La legge 13 maggio 1978, n°180 conosciuta come Legge Basaglia, fu presentata in Parlamento da Bruno Orsini, psichiatra e politico della Democrazia Cristiana.
Il nome della legge viene però dallo psichiatra veneziano Franco Basaglia, capo della rivoluzione degli istituti psichiatrici italiani che ha portato alla chiusura dei manicomi.
Una rivoluzione unica, quella di Basaglia, in campo di malattie mentali: egli era fermamente convinto che il sistema di riabilitazione psichiatrica potesse cambiare.
Cambiare per restituire dignità e diritti agli internati, o “alienati” così come venivano chiamati i pazienti.
Il sistema dei manicomi era disumano: I pazienti venivano privati dei loro caratteri umani, erano rinchiusi, isolati, considerati un pericolo e un disturbo per la società “sana”.
Non era previsto alcun tipo di percorso riabilitativo o rieducativo, l’unica idea era quella dell’emarginazione sociale, dell’allontanamento da ogni altra persona o luogo.
Nei manicomi non venivano internati solo i malati psichiatrici, ma anche individui considerati non socialmente accettabili, come i poveri, i disabili, gli omosessuali, gli alcolisti, gli individui con personalità stravaganti, donne che si ribellavano ai mariti o che soffrivano di depressione post parto, o ancora bambini orfani i quali non avevano nessuno che potesse prendersi cura di loro.
Fino agli anni sessanta l’intervento più usato era l’elettroshock, che si pensava potesse in qualche modo curare il paziente; poi vennero introdotti gli psicofarmaci, che venivano usati anche come strumento di controllo sul paziente.
Tra i metodi di cura vanno ricordati anche la lobotomia, le camicie di forza, le docce fredde e le immersioni in acqua bollente, che molto spesso recavano solamente ulteriori danni ai pazienti.
La rivoluzione di Basaglia inizia nel 1961, quando diventa direttore dell’ospedale psichiatrico di Gorizia; qui lo psichiatra fa il suo primo tentativo di trasformazione del sistema di riabilitazione: apre i cancelli delle strutture, vieta qualsiasi tipo di contenimento fisico, permette ai pazienti di partecipare a delle riunioni in cui possono parlare dei loro problemi.
Ma il suo metodo non viene accettato e lo trasferiscono all’ospedale psichiatrico di Parma e anche qui il suo tentativo fallisce. Ma quando nel 1971 diventa direttore dell’ospedale psichiatrico di Trieste, finalmente la sua idea viene accolta e condivisa.
Così, molti altri istituti psichiatrici seguono le sue idee, fino a quando il 13 maggio 1978, grazie all’emanazione della Legge 180, “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”, più comunemente chiamata Legge Basaglia, inizia il processo di chiusura dei manicomi sul territorio italiano.
Questa legge regolamentó il Trattamento Sanitario Obbligatorio e istituì i centri di igiene e salute mentale (CIM-CSM).
Grazie alla rivoluzione iniziata dallo psichiatra veneziano il sistema di cura dei pazienti psichiatrici è totalmente cambiato; non è stato semplice né tantomeno immediato, il processo di chiusura dei manicomi è durato circa trent’anni e molte famiglie non erano pronte ad accogliere ed assistere famigliari con disturbi psichici; l’istituzione di centri diurni di accoglienza e recupero non è stata immediata e in molte regioni italiane non erano presenti.
Ma quello che è di fondamentale importanza è la trasformazione che ha portato al reinserimento dei soggetti considerati “alienati” all’interno della società, dando loro la possibilità di riacquistare la propria dignità, di poter tornare ad esprimere il loro essere, di tentare un nuovo inizio e sentirsi nuovamente esseri umani.
Oggi, a quarantacinque anni dalla Legge Basaglia, gli individui con disturbi psichici vivono una vita normale e dignitosa, ricevono la giusta assistenza e le giuste cure, senza dover in alcun modo rinunciare alla propria umanità. Il servizio sanitario nazionale permette di accedere a servizi e strutture che possono assistere adeguatamente i pazienti, nel rispetto della persona e dei diritti umani.
Nella società moderna credo sia fondamentale l’inclusione di tutti gli individui che ne fanno parte; quello che accadeva all’interno dei manicomi era disumano e non era altro che un rafforzamento del rifiuto e della paura di tutte quelle persone che in qualche modo escono dalle righe. Quelle righe tracciate e imposte da una società che non ammette sbagli, che mette barriere.
Oggi la situazione sta cambiando, la sensibilità è maggiore e l’attenzione all’inclusione delle persone considerate “diverse” sta raggiungendo buoni risultati; la strada è ancora lunga, ma i passi in avanti sono stati tanti e possiamo sperare in un futuro migliore, in cui ogni individuo sarà libero di essere se stesso.