ricordò questa sensazione.

“Avevo quattro anni quando vidi per la prima volta San Pietro e fu proprio per il Giubileo del 1925. Ero in compagnia di mio padre, venivamo da Trastevere, dove ero nato in via San Cosimato e dove vivevo con la mia famiglia. Arrivammo percorrendo i vicoli, che poi furono distrutti, di Borgo Pio (sic): un ammasso di casupole, piazzette, stradine. Poi, dietro l’ultimo muro di una casa che si aprì come un sipario, vidi questa immensa piazza. Il colonnato del Bernini, la cupola. Un colpo di scena da rimanere a bocca aperta. Ecco, quello che ricordo di più di quel Giubileo fu questa sorpresa.”

Distruzione

La Spina di Borgo ebbe una storia travagliata: fu modificata più volte, venne ricostruita in seguito a vari incendi, si allagò in seguito alle inondazioni del Tevere, rischiò più volte di scomparire. Durante l’occupazione francese nel XIX secolo si decise per la demolizione, ma il progetto fu bloccato dopo la caduta di Napoleone e le sole tre case distrutte furono ripristinate. Negli anni del regime fascista si diffuse la corrente del Razionalismo architettonico, basata su massicci volumi, dalle rigide e squadrate figure geometriche, e sulla quasi assenza di decorazioni. Formatesi nello stesso periodo, l’architettura razionalista e l’ideologia fascista spesso si fusero, l’una al servizio dell’altra. Il regime promosse un ampio programma di rinnovamento urbanistico, con il ridisegno di alcune aree urbane, la costruzione di edifici e monumenti, la creazione di quartieri residenziali e zone industriali, addirittura la fondazione di nuove città quali Littoria (l’odierna Latina).

Nel corso degli anni ’30 vi fu un’evoluzione nelle composizioni, sempre più monumentali e scenografiche. Principale interprete di questa tendenza fu l’architetto Marcello Piacentini, incaricato, insieme al collega Attilio Spaccarelli, di progettare una grandiosa via che collegasse Castel Sant’Angelo a piazza San Pietro, sacrificando proprio la Spina di Borgo. Il 29 Ottobre 1936 Mussolini in persona diede la prima picconata. Un anno dopo la Spina non esisteva più e la basilica vaticana era diventata visibile da Castel Sant’Angelo.

I due architetti decisero, per motivi di prospettiva e per evitare la demolizione di Palazzo dei Penitenzieri, di costruire la nuova via seguendo l’allineamento di Borgo Vecchio, e ciò consentì di salvaguardare il lato sud, tuttora esistente, dell’antica strada. Il resto della Spina fu raso al suolo e solo alcuni dei palazzi distrutti furono poi ricostruiti. Scomparvero, tra gli altri, la Piazza Scossacavalli, la chiesa di San Giacomo e palazzo Sauve che, con una caratteristica fontana incorporata nella facciata, segnava l’accesso orientale alla Spina. La fontana del Maderno venne rimossa e ricollocata, solo nel 1958 e dopo essere stata danneggiata, in piazza Sant’Andrea della Valle, di fronte all’omonima basilica. Gli abitanti degli edifici distrutti vennero costretti a trasferirsi nelle borgate e sull’area venne costruita via della Conciliazione, simbolo della riappacificazione tra il Regno d’Italia e la Santa Sede suggellata dai Patti Lateranensi del 1929, inaugurata in occasione del Giubileo del 1950.

Piazza Scossavalli, con la chiesa di San Giacomo e la fontana del Maderno, durante la demolizione (Istituto Luce)

Polemiche

Via della Conciliazione è un’opera controversa e ampiamente dibattuta, tanto che i libri di storia dell’arte non si fanno scrupoli a definirla “uno scempio” e “una semplice operazione di propaganda”. Le critiche riguardano soprattutto la scelta di sacrificare gli antichi borghi, preziosa testimonianza storica e artistica, in nome di un retorico monumentalismo celebrativo della nuova Roma imperiale. La storia della Spina di Borgo è sempre stata segnata da distruzione e ricostruzione – la stessa Borgo Nuovo richiese la demolizione di diversi edifici antichi per essere costruita – e, sebbene sia recente, è scarsamente conosciuta. Oggi si cerca di conservarne il ricordo, attraverso mostre fotografiche, articoli, rappresentazioni in 3D, sfruttando le tracce che fortunatamente sono rimaste. Così, andando verso la basilica di San Pietro, si potrà fantasticare, immaginare di percorrere Borgo Nuovo, visitare i negozi, rinfrescarsi alla fontana, per poi uscire dalla Spina e lasciarsi avvolgere dall’abbraccio del colonnato.

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