Corpi portati alla fame, ridotti al nulla, corpi liberi solo dai comignoli. Il tetto massimo della crudeltà umana: ma siamo sicuri di aver imparato la lezione?
Sono passati 79 lunghi anni dal lontano 1945. Da qualche decennio i giornali e telegiornali italiani rievocano quella memoria perché non si perda, ogni 27 di gennaio. Mentre Hitler portava inesorabilmente avanti la sua guerra contro il resto del mondo, nascondeva qualcosa di più grande nei suoi confini, qualcosa a cui non si era assolutamente preparati. In un’azione simultanea americani e sovietici hanno liberato ciò ormai era solo lo scheletro dei campi di concentramento. Da Auschwitz a Dachau; da Mathausen a Bergen Belsen. Milioni di ebrei, zingari, omosessuali, disabili, erano stati brutalmente uccisi. Di alcuni non si sono mai trovate le tracce. Un’epoca in cui i totalitarismi avevano seguito, ipnotizzavano le menti con una propaganda improntata sull’identità di razza. Questo scenario appare oggi così lontano da noi, ma davvero l’uomo non è stato più in grado di ripeterlo?
Dal ’45 al 2022: cosa è cambiato?
Di certo molti paesi hanno ottenuto un cambiamento radicale, attraverso l’istituzione della Repubblica e il conseguente ritorno alla Democrazia. Il caso italiano può esserne un esempio. Molti altri paesi hanno avuto un percorso analogo. Chi prima, chi dopo: Spagna, Portogallo, Germania e gran parte dei paesi che erano sotto il suo dominio. L’errore comune in questo contesto è considerare tutti i paesi ugualmente evoluti ed emancipati. Il nuovo millennio ha portato ad una rivoluzione totale, industriale e digitale: ciò crea la percezione, soprattutto attraverso i social, che il mondo sia quasi un grande filtro. L’idea che oggi possa esistere un campo di concentramento appare quasi anacronistica. Ma è qui che il mondo attuale rivela tutta la sua eterogeneità, ricordandoci che il progresso non è mai stato omogeneo, e che molti luoghi nel mondo considerano la diversità (di razza e di pensiero) ancora inammissibili.
La dittatura nord-coreana
L’arretratezza nelle ideologie della Corea del Nord è ormai sotto gli occhi di tutti. L’informazione ha diffuso, soprattutto in territorio italiano, i fatti rilevanti che accadono sotto il regime di Kim Jong Un, alcuni quasi bizzarri e totalmente lontani dalla cultura europea. La dittatura, dunque, è un fatto accertato. Ciò che in pochi sanno è che in questo stato isolato dal resto del mondo vi sono ancora dei campi di lavoro forzato, molti dei quali istituiti negli anni ’50. In particolare, il campo 14, il più grande, ha guadagnato la fama di luogo di sofferenza e morte. I detenuti, spesso prigionieri politici, sono costretti a lavorare molte ore al giorno, senza ricevere razioni di cibo sufficienti. Numerose testimonianze hanno dimostrato un elevato numero di suicidi, dovuti allo stile di vita sfiancante del campo.
La Libia tra l’Africa subsahariana e la libertà
Immaginate dover affrontare un lungo cammino dall’Africa centro-meridionale all’Europa, per ricercare la libertà, e trovare un ostacolo così grande proprio alla fine: i campi libici.Come confermato da Wired.it, sono più di 5mila i migranti bloccati in Libia per tempo indefinito. Il fenomeno si è acuito da qualche anno, quando l’Unione europea ha iniziato a finanziare la guardia costiera libica per impedire ai migranti di raggiungere l’Europa. Questi ultimi, restando intrappolati in Libia, sono diventati velocemente preda della tratta di esseri umani, ridotti a condizioni disumane. Molte Ong denunciano da tempo queste crudeltà, cercando di attirare l’attenzione della comunità internazionale. Sfortunatamente tali ingiustizie proseguono senza sosta, poichè gli interessi europei spesso sovrastano quelli dei diritti umani.
I lager cinesi
I lager della Cina sono sotto la lente di ingrandimento da tempo: le vittime sono principalmente dissidenti politici e minoranze etniche, tra cui ci sono gli Uiguri, presenti nel territorio cinese in circa un milione. Il caso di questa minoranza è considerato da molti un vero e proprio ‘genocidio culturale’, poiché i suddetti campi di concentramento cercano di cambiare prima di tutto l’ideologia che c’è alla base degli oppositori. Un livello di sofferenza diverso, con obbiettivi diversi, dunque. Recentemente l’argomento è ritornato in voga: l’Onu si è presentata alla corte di Pechino, denunciando il governo orientale per violazione dei diritti umani. Il problema sostanziale risiede nel fatto che la Cina non è un membro della Corte penale internazionale. Pertanto non possono essere intraprese procedure investigative nel suo territorio.