Roma è tutta un trionfo di monumenti d’ogni genere, ma in fondo essa stessa è un monumento alla bellezza ed al fascino senza tempo.
I monumenti sepolcrali sono tra i più caratteristici e quelli della Roma imperiale sono anche i più importanti e grandiosi perché legati alla memoria di imperatori e condottieri che la resero immortale. Tra questi spiccano:
* il Mausoleo di Augusto
* la Mole Adriana, nota in tutto il mondo come Castel S. Angelo;
* la Piramide di Caio Cestio
* Il mausoleo di Cecilia Metella
e molti altri ancora i cui resti si possono notare lungo le strade consolari, oppure qua e là nell’agro romano che circonda la capitale.
Chi si trova a passare nel crocevia trafficatissimo di Porta Maggiore può notare a lato della Porta uno stranissimo monumento di forma sorprendentemente bizzarra e particolare. Si tratta di un monumento funebre.
E’ la Tomba di un Fornaio, un monumento funebre celebrativo, ma non riguarda un imperatore, né un console, né condottiero e nemmeno una personalità di spicco dell’antica Roma.
Riguarda, invece, un plebeo ricco e stravagante, desideroso, al pari degli imperatori e dei consoli, di essere ricordato per l’eternità.
La collocazione del sepolcro del fornaio, tale era la professione che lo rese ricco in vita, fu del tutto particolare e assai curiosa perché la scelta cadde nientemeno che su un tratto di uno degli acquedotti che portavano l’acqua a Roma.
La maestosa Porta Maggiore in origine era, infatti, un enorme acquedotto fatto costruire dall’imperatore Claudio nel 52 d.C. nel punto in cui scavalcava la via Labicana e la via Prenestina.
Subito fuori della porta, nello spazio ristretto formato da questa e dalle due vie, il fornaio Eurisace pensò bene di costruirvi la tomba per sé a futura memoria della sua benemerita attività.
Quello che ammiriamo ancora oggi a Porta Maggiore è, dunque, il sepolcro del fornaio Eurisace.
Il monumento è formato da blocchi di tufo con rivestimento in travertino ed ha una parte formata da cilindri ed un’altra completamente liscia. Su quest’ultima c’è un’iscrizione latina che recita:
Questo sepolcro appartiene a Marco Virgilio Eurisace,
fornaio, appaltatore, apparitore.
Eurisace era, dunque, un fornaio o, per dirla in modo più roboante, era proprietario di un’impresa di panificazione che forniva i suoi prodotti allo Stato. Fu anche “apparitore“, cioè ufficiale subalterno di qualche magistrato o di qualche importante sacerdote.
Che Eurisace fosse panettiere è confermato da vari elementi: dalla citata iscrizione funeraria, dall’urna con le ceneri della moglie Atistia, che ha la forma inconfondibile di una madia da pane, dai cilindri presenti nello stesso monumento sepolcrale, che erano quelli in cui veniva impastata la farina.
Nel fregio del sepolcro, inoltre, sono rappresentate tutte le attività connesse con la panificazione: si vede il grano posto su una grande bilancia (lato di Porta Maggiore), poi la molatura del grano e la setacciatura della farina (lato sud) e, per finire, c’è la pasta che viene messa in un recipiente cilindrico, la pezzatura dei pani e finalmente l’infornata.
Tutte le operazioni vengono eseguite dagli schiavi sotto l’attenta sorveglianza di un uomo con la toga: Eurisace!
Del fornaretto di Porta Maggiore non si sa nulla, ma si presume che fosse un liberto arricchitosi, come tanti altri, durante le guerre civili, verso la fine dell’epoca repubblicana e l’ inizio dell’ impero di Augusto.
Il monumento risale, infatti, all’incirca al 30 a. C.
La Tomba del Fornaio scomparve per quasi 1800 anni, perché la porta Maggiore fu inglobata nella cerchia delle Mura Aureliane (272 d.C.), rinforzata poi dal bastione di Onorio.
Il monumento fu, perciò, protetto per secoli e poi riscoperto nel 1838 quando il bastione fu demolito.