Per tutti è il Serpentone: uno sterminato edificio lungo un chilometro che doveva costituire un modello urbanistico e di convivenza, e che invece oggi è un caso emblematico del degrado e dell’abusivismo della periferia romana. Quali sono le cause di questa parabola? E che dice la gente che ci vive? Benvenuti al Corviale, periferia sud-ovest della Capitale.

Il Serpentone, con il suo fascino decadente, si affaccia sulla campagna romana, domina il circondario con l’imponenza di una struttura di cui si sente l’ombra e la presenza fin da prima di addentrarsi.

Davide, un ragazzo che per la prima volta si imbatte nella realtà di Corviale dopo una vita trascorsa altrove, racconta: “la prima sensazione, quello che colpisce, è l’imponenza del Serpentone. Appena sono arrivato, da forestiero, mi è sembrato come se questo posto mi osservasse con circospezione”.

La storia

La storia di questo spaccato di Roma è quella di una delusione: parlare di Corviale significa infatti parlare del sogno infranto di Mario Fiorentino, un “architetto utopista” che vedeva nella realizzazione del complesso un nuovo modo di pensare la periferia.

L’architetto e capo dei lavori Fiorentino e il suo gruppo di esperti si erano trovati nel 1972 di fronte ad un modo di pensare la periferia figlio del ventennio fascista: grandi palazzi (pensati per sostituire le baracche delle borgate) in stato di abbandono e di degrado, zone di Roma prive di mezzi pubblici e di strutture di primaria necessità, luoghi pieni di famiglie dove la cultura e l’istruzione non erano fruibili, insomma, come li chiamava Fiorentino, “quartieri dormitorio”.

L’architetto decide di proporre un modo alternativo di immaginare la periferia progettando Corviale, un complesso residenziale lungo mille metri e alto nove piani.

L’idea era quella di garantire anche in periferia i servizi necessari per una vita dignitosa: ai negozi era dedicato un piano intero, erano pensate varie aree ricreative, quattro teatri a cielo aperto, biblioteche, scuole, uffici. Ovviamente non potevano mancare strutture per i servizi medici e c’era anche una sala riunioni da circa cinquecento posti.

   Insomma, il progetto intendeva realizzare una sorta di cittadina autonoma: obiettivo senza precedenti nella storia della periferia romana, ma che resta ad oggi nell’alveo delle utopie.

Le parole di Franco Purini, uno dei protagonisti dell’architettura italiana, sono esemplificative quando si parla delle intenzioni di Fiorentino e della realtà di Corviale: “Fiorentino aveva una concezione dell’abitare come movimento eroico, voleva che la sua mastodontica macchina abitativa fosse una specie di comunità che si sarebbe autoregolata facendo prevalere gli interessi collettivi su quelli individuali; Fiorentino arrivò però fuori tempo massimo, quando ormai in architettura alla fine degli anni Settanta si era affermato il Post-moderno, che, al contrario, esaltava piuttosto il singolo individuo e i suoi bisogni privati”.

Il degrado

Le aspettative dell’architetto Fiorentino sono andate del tutto disattese.

Dopo l’urbanizzazione delle periferie in genere, e la costruzione del Serpentone in particolare, il Comune di Roma non si è impegnato a far rispettare il bando degli aventi diritto ai nuovi appartamenti (1.200), che subito, invece, vengono occupati illegalmente: nel caso di Corviale, circa 700 famiglie hanno preso possesso illecitamente di luoghi che spettavano ad altri. Questa occupazione abusiva di massa non si è verificata solo in quelli che erano pensati come appartamenti, ma anche nel piano destinato ai negozi, quindi in spazi non idonei ad essere abitati. Ad oggi gli occupanti senza titolo sono circa 9.000, a fronte di una graduatoria (gestita del Comune di Roma) di circa 13.000 aventi diritto, che attendono da sempre di ricevere legalmente gli appartamenti.

   Tutt’intorno al Serpentone si trova o, meglio, si sarebbe dovuto trovare, l’orto urbano (un appezzamento di terreno pubblico non edificabile e destinato alla coltivazione), ma ad oggi la zona è occupata da baracche – dove le condizioni di vita sono infime – e da una discarica a cielo aperto dove spiccano le carcasse di automobili, spesso rubate e lì lasciate a marcire.

   Il Serpentone preoccupa per lo stato in cui versa. Spaventano gli allagamenti, che minano la stabilità dell’edificio. Le perdite d’acqua interessano pure gli appartamenti, gli ascensori non funzionano (nonostante vengano stanziati circa 300.000 euro l’anno solo per la loro manutenzione, come spiega il Commissario dell’Ater), c’è vandalismo e sporcizia.

La diseguaglianza economica che diventa sociale

Ma Corviale non è un unicum: il suo problema riguarda tutte le periferie, romane e non.

L’obiettivo dell’azione politica che ha portato e porta alla realizzazione di insediamenti abitativi periferici è quello di far fronte al problema, sempre esistito, della diseguaglianza delle condizioni economiche e sociali tra centro e periferia. Obiettivo però reso vano, nella maggior parte dei casi, dalla passività e dall’incuria delle amministrazioni che, una volta costruiti, si ‘dimenticano’ di questi complessi.

L’abbandono dello Stato ha provocato una reazione da parte dei cittadini, che, sentendosi soli e privati dei propri diritti, pensano di essere legittimati a non pagare: il 65% degli abitanti di Corviale è moroso.

Com’è evidente, in questo modo si crea un circolo vizioso tra l’assenza dello Stato – che non è capace di garantire alloggio, istruzione, servizi sanitari, sicurezza, per la mancanza di presidi in loco delle forze dell’ordine – e la sfiducia dei cittadini. I quali sono così portati ad alzare muri e a non collaborare quando il governo, o enti come l’Ater, annunciano di voler investire per una riqualificazione di quelle aree.

   È quello che ci dice, alla fermata del bus, un uomo che chiede di non essere identificato (“e niente telecamere”): “lo Stato ci ha lasciati soli e allora ci facciamo forza come possiamo. Io con la fede”. E racconta della chiesa al quarto piano del Serpentone, ora un po’ spoglia per via di alcuni lavori, ma pur sempre un rifugio. L’uomo, comunque, difende la realtà del Corviale, non diversa dalle altre: “Che vuoi che ti dica? Qui ci stanno i delinquenti come le brave persone. Come in tutte le periferie, se ne parla molto, ma in realtà c’è poco da dire”. 

   A Corviale, dice un suo amico, ognuno alla fine è responsabile delle sue azioni: c’è libero arbitrio, “chiunque può sbagliare, chiunque può scegliere la via del bene, o quella del male”. Poi salta sul bus perché “sennò quando ripassa”.

Parlando con alcuni ragazzi, si percepisce che crescere in una realtà come questa implica una vita di riscatto: “tutti possono diventare bravi cittadini, ma se vivi in centro a Roma è più facile”, dicono, facendo intendere che al Serpentone è chiaro a tutti che bisogna avere a che fare col male e l’ingiusto, una percezione che non si ha con la stessa crudezza in altre zone non dimenticate dallo Stato.

Parlare delle brave persone di Corviale, è parlare anche delle luci di Natale appese nei terrazzi del Serpentone: nonostante la struttura sia degradata e inospitale, gli abitanti provano a portare gioia e buon umore.

Le “nuove” proposte

La riqualificazione dovrebbe cominciare dal piano che nelle intenzioni originarie era destinato ai negozi, il cosiddetto “chilometro verde”: una zona anch’essa finora occupata abusivamente e che, nelle intenzioni, sarà ristrutturata ed assegnata agli aventi diritto.

Il PNRR stanzia fondi pari a 40 milioni di euro per il progetto di riqualifica che servirebbero al ripristino delle terrazze, degli infissi, del cappotto termico, delle chiostrine e ballatoi, il tutto gestito da Ater. Competenza del Comune è, invece, tutto ciò che circonda il Serpentone, dove ora ci sono baracche e discariche. Il PUI stanzia 58 milioni di euro per vari progetti, quali un palasport, un asilo e una scuola materna, il ripristino del mercato rionale, percorsi ciclopedonali, la creazione di spazi adibiti a negozi, luoghi dedicati al coworking, laboratori artigianali e molto altro.

Creare una “città fatta di relazioni”, questo è il pensiero alla base del progetto di riqualificazione. Si pensa così di realizzare una ‘rete’, con il coinvolgimento di realtà commerciali, imprenditoriali, culturali, sportive che possano avviare al Corviale le loro attività. L’università Roma Tre ha istituito un laboratorio in zona proprio per dare un contributo a questo tentativo.

L’idea non è innovativa, lo stesso pensiero ha guidato la riqualificazione delle Vele di Scampia prima del loro abbattimento e lo stesso discorso vale per Tor Bella Monaca, periferia di Roma, ma le attività commerciali, in questi luoghi, finora non si sono viste.

   Un altro problema cui far fronte è quello della mentalità di coloro che ormai vivono da troppo tempo in situazioni di degrado e di disoccupazione. Per questo il piano per Corviale prevede anche interventi sociali, oltre che strutturali: si prevede una mappatura dei bisogni degli abitanti sulla base della quale ipotizzare una strategia occupazionale, con tanto di percorsi di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro.

Realizzabilità

L’Ecofin ha dato il via libera all’Italia per lo stanziamento dei fondi del PNRR, ma il PUI fa marcia indietro. Buona parte di questi progetti, quindi, potrebbero fare la stessa fine dei piani che hanno fallito per Scampia, Tor Bella Monaca, e altre realtà di periferia.

A gestire i fondi stanziati dal PNRR e dal PUI (ammesso che arrivino) sarà l’Ater, cui tutt’ora spetta la manutenzione del Serpentone, incarico che, a detta degli inquilini, non è mai stato realmente gestito. Dunque l’Ater, che di fatto non è presente sul territorio, dovrebbe occuparsi della riqualifica dell’ecomostro. Ma in un’intervista a Report, il Commissario dell’Ater, Orazio Campo, confessa di non essere ottimista per la ristrutturazione del Serpentone: non crede, dice, che basti una riqualificazione, per quanto ben fatta, per cambiare le cose.

   Il Commissario dell’Ater dice: “Su Corviale pioveranno 130 milioni di euro. Credo che si stia proseguendo verso una sorta di accanimento terapeutico: Corviale non funziona”. In altri termini: soldi sprecati. La via da percorrere, visto il fallimento di Corviale e del tentativo di riqualificare altre periferie (come Scampia), è piuttosto quella dell’abbattimento.

Quando parli di Ater, al Corviale i più preferiscono non dire niente. Un abitante del Serpentone, schivo e diffidente, ci risponde con un sorriso beffardo. Le proposte di riqualifica, i soldi stanziati dal PNRR per i vari progetti, sono fatti oscuri agli abitanti: certo, ne hanno sentito parlare tante volte, e ora le considerano “soltanto chiacchiere”. Chiediamo cosa ne pensino dell’opinione del Commissario di Ater, favorevole all’abbattimento anziché alla riqualifica:  “e quando lo buttano giù”, risponde un uomo. Anche lui non vuole dire il suo nome, ma di sicuro incarna una parte del sentimento popolare che abita Corviale, lo scetticismo di fronte alle proposte di cambiamento, il realismo di abitanti dimenticati.

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