Incontriamo Michele Veschi che ci presenta il suo ultimo romanzo fantasy
Ci parli di lei come autore/autrice: Mai semplice circoscrivere, senza sconfinare nella retorica. Il primo docente definì il mio operato calembour, forse perché il primo racconto pubblicato aveva come titolo Il pedante imbroglio dell’orgoglio, dunque accetto con gioia. Anzi, ora che ci penso il protagonista del mio primo romanzo Smacco ai Cinque Cerchi stava mettendo giù degli appunti accollandosi la definizione di saltimbanco e direi che può starci. Facciamo saltimbanco in prosa. Sempre con volontà di mettere il lettore con gli angoli della bocca all’insù.
Qual è il suo rapporto con la scrittura? Intenso. Quando finisco anche solo uno stralcio di scrittura – o riscrittura – e poi torno nel reale sono ancora lì, citando Vogler, nel mondo straordinario. Quindi, perché non prendere spunto e fare esercizio? Se sono a tavola mi immagino se i movimenti che i commensali stanno facendo posso accollarli a qualche personaggio, lo stesso per i dialoghi. E di solito escono spunti.
Quando ha scritto questa storia l’aveva già tutta in mente o l’ha elabora strada facendo? Passo passo. Ho iniziato a prendere appunti – rigorosamente a matita e in stampatello – per le scale di un edificio mentre aspettavo la mia compagna che affrontava un esame. Di sicuro c’erano le potenzialità, che sono quelle e non si toccano, poi c’era da seguire un ordine? Il protagonista è saltato fuori subito, così come lo scudiero. L’aggancio con Prisca è venuto in un secondo momento, ma chi poteva essere se non lei? Ogni potenzialità poi si trovava ad avere un racconto e li sono state riscritture e riscritture.
I suoi scrittori o scrittrici preferite? Italo Calvino geniale, ogni parola scritta non poteva che essere quella inserita. Marco Malvaldi favoloso nel lessico e negli intrecci. Alessandro Robecchi mirabile nelle atmosfere e negli intrecci. Antonio Manzini ambientazioni pennellate che nemmeno Picasso. Agatha Christie – che preferisco chiamare Miller perché Christie era il cognome del suo primo marito – freschezza, rapidità eppure tradizione. La numero uno.
Quanto è utile la lettura nell’odierno dove la tecnologia è prepotente? Crea immaginazione, curiosità e voglia di andare oltre. Poi ognuno di noi sa qual è il proprio confine, ma non sarebbe bello superare la zona confort e andare ad accoccolarsi in quella di apprendimento? La lettura è ascolto, parte della categoria senza se e senza ma. Ascoltiamo senza interpretare, leggiamo senza brancolare. E siamo pronti per andare oltre.
Quanto la lettura è importante per la scrittura e perché? Fondamentale. Copiare da quelli bravi, diceva Calvino. Lo spunto è continuo, parte stessa del flusso che andrà poi a comporre la prima stesura e quelle successive fino alla finale. La lettura è capace di farci assaporare l’andatura, il ritmo, l’aspettativa di quanto andremo poi a mettere in parole. Così si apprende che è una maratona e non una gara di velocità.
A cosa sta lavorando? Un romanzo sulla seconda guerra mondiale attraverso le gesta di chi l’ha conosciuta e affrontata da eroe. Devo trovare la giusta chiave di lettura degna di quanto fatto dal protagonista. E siccome si tratta della famiglia della mia compagna non posso tralasciare nulla, ma raccogliere aneddoti e ascoltare. Senza dimenticare che Mazapegul desidera continuare a produrre avventure.