A Roma da diversi anni è nata e si sta sviluppando una scena comica vivace e interessante. Classe 1988, Gabriele Antinori si è avvicinato alla stand up comedy nel 2015, ha preso parte a numerosi programmi di Comedy Central e da qualche mese a questa parte ha ricominciato gli spettacoli live. La sua priorità è portare sul palco temi sociali cruciali in un’ottica di ampio respiro. In questo periodo di covid però non è affatto facile trovare il modo di esibirsi come prima. La stand up ai tempi del covid: intervista a Gabriele Antinori Claudio Palazzi
I tuoi monologhi sono piuttosto anticonvenzionali, ti ispiri a qualcuno?
Propongo semplicemente il mio punto di vista cercando di essere originale il più possibile. Tanti sono i comici che mi hanno ispirato e che continuano a farlo: George Carlin, Bill Hicks, Lenny Bruce, Ricky Gervais, Louis C.K., Bill Burr, Sarah Silverman, ma anche artisti italiani come i Guzzanti, Natalino Balasso, Daniele Luttazzi e Paolo Villaggio. Sicuramente però il mio principale punto di riferimento è Doug Stanhope, che a mio parere è il miglior comico attualmente in circolazione. Quello che mi colpisce maggiormente è che nonostante esprima i concetti in modo brutalmente crudo ed onesto, abbia una sensibilità fuori dal comune.
Qual è il tuo pensiero riguardo la censura?
I censori purtroppo esistono da sempre; venne censurato persino Aristofane. Negli anni ‘60 in USA Lenny Bruce venne arrestato più volte per oscenità e condannato a pagare cifre astronomiche per aver pronunciato parole che oggi sono utilizzate praticamente da chiunque. Quelle che cambiano sono le modalità censorie in base ai tempi ed alle aree geografiche. Oggi in Italia in una situazione di live (negli spazi adatti) si può dire praticamente di tutto. Per quanto riguarda la tv la situazione è un po’ diversa: ci sono contesti più liberi ed altri in cui la satira non è contemplata, così come l’utilizzo di alcuni termini, ma è più che altro una censura preventiva (se parli di determinati temi non ti faccio registrare il monologo). C’è da dire che tendiamo a vedere sempre il censore come una persona fisica che ricopre un ruolo di potere, ma spesso è il pubblico che cerca di censurarti: oggi chiunque si sente in diritto di piagnucolare perché si sente offeso per qualcosa e pretende che tu quel qualcosa non lo dica. A questo punto il comico può regolarsi di conseguenza: continuare a dire liberamente quello che vuole, con il rischio però di rimanere più “underground”, oppure assumersi meno rischi possibili in favore di una comicità più “addomesticata”.
Un elemento essenziale per intraprendere il tuo lavoro?
Se dovessi sceglierne uno direi l’autoironia. È l’elemento fondamentale da cui partire per poter fare questo lavoro: per mettere in ridicolo ciò che ci circonda è necessario in primis ridicolizzare noi stessi. Ovviamente l’autoironia da sola non basta, va affiancata ad un po’ di studio (che comprende anche l’osservare gli altri comici in scena), una discreta costanza e tanta pratica. Un’altra cosa che personalmente mi aiuta molto è il confronto con gli altri comici e non solo, chiunque può darti un buon consiglio o fornirti un punto di vista che non avevi considerato, basta solo ascoltare.
Progetti per il futuro?
Sono felice che da quest’estate si sia tornati a fare live perché salire sul palco è la cosa che mi da maggiore soddisfazione… mi fa anche cagare addosso ogni volta, ma fa parte del gioco… e fortunatamente ho parecchie mutande. Sto finendo di scrivere il nuovo spettacolo e lo sto provando a pezzi in varie serate a Roma, dunque a breve vorrei portarlo in giro per l’Italia. Poi ho in programma altri progetti per il web, che vista la mia pigrizia probabilmente realizzerò intorno al 2069… o più probabilmente li realizzerà mio figlio.
Gli ultimi due anni hanno portato molti cambiamenti nel mondo dello spettacolo dal vivo. Cosa ne pensi?
Certamente con l’arrivo della pandemia la situazione è cambiata. Chi faceva principalmente spettacoli live si è dovuto arrangiare esclusivamente con altri mezzi come Zoom, Twitch, Youtube, TikTok. Realizzare contenuti sul web però è qualcosa di completamente diverso: non hai il contatto diretto con le persone, non senti l’energia della sala e devi un po’ adattare la tua comicità a quel mezzo. Ora che per fortuna gli spettacoli sono ripartiti c’è stata un’ottima risposta da parte del pubblico e questo sicuramente fa ben sperare.
Rispetto a come è stata gestita la crisi economica nell’ambito teatrale avresti qualche suggerimento?
Sicuramente poteva essere gestita meglio. L’arte e lo spettacolo giocano un ruolo sicuramente importante all’interno della società perché permettono all’individuo di sviluppare lo spirito critico e di evolversi socialmente. Senza contare che l’industria dello spettacolo coinvolge un alto numero di lavoratori e smuove grandi quantità di denaro, specialmente in un paese come l’Italia dove la cultura insieme al turismo se potenziati, potrebbero portare enormi benefici. Purtroppo però sembra sempre che questi elementi vengano messi all’ultimo posto nella scala delle priorità. La pandemia come non mai ha evidenziato questo triste scenario. Far parte del mondo dello spettacolo presuppone spesso il dover svolgere lavori saltuari o stagionali e questo di per sé rende difficile ottenere una stabilità economica; se poi si verifica un blocco delle attività straordinario come è successo, la situazione diventa insostenibile senza delle misure adeguate.
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