Attraversando il litorale romagnolo (ma anche in alcune altre zone d’Italia) non è raro incontrare una serie di strutture fatiscenti a pochi passi dal mare, definiti dei veri e propri “resti archeologici balneari”.

Si tratta delle cosiddette “colonie marine”. Esse nascono con una funzione ben precisa, ossia accogliere i malati di linfoadenite, una malattia infettiva simile alla tubercolosi che colpisce soprattutto i bambini.

E’ facile intuire che la posizione vicino alla spiaggia sia dovuta al fatto che l’acqua di mare e il calore si dimostrarono incredibilmente utili per il trattamento di questa malattia. Si inizia a parlare quindi di “cure talassoterapiche”.

Storicamente parlando, la prima nacque in realtà a Viareggio, nel 1822. A metà secolo le colonie aumentarono notevolmente, e soprattutto in regioni come la Toscana e l’Emilia Romagna.

Ma il periodo di maggior sviluppo di questa attività fu durante l’epoca fascista, quando assunsero la funzione di strutture dedicate all’educazione dei bambini, nonché al loro divertimento durante l’estate.

Ciò avveniva in linea con la politica del PNF, il quale si è dedicato infatti anche al sostegno alle famiglie meno ricche e all’educazione delle nuove generazioni.

Non è raro, perciò, avere in famiglia dei nonni che hanno avuto modo di vivere e crescere per alcuni periodi all’interno di questi grandi casolari, e che adesso vedono quegli stessi posti distrutti e a volte persino demoliti.                                                              Raccontano di come si trattasse di vere e proprie “cittadelle” che si dedicavano a 360 gradi all’infanzia dei bambini durante le vacanze, svolgendo molto sport, giochi di qualsiasi tipo e passando molto tempo libero sulle spiagge. E soprattutto, erano frequentate da qualsiasi classe sociale.

Sicuramente, la maestosità degli edifici e l’attuazione di una educazione basata sul rigore e sulla fisicità, facevano sentire questi bambini una componente importante della società, pronti a crescere valorizzando al meglio la propria identità nazionale. Ma alla fine, si racconta, che da parte dei bambini veniva presa come una vera e propria vacanza insieme ai propri coetanei, senza chissà quale rivoluzione nella loro percezione del Paese. Il regime era convinto che il tutto entrasse nelle teste dei ragazzini sotto forma di un qualche tipo di prima forma di pensiero e ideologia politica.

Sicuramente a lungo andare poteva anche essere possibile, soprattutto se le loro famiglie in primis cercavano di crescerli secondo i principi fascisti. Ma forse, in realtà, il messaggio era volto soprattutto al resto del popolo, come se si volesse mostrare come il fascismo ci tenesse alla cura dei più piccoli. Si trattava quindi anche di un obiettivo propagandistico.    Dopo il regime, però, esse non furono radiate poiché opera di uno dei periodi più neri della storia, in quanto gli venne riconosciuto il loro ruolo formativo ed emancipante.

Nonostante alcuni periodi di crisi, dato che la società occidentale si sviluppò, le colonie che sopravvissero si dedicarono ai bambini offrendogli un’esperienza completa, andando anche oltre all’importanza della salute fisica e degli altri principi fascisti. Si mescolò lo svago e il divertimento allo sviluppo delle relazioni sociali e al miglioramento per esempio delle lingue straniere, valori fondamentali nella nuova società moderna.

Con lo sviluppo industriale e il boom economico, molte famiglie migliorarono le proprie condizioni economiche, e le colonie non furono più una necessità per loro. Le famiglie si iniziarono a spostare direttamente verso le località balneari a cui siamo abituati oggi, in quanto questa forma di turismo ebbe a quel punto un notevole sviluppo.

Ma cosa ne è stato di quegli edifici al giorno d’oggi? Si può provare a chiederlo a chi ci è stato ed è ancora qui a poterlo raccontare, e accade addirittura che qualcuno viva ancora nelle prossimità, continuando a frequentare quel mare in cui trascorrevano le loro vacanze sotto la tutela delle colonie.

Molte di esse sono state demolite, qualcuna riutilizzata come casa di cura, club velici e altre attività nautiche, ma in tantissimi altri casi sono state abbandonate a loro stesse.

Gli scopi a cui potrebbero servire ad oggi sono tantissimi. Infatti, sorgere vicino a delle spiagge risulta utile sotto tantissimi punti di vista. Esistono infatti un’infinità di attività balneari che potrebbero necessitare di edifici al loro servizio. Anche dal punto di vista medico, il mare e le sue componenti possono essere di grande aiuto.

Un’idea ulteriore può nascere di fronte a una problematica evidente un po’ in tutto il Paese, e chi ha a che fare con la Romagna e alle zone limitrofe a questi ormai ruderi, può di certo confermarlo. Sono infatti tantissime le persone e famiglie straniere che arrivano in Italia, e la loro integrazione è di certo complicata. E’ fondamentale fare in modo che avvenga in una maniera tale da giovare sia a loro, che al nostro territorio. Riutilizzare edifici abbandonati come le colonie, ristrutturandole (ovviamente prendendo in considerazione quelle che sono riuscite a mantenersi meglio negli anni), potrebbe essere conveniente.

Questo eviterebbe anche spiacevoli episodi come l’occupazione abusiva, la quale spesso va a intaccare abitazioni di proprietà altrui o a scavalcare richieste di famiglie italiane che si ritrovano in attesa da mesi e addirittura anni.

La sistemazione di ciò che si può recuperare dal passato, sarebbe quindi capace di garantire pari diritti a chiunque si trovi nel nostro territorio, offrendo a tutti un tetto sotto cui vivere, e fra l’altro anche in delle località a dir poco suggestive. Ci si dedicherebbe quindi in contemporanea sia all’accoglienza che all’educazione, recuperando quindi anche i valori passati di queste strutture.

Dove la ristrutturazione risulterebbe inutile a causa delle pessime condizioni delle strutture, è sicuramente necessaria una pulizia della zona. Successivamente, il terreno ora ridiventato vergine potrebbe nuovamente servire ad ospitare strutture dalle più disparate utilità, come quelle sopracitate e non solo.

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