24 ottobre: la giornata delle Nazioni Unite, l’istituzione nata dalle macerie dell’organizzazione delle nazioni ( in funzione dal Gennaio 1920 ad Aprile 1946) e in funzione dal 1945. Sorta dalle ceneri di una terribile guerra che vide morti e distruzione in ogni angolo del mondo, da Pearl Harbor fino all’Africa nord occidentale passando per l’Europa intera, l’Onu si predispone come obiettivo quello della collaborazione pacifica. Il sogno alla base dell’Onu è per questo quello di evitare che un mancato coordinamento internazionale possa portare nuovamente il mondo in un’epoca tanto buia di genocidi, pulizia etnica e conflitto. Nasce per questo quale forum internazionale dove le nazioni avrebbero potuto discutere di temi di interesse internazionale alla pari, tramite un’organo definito assemblea generale volta a varare risoluzioni da parte degli stati partecipanti nell’ottica di una collaborazione nel tempo per un mondo più giusto e armonioso. Nasce insieme all’assemblea un consiglio di sicurezza, organo con poteri coercitivi nei confronti degli stati verso la quale le sue risoluzioni sono rivolte. Quest’ultimo diventa l’esplicazione della volontà di creare un sistema di salvaguardia della sicurezza globale, anche a costo di prendere decisioni drastiche e coatte nei confronti degli stati che commettano crimini internazionali, soprattutto se si considera il fallimento della società delle nazioni precedentemente in funzione che non riuscì a prevenire il secondo conflitto globale proprio per la sua incapacità di influire effettivamente nella vita politica internazionale.

Un equilibrio tutt’altro che stabile

Nonostante i presupposti per la creazione di questo sistema, le aspettative vennero presto tradite per via della crescente tensione tra paesi del blocco occidentale e orientale, che portò a una divisione tra i membri permanenti del consiglio di sicurezza. Questi ultimi infatti (Francia, Inghilterra, USA, URSS, in seguito divenuta Russia, e Cina) possiedono all’interno del consiglio di sicurezza potere di veto: ogni mozione non riceva il consenso dei membri permanenti diventa infatti nulla e manca di efficacia coercitiva. Dato il clima di tensione gli anni seguenti alla creazione dell’ONU hanno visto il nascere di una forte staticità per via del clima politico teso, che portò i rispettivi blocchi a boicottare qualsiasi proposta passasse al consiglio di sicurezza contraria alla propria linea politica, impedendo molte volte l’attuazione di decisioni importanti riguardanti gravi crisi internazionali di cui ancora oggi subiamo gli effetti. Questo, unito al crescente malcontento delle altre nazioni all’interno dell’ONU, critiche delle modalità con cui i 5 membri permanenti detengono il potere, ha portato a un forte dibattito interno nei riguardi di un ente internazionale che non raggiunge le aspettative poste. Da una parte i paesi del terzo mondo e dell’Indocina, ormai non più ultima ruota del carro e che hanno sperimentato una crescita economica importante, che chiedono la nascita di un sistema più equo e capace di rappresentare le istanze dei paesi cosiddetti di “seconda classe”, e dall’altra gli stati occidentali e facenti parte dei membri permanenti del consiglio di sicurezza, che vedendo la crescita vertiginosa di importanza dei paesi in via di sviluppo tentano di fare “gatekeeping” mantenendo stretta la mano sul proprio potere di veto, reticenti a condividerlo con la comunità internazionale.Questa mancanza di una leadership capace di impartire comandi giusti e tempestivi, oltre che il continuo gioco delle parti che vede partecipi gli stati membri del consiglio di sicurezza, ha portato nel tempo a una serie di scandali per quanto riguarda la gestione delle crisi mondiali avvenute nel corso degli anni. Si citano a titolo esemplificativo lo sterminio in Ruanda, la reticenza dei paesi occidentali a condannare il regime di Apartheid in Sud Africa e la conseguente mancanza di un intervento ONU.

Situazione Palestinese e risposta dell’Onu

Tema caldo tornato nuovamente nelle sale dell’organizzazione delle nazioni unite è quello del conflitto israelo-palestinese, soprattutto alla luce dei macabri avvenimenti riguardanti l’eccidio di una larga fetta di popolazione palestinese in risposta alle tragiche vicende del 7 ottobre dello scorso anno. Se il problema della terra promessa è uno che la comunità internazionale discute da decenni (Ben prima della guerra delle Yom Kippur, a partire dagli insediamenti israeliani dopo la seconda guerra mondiale), le soluzioni a riguardo sono state fino ad ora solamente teoriche senza un vero intervento pianificato. Lo stato di Palestina è stato ad oggi riconosciuto come membro ospite nell’assemblea plenaria non avendo possibilità di voto e solo poche altre organizzazioni internazionali riconoscono l’ONP come rappresentante dello stato di Palestina. A partire dal 7 ottobre l’Onu, tramite le parole del segretario delle nazioni unite Gutierres, ha spesso condannato gli attacchi israeliani al popolo palestinese chiedendo maggiori indagini e inchieste per comprendere la natura dei danni e il numero di vittime civili per via dei possibili crimini di guerra portatti. La situazione è di recente arrivata a un punto di crisi dati i recenti attacchi missilistici del governo Netaniyahu nei confronti delle Basi Unifil per una missione in Libano e la conseguente risposta da parte dell’Onu che ha fortemente condannato questa condotta andando a sottolineare la necessità di rispetto delle norme internazionali e la violazione avvenuta della base delle Nazioni unite, oltre che il danneggiamento di beni e persone all’interno della base. La decisione, non ancora passata al consiglio di sicurezza, rischia di rimanere solamente su carta, essendo lo stato di Israele non intenzionato a cambiar la propria condotta.

Conclusioni

In questo contesto mondiale, infiammato da svariati punti di tensione, dal medio oriente allo stato di Taiwan, nei cui mari di recente sono state svolte esercitazioni molto importanti da parte dello Stato Cinese che sempre più minaccia l’indipendenza dell’isola, l’Onu dimostra nuovamente incapacità di gestire situazioni critiche, lasciando ancora ai singoli stati il compito di dirimere queste conflittualità. Ad oggi l’Onu non riesce ancora a trovare il proprio posto come regolatore e pacificatore nelle svariate situazioni di conflitto e tensione nel mondo, dovendo limitarsi a moniti privi di voce.Il 24 Ottobre, in occasione della giornata delle nazioni unite si parlerà nuovamente dell’importanza di un approccio globale al futuro che veda tutti i paesi coinvolti in maniera unita verso il miglioramento del panorama globale futuro, ma è fondamentale comprende come, per raggiungere prima di tutti la vera coesione tra le nazioni si necessita ripensare le nazioni unite in un’ottica più egualitaria e rappresentativa, tramite un consiglio di sicurezza più democratico e efficace nel prendere decisioni.

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