Il termine propaganda va a delineare qualsiasi comunicazione che ha come fine quello di esprimere convinzioni e valori di un gruppo organizzato e di conseguenza a persuadere gli altri della loro verità o, perlomeno, della loro validità ideologica. Propaganda: dal fascismo al dopoguerra Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Nonostante le tesi contrastanti sull’effettivo grado di cooptazione delle comunicazioni e della cultura di massa ai fini di un progetto politico totalizzante, sappiamo per certo che sotto il fascismo ci fu una progressiva estensione dell’attività di propaganda attraverso una profonda riorganizzazione degli organi e degli strumenti propagandistici e di censura. Quasi sicuramente la creazione in Germania nel marzo del 1933 del ministero per l’Educazione popolare e la Propaganda influenzò la decisione di accorpare le funzioni di propaganda in un unico ministero nell’Italia fascista. Fino ai primi anni Trenta, la propaganda e la censura erano sottoposti al controllo dell’Ufficio stampa del capo del governo.
Nominato direttore dell’Ufficio nel 1933, Galeazzo Ciano un anno dopo trasformò quest’ultimo in sottosegretariato di stato per la Stampa e la Propaganda, che divenne nel 1935 il ministero della Stampa e Propaganda. Questo, verrà poi ribattezzato ministero della Cultura popolare due anni più tardi. In epoca Repubblicana verrà ereditato dal fascismo questo raggruppamento di varie funzioni culturali in un unico organo. Il sottosegretariato di stato per la Stampa, il Turismo e lo Spettacolo assunse infatti molte delle funzioni che erano proprie del MCP, nonostante la sua soppressione formale nel 1945.
Mentre risulta più complesso verificare se il cinema nel suo insieme perseguì sotto il fascismo un obiettivo propagandistico, gli storici concordano generalmente sul fatto che i lungometraggi didattici, i cinegiornali, i documentari prodotti dall’Istituto Luce furono veicoli di propaganda governativa.
Un decreto regio del 1925 istituisce il LUCE come ente morale di diritto pubblico. Due anni più tardi viene creato il cinegiornale Giornale LUCE, destinato a venire proiettato obbligatoriamente in tutti i cinema d’Italia prima della proiezione dei film. Fino al 1931 la produzione è muta e raggiunge le 900 unità. Dal 1931 al 1943 ne vengono realizzati altri 2000. Tali cinegiornali descrivono l’Italia come il migliore dei mondi possibili, capace di ottenere una serie di primati in ogni campo grazie a Mussolini. Non è mai concesso riprendere scene che documentino miseria, disoccupazione, malattia. Il mito del Duce penetra anche all’interno della sala cinematografica grazie a veri e propri monumenti multimediali alla sua figura. Tra il 1935-1936 l’identificazione di Mussolini con i valori di italianità è totale, sia per quanto concerne la propaganda interna sia per quanto si riferisce alla trasmissione di queste immagini sul piano internazionale.
Nel dopoguerra, durante i primi governi repubblicani, la potenza propagandistica dei cinegiornali fu sfruttata nelle stesse modalità e con non pochi elementi di continuità con il periodo fascista. E’ chiaro che vi furono rilevanti differenze ideologiche, ma le tecniche di produzione e programmazione rimasero pressocché le medesime. Le principali differenze si ritrovano nel trattamento dei temi principali. Sotto i governi repubblicani, infatti, veniva offerto un quadro più esplicito della povertà e dei problemi sociali del paese, mostrati come eredità negativa del fascismo. In ogni caso i cinegiornali continuarono ad essere inseriti tra una proiezione e l’altra dei lungometraggi e ripresero dallo stile dei prodotti LUCE la durata, il tono del commento, l’uso della musica di accompagnamento.
Tra il 1949 e il 1956 furono distribuiti circa due cinegiornali alla settimana. Il loro contenuto era stabilito dal Centro di documentazione, organo istituito da De Gasperi all’interno dell’ufficio del primo ministro e di conseguenza i cinegiornali continuarono ad essere la voce ufficiale del governo, allo stesso modo di come lo erano stati diversi anni prima, sotto il regime fascita.