Le prime settimane del 2025 hanno confermato uno stato di forte benessere del mercato azionario globale. Ma a guardare i balbettii che sta avendo l’economia reale, ci si può ragionevolmente porre la domanda se non sia eccessivo questo stato di salute. E questo dovrebbe far scattare un campanello d’allarme.
Gli eccessi del mercato azionario
Ci sono diversi strumenti per misurare quanto un mercato azionario sia surriscaldato. Uno di questi è il rapporto prezzo-utili corretto per il ciclo economico (CAPE).
Cercando di spiegarlo nel modo più semplice possibile, l’indice CAPE mostra come i cicli economici a lungo termine (10 anni) influenzano la valutazione di una società. Il rapporto CAPE confronta il prezzo di un’azione o di un indice azionario con i suoi profitti complessivi. Teoricamente, tutto questo dovrebbe dirci se quel titolo o quell’indice è sopravvalutato o sottovalutato.
Risultato? Siamo vicini ai massimi storici.
I numeri del CAPE che creano preoccupazione
Alla fine del 2024, il rapporto CAPE applicato al più famoso indice del mercato azionario globale, ossia l’S&P500, viaggiava verso 37,9. E’ più del doppio rispetto alle media di lungo periodo, che è appena 17,6. Ma se provassimo ad applicarlo anche ad altri importanti indici, perfino europei come il DAX 40, non otterremmo risultati differenti.
Tuttavia la cosa più preoccupante è che i picchi di questo indice hanno spesso preannunciato lo scoppio delle “bolle” di mercato.
I precedenti
Il massimo storico è stato raggiunto durante la bolla delle Dot-Com nel 1999. Il secondo valore più alto di sempre è stato 38,6, toccato nel 2021 (quando cominciarono i forti rialzi dei tassi da parte delle banche centrali).
E cosa è successo dopo? Nel 1999 l’indice S&P500 cominciò un tracollo che si estese fino al 2002, con una flessione complessiva del 40%. Nel 2021 invece il calo durò un annetto circa, per complessivi 19,4% di perdite.
Moniti e avvertenze
Come detto, il CAPE ratio raggiunto a fine 2024 è stato il terzo più alto di sempre. L’impennata del mercato azionario è stata innescata soprattutto dall’entusiasmo per l’intelligenza artificiale, che ha gonfiato i titoli tech (in particolare le Magnifiche Sette), rendendoli costosi rispetto agli standard storici.
È bene precisare che le pratiche contabili sono cambiate dalla creazione dell’indice CAPE, e questo “sporca” un po’ la sua efficacia visto che i confronti storici sono difficili dal momento che i profitti non sono più calcolati nello stesso modo. Ma anche se questa metrica non è accurata al 100%, dei segnali di mercato ce li sta mandando. E forse dovremmo ascoltarli.