Il film “Accattone” racconta la vita nelle baracche dell’estrema periferia della Roma degli anni ’60, di cui Pasolini riesce a descrivere in maniera cruda e realistica la povertà, la violenza e l’emarginazione sociale. 

Pasolini, nato a Bologna il cinque marzo 1922, è stato un grande artista e una figura controversa nel panorama della letteratura e del cinema italiano del XX secolo. Il suo primo grande successo letterario è “Ragazzi di vita”, romanzo pubblicato nel 1955 con il quale  ricrea realisticamente, attraverso l’uso del dialetto romanesco, la vita del sottoproletariato delle borgate romane. Questo inedito esperimento viene ripreso nel 1959 con il romanzo “Una vita violenta” e viene proseguito con il suo primo film “Accattone”: gli attori sono ragazzi di vita e lo scenario è la Roma delle borgate. Il film, che può essere considerato una trasposizione delle precedenti opere letterarie, è un successo e segna l’inizio della sua carriera cinematografica;  Tra i suoi più grandi capolavori si possono citare Mamma Roma, Il Vangelo secondo Matteo, Teorema, Salò o le 120 giornate di Sodoma. 

Pasolini è stato un intellettuale anticonformista e ribelle, accorto osservatore dei cambiamenti della società italiana del secondo dopoguerra e sostenitore della necessità di una rivoluzione culturale che abbattesse i valori borghesi e promuovesse una cultura popolare autentica. Pasolini era convinto che il sistema di valori e idee della classe borghese  fosse la causa principale della decadenza culturale e morale dell’Italia del suo tempo, in quanto aveva prodotto, oltre all’oppressione e alla marginalizzazione delle classi sociali meno privilegite, una totale omologazione culturale e aveva promosso superficialità e la mercificazione dell’arte. La sua critica più violenta è diretta contro il nascente consumismo e al conformismo che questo porta con sé: “L’ansia del consumo è un’ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l’ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell’essere felice, nell’essere libero: perché questo è l’ordine che egli ha inconsciamente ricevuto, a patto di sentirsi diverso. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza.” scrive Pasolini nel libro “Scritti corsari”, pubblicato nel 1975, con parole che sembrano estremamente attuali.

Il film “Accattone” ruota intorno alle vicende del sottoproletario romano Vittorio, interpretato da Francesco Citti, soprannominato “Accattone”. Accattone è un nullafacente che vive nelle baracche della periferia di Roma con la protituta Maddalena, sua principale fonte di sostentamento, e la moglie del malvivente napoletano Ciccio, finito in prigione per una denuncia anonima. Quando quattro collaboratori di Ciccio vengono a cercare il colpevole del suo arresto, Accattone scarica la colpa su Maddalena, la quale viene presa e picchiata dai quattro.  Maddalena finisce in carcere dopo che, spaventata,  ha denunciato 4 innocenti per l’aggressione e Accattone, rimasto senza soldi, tenta di trovare un lavoro onesto per mantenersi e mantenere Stella, una donna di cui si invaghisce. Questo tentativo fallisce quasi subito,  il protagonista torna agli espedienti volti alla sopravvivenza e arriva a rubare. Il suo primo furto gli costa però la vita: tentando di sfuggire alla polizia a bordo di una motocicletta  si schianta contro una macchina e muore. 

Il film si svolge in un contesto sociale degradato, in cui la povertà e la disoccupazione sono all’ordine del giorno. I personaggi sono vittime di una società che pare averli abbandonati e che non offre loro alcuna prospettiva di miglioramento.  Pasolini rappresenta questo stato di immobilismo sociale attraverso la messa in scena di una serie di personaggi che non riescono a trovare un’uscita dalla loro condizione, tanto sono immersi in una cultura d’ozio e di violenza, in cui il lavoro e lo studio sono considerati inutili se non dannosi. Accattone stesso sembra incapace di cambiare la sua vita, di fronte alla derisione dei suoi amici al tentativo di trovare un lavoro onesto, e si ritrova a quella vita volta alla sopravvivenza, a prendere solo quello che lo squallore dell’immobilità quotidiana può offrirgli. Non mancano ancora oggi situazioni di violenza e degrado nelle periferie della capitale: in zone come Primavalle, Torre Maura e Casal Bruciato e altre, dove la piaga dello spaccio gestito dalle associazioni mafiose non è stata ancora eliminata, per molti cittadini l’unica opzione possibile sembra la sopravvivenza. A Roma le Baracche nascono nel secondo dopoguerra e ospitano soprattutto persone provenienti dal Meridione e dai dintorni della città, considerate covi di ladri e delinquenti dagli abitanti di Roma. Agli inizi degli anni 80, grazie all’intervento dell’amministrazione, le baraccopoli iniziano a sparire; oggi in quegli stessi luoghi sono presenti numerosi insediamenti popolati da famiglie Rom e Sinti, provenienti per la maggior parte dai territori dell’ex Jugoslavia e della Romania. In queste nuove baraccopoli, alloggi precari e di fortuna, abitano circa ottomila persone (la metà delle quali sono minorenni) in condizioni precarie e in scarse condizioni igenico-sanitarie, dimenticati dalle istituzioni e marginalizzati dal resto della società, che li considera ladri e delinquenti, oltre che reietti. Sarebbe necessaria un’azione decisa dell’amministrazione della città, che parta da un censimento e si strutturi attraverso provvedimenti sociali, volti a garantire un’abitazione dignitosa e il diritto a vivere in condizioni sicure.

“Accattone” subisce il boicottaggio da parte di gruppi neofascisti, che alla proiezione del film al cinema Barberini lanciano bottiglie di inchiostro contro lo schermo e censura da parte dello stato, che lo vieta ai minori di 18 anni. Pasolini, in questo film e in tutta la sua carriera di regista e scrittore, rappresenta la violenza con l’obiettivo di denunciare il sistema sociale e culturale che l’ha prodotta. Di questa violenza fu vittima lui stesso il 2 novembre 1975, quando il suo cadavere massacrato e martoriato viene ritrovato sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia, su uno sfondo di baracche e rifiuti. Lo stesso Pasolini riteneva che la  morte avesse un significato particolare, in quanto questa è capace di compiere un montaggio della vita, scegliendone i momenti significativi: “Solo grazie alla morte, la nostra vita ci serve ad esprimerci.” scrive nel 1972 nel saggio e “Empirismo eretico”.

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