Nel corso degli ultimi anni, il mondo ha assistito a notevoli cambiamenti di carattere geopolitico che stanno ridimensionando le dinamiche globali in modo significativo. Le alleanze, gli accordi commerciali e la distribuzione del potere sono influenzati dalla competizione economica, tecnologica e militare sviluppatasi tra gli attori internazionali. Parallelamente, le dinamiche a livello regionale contribuiscono a ridefinire le mappe geopolitiche. In particolare la continua instabilità in alcune aree del globo ha conseguenze che si riflettono a livello mondiale.

LE CRISI IN AMERICA LATINA E L’INFLUENZA DELLA CINA

L’America Latina ha attraversato negli ultimi anni una serie di cambiamenti geopolitici significativi che hanno plasmato il panorama regionale.

La crisi in Venezuela ha radici profonde in questioni politiche ed economiche. Le violazioni dei diritti umani e la mancanza di democrazia hanno portato a una crescente pressione internazionale. La gestione dell’economia, caratterizzata da un’inflazione galoppante e da scarsità di beni di prima necessità, è stata la causa primaria della fuga di milioni di cittadini verso paesi confinanti. Questo ha dato il via ad una crisi umanitaria con impatti significativi su temi come la sicurezza regionale, provocando sforzi e difficoltà nel coordinamento tra le nazioni sudamericane per affrontare la situazione. Il governo del presidente Nicolás Maduro ha affrontato critiche a livello internazionale per presunte violazioni dei diritti umani e problemi di governance. Le tensioni tra Colombia e Venezuela rappresentano una diretta conseguenza dalla crisi interna venezuelana. Si tratta di tensioni multifattoriali, coinvolgendo questioni di sicurezza, traffico di droga e flussi migratori.

Come se non bastasse la pandemia ha messo a nudo tutte le disuguaglianze strutturali presenti nella regione. La distribuzione ineguale dei vaccini, la pressione sui sistemi sanitari e l’impatto economico rappresentano problemi costanti. La risposta a questi problemi richiederebbe una cooperazione regionale per garantire l’accesso equo al sistema sanitario, il sostegno economico e la condivisione delle migliori pratiche sanitarie. Il Mercosur, una volta pilastro dell’integrazione regionale sudamericana, si trova ad affrontare delle sfide significative e la stabilità è messa a dura prova dalle differenti visioni economiche esistenti tra Brasile e Argentina, le quali hanno messo a dura prova la solidità del blocco. La pandemia ha causato una contrazione economica significativa nei paesi membri del Mercosur. La riduzione delle attività commerciali, le interruzioni nella catena di approvvigionamento e la diminuzione della domanda interna ed estera hanno contribuito verso una recessione economica in diversi paesi dell’area. Il conseguente aumento della disoccupazione e la perdita di reddito portano a proteste e manifestazioni, evidenziando le sfide sociali exacerbate dalla crisi.

Nel corso degli ultimi anni è cresciuta l’influenza della Cina in Sud America, con notevoli impatti economici, politici e strategici nella regione. La Cina effettua considerevoli investimenti in progetti di infrastrutture e settori chiave delle economie sudamericane. Investimenti che hanno contribuito allo sviluppo di molte nazioni della regione, ma allo stesso tempo destano preoccupazione sulla dipendenza economica e sulla possibile perdita di sovranità.

La Cina sta stringendo numerosi accordi per l’acquisizione di risorse naturali sudamericane, come petrolio, gas, minerali e agricoltura. Questa sempre più crescente richiesta di risorse ha un impatto notevole sulla gestione delle risorse naturali nella regione e porta spesso a dibattiti riguardanti lo sfruttamento sostenibile e la tutela dell’ambiente.

Grazie all’utilizzo della diplomazia economica come strumento per consolidare relazioni politiche, la Cina ha spesso accompagnato i suoi investimenti ad accordi politici che consolidano le relazioni bilaterali. Questi rapporti vengono rafforzati dal fatto che alcuni paesi sudamericani vedano nella Cina un partner alternativo agli Stati Uniti e all’Europa, contribuendo a ridisegnare l’equilibrio di potere nella regione.

IL RIFLESSO DEL CONFLITTO TRA RUSSIA E UCRAINA

Il conflitto russo-ucraino è un insieme di eventi che ha avuto inizio nel 2014, quando la Russia ha annesso la Crimea, una regione che precedentemente apparteneva all’Ucraina, intensificato poi con il sostegno russo a favore di gruppi separatisti nelle regioni orientali dell’Ucraina, Donetsk e Luhansk. Nel febbraio 2014, durante le proteste filoeuropee chiamate “Euromaidan” a Kiev, il presidente ucraino Viktor Yanukovych è stato destituito e successivamente le truppe russe hanno occupato la Crimea. Il controverso referendum del marzo 2014, attraverso il quale la Russia ha annesso la Crimea ai suoi territori è stato ampiamente criticato e definito illegale dalla comunità internazionale. Successivamente gruppi separatisti sostenuti dalla Russia hanno preso il controllo di parti delle regioni di Donetsk e Luhansk, provocando uno scontro armato tra le forze ucraine e i ribelli sostenuti dalla Russia. Gli Accordi di Minsk, firmati nel settembre 2014 e nel febbraio 2015, hanno cercato di porre fine al conflitto. Tuttavia, le violazioni e gli scontri sporadici sono continuati, fino a giungere all’escalation del febbraio 2022.

In risposta alle azioni russe, gli Stati Uniti, l’Unione Europea e altri paesi hanno agito imponendo importanti sanzioni economiche contro la Russia. Queste sanzioni sono state mantenute e talvolta ampliate nel corso degli anni. Il conflitto ha avuto e continua ad avere un impatto significativo sulla popolazione civile, causando numerose vittime, sfollamenti e gravi difficoltà umanitarie.

La Russia continua a sostenere che il suo coinvolgimento nelle regioni ucraine sia dovuto al semplice risultato di un desiderio di autodeterminazione di alcune regioni ucraine e rappresenti la conseguenza di atteggiamenti politici dell’attuale governo ucraino. La comunità internazionale, tuttavia, accusa la Russia di compiere genocidi e crimini di guerra in Ucraina.

Il conflitto ha aumentato le tensioni diplomatiche non solo tra la Russia e l’Ucraina, ma con frequenti confronti sulla scena internazionale con gli Stati Uniti e i paesi della NATO.

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea svolgono un ruolo attivo e significativo nel condannare le azioni russe e nel sostenere l’Ucraina attraverso assistenza umanitaria, sanzioni e cooperazione militare e diplomatica. Date le complesse dinamiche, la situazione richiede vigilanza costante e sforzi internazionali per la risoluzione pacifica della guerra.

IL RUOLO DELLA CINA E LA QUESTIONE DI TAIWAN

Il ruolo della Cina nel contesto internazionale, in particolare nella sua relazione con Taiwan, rappresenta un tema delicato e complesso. La Cina considera Taiwan una parte integrante del suo territorio ed ha continuamente espresso l’intenzione di riunificare l’isola con il continente, se necessario, anche con l’uso della forza. Analizzando alcuni aspetti chiave del ruolo della Cina e del conflitto con Taiwan, la Cina sostiene il principio di “Una Cina”, implicando di conseguenza che Taiwan sia parte inalienabile della Cina. Tuttavia, Taiwan si autogoverna come una repubblica separata, con il nome ufficiale di Repubblica di Cina. La divisione tra Cina e Taiwan trova le sue radici nella guerra civile cinese degli anni ‘40, che ha visto come protagonisti gli scontri tra comunisti e nazionalisti. Nel 1949 i nazionalisti si sono ritirati a Taiwan, mentre i comunisti hanno stabilito la Repubblica Popolare Cinese sul territorio continentale.

Il presidente cinese Xi Jinping ha enfatizzato la necessità di realizzare la riunificazione di Taiwan con la Repubblica Popolare Cinese, seguendo come modello quello di “Una Cina, due sistemi”, applicato a Hong Kong. L’ aumento della presenza militare cinese e le attività di esercitazioni navali e aeree nelle vicinanze di Taiwan sono interpretate dagli Stati Uniti come un modo per esercitare pressioni sulla leadership taiwanese e indicare la volontà di intervenire militarmente, se necessario. La Cina cerca di isolare diplomaticamente Taiwan, cercando di impedirne il riconoscimento da parte di altri paesi, ma allo stesso tempo, Taiwan ha ottenuto un sostegno significativo da alcuni stati, soprattutto da quelli europei e dagli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti hanno una relazione complessa con Taiwan. Se da una parte non riconoscono formalmente Taiwan come uno stato, dall’altra parte hanno stabilito relazioni informali e forniscono assistenza militare, sostenendo il principio che porterebbe ad una soluzione pacifica attraverso il dialogo tra Cina e Taiwan. La questione di Taiwan ha attirato l’attenzione della comunità internazionale perché Taiwan è un attore chiave nella catena di approvvigionamento globale e ha relazioni economiche significative con la Cina. Questa dipendenza economica reciproca ha implicazioni per la gestione delle tensioni politiche. Taiwan continua a sostenere il suo diritto all’autodeterminazione e la sua indipendenza e la popolazione taiwanese ha espresso la volontà di mantenere il proprio sistema politico e di governo separato dalla Cina.

La situazione tra Cina e Taiwan rimane una delle questioni più delicate e potenzialmente pericolose nella geopolitica regionale e globale. Gli sforzi per la risoluzione pacifica delle tensioni rimangono cruciali, ma il contesto rimane complesso e instabile.

LA PIAGA DEL TERRORISMO E LA FUGA DALL’AFRICA

Il terrorismo in Africa è una preoccupazione crescente e rappresenta una minaccia significativa per la stabilità e la sicurezza del continente. Alcuni gruppi terroristici, spesso legati a ideologie radicali o movimenti separatisti, operano in varie regioni africane. Questi fenomeni possono avere legami con la crisi migratoria, poiché le persone cercano rifugio da aree colpite da instabilità, violenza e persecuzione. Tra i gruppi terroristici che maggiormente influenzano lo scenario africano troviamo:

Boko Haram, noto per la sua attività terroristica in Nigeria e nei paesi confinanti. Il gruppo ha perpetrato attacchi contro civili, istituzioni governative e strutture educative;

Al-Shabaab, attivo nella regione del Corno d’Africa e ha lanciato attacchi sia in Somalia che in Kenya. Il gruppo è affiliato ad Al-Qaeda e ha legami con altre organizzazioni terroristiche;

Jihadi Salafisti, gruppi jihadisti affiliati ad Al-Qaeda e all’ISIS, sono stati coinvolti in conflitti nel Sahel, come nel Mali settentrionale.

I conflitti etnici e religiosi spesso si intrecciano con le attività terroristiche. La competizione per risorse, i problemi di governabilità e le divisioni etniche o religiose possono alimentare il radicalismo. Alcuni gruppi terroristici in Africa hanno legami con organizzazioni globali come Al-Qaeda o lo Stato Islamico (ISIS). Ciò può amplificare la minaccia e rendere più complessa la gestione delle crisi. Gli attacchi terroristici hanno un impatto significativo sulla popolazione civile, causando sfollamenti di massa, distruzione di infrastrutture e gravi conseguenze umanitarie.

Un collegamento diretto con il terrorismo può essere trovato nel tema delle massicce migrazioni che negli ultimi si sono sviluppate dal continente africano verso l’Europa. I fattori che portano a queste migrazioni sono violazioni dei Diritti Umani ed instabilità politica e conflitti. Se nel primo caso la violenza, la persecuzione e le violazioni dei diritti umani sono spesso alla base della migrazione forzata, poiché le persone cercano rifugio da situazioni di pericolo, nel secondo caso la migrazione può essere scatenata da conflitti armati e persecuzioni, come nel caso di fuggitivi da conflitti in Sudan, Sud Sudan, Somalia e Libia

Molti migranti africani cercano di raggiungere l’Europa attraverso rotte trans-sahariane e mediterranee. Questi viaggi sono spesso pericolosi e possono esporre i migranti a gravi rischi. La crisi migratoria ha portato a sforzi internazionali per affrontare le cause sottostanti, migliorare le condizioni di accoglienza e gestire i flussi migratori in modo più umano ed efficace. Alcuni gruppi terroristici possono sfruttare la migrazione per infiltrarsi o muoversi attraverso le frontiere, sollevando anche preoccupazioni sulla sicurezza.

Un input allo sviluppo è dato dagli investimenti che la Cina ha fatto in Africa, finanziando ed eseguendo numerosi progetti infrastrutturali come strade, ferrovie, porti e impianti energetici. Questi progetti permettono la progressione dello sviluppo economico. Gli investimenti hanno fornito ai paesi africani l’accesso al capitale per progetti di sviluppo che altrimenti non sarebbero fattibili vista la situazione socio-economica del continente.

Le preoccupazioni a tal riguardo sono quelle secondo cui molti paesi africani potrebbero accumulare debiti significativi a causa dei prestiti cinesi. In alcuni casi, le condizioni e le finalità di questi prestiti sono state criticate perché potrebbero tendenzialmente contribuire al degrado ambientale e a beneficiare dei profitti potrebbero essere più le aziende cinesi piuttosto che le comunità locali.

La mancanza di trasparenza in alcuni accordi di investimento cinesi in Africa ha sollevato preoccupazioni per potenziali casi di corruzione e l’impatto sulla governance locale.

L’ESPANSIONE DEL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE

Il conflitto israelo-palestinese affonda le sue radici in una lunga e complessa storia, iniziata nel XIX secolo con il movimento sionista e l’arrivo degli ebrei in Palestina. Le tensioni si sono acuite nel corso del XX secolo con la creazione dello Stato di Israele nel 1948 e la conseguente esodo palestinese, noto come la Nakba (“Catastrofe”). La guerra del 1948, la guerra dei sei giorni nel 1967 e la guerra del Kippur nel 1973 hanno contribuito a plasmare i confini e le dinamiche territoriali della regione con la Cisgiordania, Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza che sono diventate aree centrali di contesa tra Israele e i palestinesi.

La costruzione e l’espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania continuano a rappresentare uno degli ostacoli principale nei negoziati di pace. La comunità internazionale considera gli insediamenti illegali secondo il diritto internazionale, ma il governo israeliano ha continuato a promuoverne la crescita. La situazione a Gerusalemme in particolare, con luoghi sacri per ebrei, musulmani e cristiani, è particolarmente delicata. Le dispute sulla sovranità e il controllo di siti come la Spianata delle Moschee per i musulmani e il Muro del Pianto per gli ebrei hanno alimentato le tensioni. Il blocco su Gaza, imposto da Israele e sostenuto dall’Egitto, ha avuto un impatto devastante sulla vita dei palestinesi in questa striscia densamente popolata. Le restrizioni all’accesso ai beni e alle risorse hanno contribuito all’acuminare di una crisi umanitaria, con gravi conseguenze per la salute, l’istruzione e l’occupazione.

Il gruppo Hamas, un’organizzazione considerata terroristica da diversi paesi, ha assunto il controllo della Striscia di Gaza nel 2007 e le sue attività militari e il lancio di razzi su Israele hanno portato a risposte militari, complicando gli sforzi di pace. Inoltre la mancanza di unità tra le fazioni palestinesi, con Fatah che controlla l’Autorità Palestinese in Cisgiordania e Hamas a Gaza, ha reso difficile raggiungere un fronte comune nei negoziati con Israele.

Gli Stati Uniti hanno tradizionalmente sostenuto Israele e sono un alleato chiave. Tuttavia nel corso degli anni, le amministrazioni statunitensi hanno variato le loro posizioni e i loro approcci. Il cosiddetto “processo di pace” è stato oggetto di numerosi tentativi, compresi gli accordi di Oslo nel 1993, ma non ha portato a una soluzione definitiva. Organizzazioni internazionali come l’ONU e l’Unione Europea svolgono un ruolo chiave nel cercare di facilitare la risoluzione del conflitto. Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU hanno condannato gli insediamenti e cercato di promuovere una soluzione basata su due stati.

Il conflitto ha di conseguenza implicazioni regionali, influenzando le relazioni tra Israele e alcuni stati arabi. Tuttavia, alcuni paesi arabi hanno normalizzato i loro rapporti con Israele, riconoscendo la loro reciproca sicurezza e affrontando le minacce comuni, come quella iraniana. Il riacutizzarsi del conflitto nell’ottobre del 2023 ha portato all’allargamento del conflitto in altre aree del medio-oriente. Il 12 gennaio gli Stati Uniti hanno annunciato di aver condotto attacchi coordinati con la Gran Bretagna contro obiettivi nello Yemen, utilizzati dai ribelli Houthi per mettere a repentaglio la navigazione libera nel Mar Rosso. Gli Houthi, i quali da diversi anni sono al comando della capitale yemenita Sana’a, sono molto legati all’Iran, con il quale non condividono solo l’ideologia, ma anche l’alleanza militare. Dal momento dell’attacco di Hamas a Israele e di quello di Israele alla Striscia di Gaza che ne è seguito, hanno ripreso la loro posizione anti Israele e Stati Uniti, tornando a manifestare contro il governo di Netanyahu.

Il conflitto israelo-palestinese è un problema talmente radicato che coinvolge questioni di identità, sovranità, risorse e sicurezza. Una soluzione sostenibile richiederebbe un impegno a lungo termine, la volontà di compromessi da entrambe le parti e il coinvolgimento della comunità internazionale.

QUALE SOLUZIONE?

Le crisi geopolitiche sono complesse e richiedono soluzioni a lungo termine che coinvolgono diversi attori a livello internazionale. Tuttavia, ci sono alcune strategie generali che possono contribuire a mitigare gli effetti delle crisi geopolitiche e a favorire la stabilità. Alcuni aspetti che andrebbero considerati come fondamentali per la risoluzione delle crisi sono diplomazia e dialogo, aiuti umanitari, rispetto per il diritto internazionale, sviluppo economico, partecipazione internazionale, mediazione, gestione delle risorse e sicurezza collettiva. Va notato che ogni situazione è unica, e le soluzioni devono essere adattate al contesto specifico della crisi geopolitica. Inoltre, è essenziale che la comunità internazionale collabori e si impegni in modo coordinato per affrontare queste sfide.

L’evoluzione delle dinamiche globali richiede infine una riflessione critica sul futuro. Come possono le nazioni collaborare per fronteggiare le sfide comuni? Quali saranno gli impatti sulle economie emergenti e sui paesi in via di sviluppo?

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here