Con il referendum del 26 settembre 2021 gli elettori svizzeri hanno posto finalmente termine ad una battaglia civile e allo stesso tempo culturale: con il 64% dei voti favorevoli, i matrimoni omosessuali in Svizzera diventano realtà, superando definitivamente le storiche resistenze e la campagna d’odio che negli anni precedenti aveva contrassegnato una delle maggiori battaglie del movimento LGBT. Dopo il recente passo in avanti in materia compiuto dalla Svizzera, il parallelo con il nostro paese appare quasi inevitabile: quanto tempo ancora servirà? Matrimonio per tutti: il dibattito è aperto Direttore Claudio Palazzi
Oltre le resistenze
Ogni anno circa 700 coppie omosessuali si recano in terra elvetica con il desiderio di far riconoscere ufficialmente la loro relazione mediante un’unione domestica registrata, un istituto simile al matrimonio e riconosciuto a partire dal 2007, ma non equiparato a quest’ultimo né dal punto di vista simbolico né da quello giuridico. Sussistono infatti in materia importanti differenze relative all’ambito dell’adozione così come del settore della medicina e della procreazione, due tra gli aspetti storicamente e giuridicamente più controversi da regolare data la delicatezza e la polivalenza dell’argomento.
Il percorso volto all’affermazione del matrimonio universale vede la propria origine nel 2013 su iniziativa del Gruppo liberale Verde, che per primo avanza la proposta parlamentare di “Un matrimonio civile per tutti”, incontrando però già nell’immediato divergenze ed opposizioni non indifferenti. La questione si protrae negli anni fino al 18 Dicembre 2020, quando entrambe le Camere approvano con un’amplia maggioranza il progetto, permettendo così la seguente risoluzione del quesito referendario nella votazione popolare del 26 Settembre 2021, concretizzatasi in una netta prevalenza dello schieramento a favore.
Le novità introdotte dal voto prevedono ora per le coppie omosessuali la possibilità di unirsi in matrimonio e di adottare congiuntamente un bambino; le coppie femminili sposate invece potranno avere accesso alla banca del seme, vedendosi poi riconosciute a tutti gli effetti come madri in seguito alla nascita. Chi si trova attualmente in un’unione domestica registrata potrà mantenerla oppure convertirla in un matrimonio a tutti gli effetti, ma non sarà più possibile stipularne di nuove.
Se approcciato in una prospettiva più amplia, il voto referendario tenutosi in Svizzera rappresenta un gigantesco passo in avanti per il movimento LGBT, soprattutto perché avvenuto in uno dei paesi storicamente e culturalmente più conservatore in materia: basti pensare che quì nonostante la depenalizzazione dell’omosessualità nel 1942, la polizia abbia continuato ad aggiornare e collezionare i così detti “registri gay” per svariati anni, come eventuale prova d’immoralità in caso di crimini. Dopo la conquista civile del 2007 e altri 14 anni circa di battaglie, sensibilizzazione e scontri politici, la Svizzera si conforma finalmente alla linea seguita da altri grandi paesi europei come Austria, Germania, Regno Unito, Francia, Spagna e Paesi Bassi: attualmente sono 16 i paesi dell’Unione a riconoscere ufficialmente il matrimonio fra persone dello stesso sesso, ma l’Italia ancora stenta ad aggiungersi.
E in Italia?
Dopo il referendum svizzero l’Italia figura ancora più isolata in quella ristretta schiera di nazioni europee che si rifiuta di riconoscere ufficialmente il matrimonio egualitario: nonostante la recente legislazione riguardante le unioni civili, il nostro paese risulta ancora piuttosto conservatore nell’approcciare apertamente ed integralmente la tematica. Le motivazioni possono essere molteplici, spesso differenti a seconda dell’età, del gruppo sociale e dell’educazione ricevuta: incidono però, soprattutto nel nostro paese, le diverse influenze politiche e culturali riguardanti la tematica.
Quello che ormai in molti paesi europei è riconosciuto come un diritto consolidato e dovuto, in Italia è ancora considerato un argomento “tabù”: sebbene generalmente la “conquista dell’unione civile” sia considerata un passo decisivo verso il matrimonio egualitario, il nostro paese mostra in realtà come quest’ultimo non sia una pratica automatica, a maggior ragione se discriminazioni e violenza contraddistinguono ancora l’argomento, per non parlare di cosa accade quando si tirano in ballo anche adozioni e procreazione assistita.
Come spesso accade, la questione viene più inquadrata da un punto di vista politico invece che da quello sociale: dal caso svizzero si evince invece come il sostegno e la sensibilizzazione “dal basso” siano elementi fondamentali per discutere apertamente istanze di tale portata, evitando così futili dibattiti basati su pregiudizi culturali o stereotipi più che datati.
Ma noi a che punto siamo? L’Italia può definirsi davvero pronta al momento per un passo così grande? Perché spesso si preferisce evitare direttamente la questione piuttosto che discuterla apertamente? C’è davvero una così forte resistenza culturale in materia? Sentiamo alcune opinioni comuni a riguardo:
Simone, studente di 24 anni laureando in matematica alla Sapienza di Roma, ci dice: – Cosa ne pensi del matrimonio egualitario e della possibilità di adozione per le coppie omosessuali, sulla linea di quanto avvenuto in Svizzera? – “Secondo me bisogna distinguere le due cose: per il matrimonio non avrei problemi a riguardo, ma secondo me le adozioni sono già un argomento diverso, sinceramente non sono molto convinto”. -Pensi che in Italia attualmente siamo pronti per un cambiamento di questa portata? – “Per me no, alla fine ci sono ancora molti episodi di violenza e discriminazione verso gli omosessuali. Poi dipende, alla fine i matrimoni sono un po’ come le unioni civili: più ce ne sono e più non ci si fa caso, diventa normale. Penso che i problemi maggiori possano essere per i bambini, in ambienti come scuola e sport magari rischiano di finire isolati o di subire prese in giro”. -Perché secondo te in Italia si preferisce non discutere della questione? C’è davvero una resistenza così grande? -“Perché è una questione scomoda. Molti ancora si vergognano di dichiararlo o magari hanno una famiglia che non la prende bene, secondo me si ha troppa paura delle opinioni degli altri, quindi non c’è una grande mobilitazione a riguardo. Poi molte persone ancora non la concepiscono o sono contro per motivi familiari o religiosi, quindi anche al livello politico non arriva”.
Margherita, pensionata di 64 anni ed ex ragioniera, madre di due figli, ci dice la sua: -Saresti favorevole al matrimonio egualitario e all’adozione da parte delle coppie omosessuali? -“Secondo me per il matrimonio siamo abbastanza vicini, io non penso ci sia nulla di male; però onestamente mi fa un po’ strano pensare a due bambini che crescono con due mamme o due papà: certo non dico che stiano meglio da soli, però non riesco ad immaginarlo molto facilmente”. -Secondo te il nostro paese è pronto per un cambiamento di questa portata? -“Per me dipende: le persone della mia età di solito non sono molto aperte a cambiamenti così grandi, anche perché prima l’omosessualità era vista molto peggio di adesso. Secondo me molti non sono contro alla fine, ma non farebbero niente per facilitare la questione. Forse già i giovani sono più aperti, ma anche lì non la pensano tutti uguale. Sicuramente non succederà a breve, anche perché ci sarebbero moltissime proteste, specialmente sulle adozioni”. -Perché secondo te in Italia non si discute quasi mai di una questione così importante? -“Perché secondo me la maggior parte della gente ancora non è pronta, e quindi spesso si preferisce evitare di parlarne per non essere giudicati. Alla fine noi siamo un paese molto cattolico, quindi la questione potrebbe dividere o dare fastidio a molti”.
Diversa invece è l’opinione di Claudio, 34 anni e assicuratore di professione: -Saresti pro o contro il matrimonio egualitario e la possibilità di adozione per le coppie omosessuali in Italia? -“Sono totalmente a favore di entrambe, secondo me si entra troppo nel merito della questione: se due persone vogliono stare insieme e sposarsi non ci vedo nulla di male, stessa cosa vale per un bambino orfano con una possibilità in più di trovare una famiglia”. -Secondo te siamo pronti in Italia per un cambiamento di questo genere? -“Per me siamo più o meno a metà. Alla fine tra matrimonio e unione civile non cambia molto, piano piano l’omosessualità comincia ad essere più accettata anche se secondo me dipende molto dall’età e dall’educazione in generale. Per le adozioni penso che si debba fare un discorso a parte: io non ci vedo nulla in contrario ma secondo me molti non l’accetterebbero, anche perché probabilmente non siamo abituati a vederlo spesso. Prima vanno previste importanti tutele in generale contro questo tipo di discriminazioni, poi forse si può discutere di cambiamenti più grandi”. –Perché secondo te nel nostro paese questo è ancora un argomento tabù? -“Secondo me in generale si ha molta paura, c’è da dire che per molti l’omosessualità è un qualcosa di sbagliato, o comunque di non normale. Sono cose di cui non si parla spesso apertamente, specialmente nel nostro paese data l’influenza della religione o di vecchi stereotipi. Per me bisognerebbe cominciare a sensibilizzare dalla scuola, come spesso già accade: forse così piano piano riuscirà ad essere sempre più normalizzata, evitando paure e discriminazioni. Il discorso secondo me è che se non parte una forte rivendicazione da coloro che sono maggiormente toccati, difficilmente potrà partire da altri”.