Il 7 marzo del 2007, “300” di Zack Snyder,con una astuta operazione di marketing, viene rilasciato in anteprima nell’odierna città di Sparta. Due giorni dopo è la volta degli USA. Nel primo week-end di programmazione il film incasserà nei soli Stati Uniti oltre settanta milioni di dollari. Alla fine della sua permanenza al box office la cifra si aggirerà intorno al mezzo miliardo, rendendolo uno dei campioni di incassi del 2007. Questa è Sparta? Direttore Claudio Palazzi
Partenza epica per un film che vorrebbe catapultare il pubblico in un mondo antico, a metà tra il mito e la storia. Se da un lato le ambientazioni e le suggestioni di questo colossal avviluppano lo spettatore in maniera così totalizzante da farlo sentire come il protagonista di un videogioco, dall’altro Snyder palesa il suo disinteresse per ogni velleità di rigore storico. Questo è un film squisitamente d’azione, che di storico conserva deboli echi: Leonida, Serse, Sparta, la Persia.

La forma si fa sostanza

Il film “300” è il tentativo di trasporre sul grande schermo le magistrali tavole di Frank Miller, reinterpretazione in chiave superomistica di una nota vicenda storica: la battaglia delle Termopili (480 a.c.).

Il successo dell’opera risiede nella capacità di dare nuova vita al già tanto apprezzato fumetto, per mezzo di tecniche fotografiche e scenografiche decisamente all’avanguardia, in grado di innalzare le immagini ad un epos vertiginoso. L’uso sapiente del chroma key e dello slow motion permette un’ulteriore esplorazione delle crude atmosfere milleriane. Atmosfere sublimate a tal punto da suscitare le preoccupazioni della casa di produzione Warner Bros. Quest’abbuffata di violenza, risulta convincente poiché sorretta da un livello di spessore artistico ben interiorizzato da Snyder. Il regista, difatti, si fa le ossa nel mondo della pubblicità e dei videoclip musicali. Una realtà dove le immagini assumono un ruolo preponderante, dove la forma si fa sostanza.

La prima esperienza con un lungometraggio è il remake del capolavoro di George A. Romero “L’Alba dei morti viventi”. Qui l’intuizione di Snyder è felice: aumentare la velocità per riproporre negli anni 2000 un’opera concepita con altro ritmo. Snyder coglie sin da subito l’importanza delle variazioni di ritmo. Il film “300” rispetto alla pellicola d’esordio è un lavoro più lento, dove l’utilizzo dello slow motion cattura la plasticità dell’immagine tipica del fumetto. In questo modo lo spettatore può soffermarsi sui frame più densi. Le immagini scorrono lente immerse in tinte cupe. I corpi modellati degli spartani avvolti nei loro mantelli rossi risaltano sotto un cielo perennemente plumbeo. Questo l’impianto scenografico che tiene su un plot narrativo semplice. I personaggi risultano necessariamente poco stratificati: i fieri e valorosi guerrieri spartani, i grotteschi e molli persiani, gli incestuosi e deformi efori, i corrotti membri dell’assemblea.

Analizzare con il cipiglio dell’accademico un film dall’impostazione volutamente semplificata, sposterebbe l’attenzione dal tema principale a una serie di errori storici che, per quanto lapalissiani, rimangono ininfluenti ai fini della finzione filmica. Qui assistiamo a una sorta di ribaltamento gerarchico degli elementi e delle tematiche presenti. Il perno di questo film sono le immagini e le suggestioni che da esse scaturiscono. Sullo sfondo, in secondo piano, un messaggio troppo debole per non essere sovrastato dal fragore della fotografia. Sull’argomento trattato, non ci sono possibilità di fraintendimento: la dicotomia tra oriente e occidente, tra bene e male, la libertà contro la tirannia. Senza la pretesa di fare l’esegesi del pensiero di Snyder, riportiamo una sua dichiarazione in merito:

Nel film non c’è una parte riconducibile a qualche schieramento di oggi. Serse non è George Bush, anche se, fisico a parte, potrebbe sembrarlo. 300 è un film sulla libertà: il sacrificio di quei 300 uomini ha salvato l’Occidente chissà da che cosa. La storia sarebbe stata molto differente senza di loro, anche se gli spartani non erano comunque campioni di democrazia. Non faccio film in difesa della guerra, ma della realtà. Credo che gli spartani non fossero molto lontani dall’essere dei cattivi. Erano dei buoni un pò al limite. Forse potrei fare come Clint Eastwood con Flags of our fathers e un domani fare un film tratto dalla stessa storia vista attraverso gli occhi dei persiani.”

Gli equivoci del presente, il mito del passato

Un intellettuale di riferimento come Luciano Canfora, filologo e profondo conoscitore del mondo antico, alla domanda se il passato potesse aiutare a capire meglio il presente rispose di sì, nella misura in cui il presente aiuta a capire meglio il passato. Il film “300”, al di là delle troppe libertà che si concede, è in grado di cogliere alcune problematiche ricorrenti nella storia? E in che modo può presentare spunti di riflessione per l’attualità?

Partiamo dalle inesattezze più macroscopiche: 

  • Già dieci anni prima Dario, re di Persia, aveva tentato di conquistare l’Ellade, a respingere l’invasione era stata la sola città di Atene.
  • Sparta è presentata come una monarchia assoluta, quando in realtà era una diarchia sottoposta a limiti costituzionali ben precisi; nella maggior parte delle città greche, Sparta compresa, erano pochissimi i cittadini a godere di pieni diritti, la schiavitù era largamente diffusa.
  • Alle Termopili non furono solo 300 spartani a sbarrare il passo a Serse, ma era presente un contingente di circa 700 tespiesi, oltre ad un numero imprecisato di greci e iloti.

In molti sul web si sono già cimentati a elencare le varie incongruenze storiche, ma così facendo rischieremmo di non cogliere la più fuorviante ingenuità che il film presenta: il mito di due modelli contrapposti e irriducibili, la Grecia e l’Impero persiano, l’occidente e l’oriente. Attenendoci ai fatti, le discrepanze tra un occidente democratico e un medio-oriente teocratico sono questione dell’oggi o del passato a noi più prossimo. Retrodatarne i prodromi sino alle soglie del mondo antico, cercarne le radici nell’intermittente scontro tra greci e persiani è una forzatura storica dal sapore ideologico.

Il mondo circoscritto delle poleis greche, incentrato su particolarismi e rivalità striscianti era spinto sino alle più estreme conseguenze. Talvolta le poleis si unirono per respingere la marea persiana, altrettante furono le occasioni in cui, combattendosi tra di loro, si rivolsero al re di Persia per ottenere aiuti. L’endemica conflittualità del mondo ellenico esplodeva regolarmente all’ombra di un ingombrante convitato di pietra quale era l’impero persiano. La dicotomia netta, come presentata nel film, non appartiene a quel mondo. Questa narrazione risulta funzionale a una lettura strumentale del quadro geopolitico odierno. Una Grecia libera e democratica, un Impero persiano mistico e oscurantista. Ora, in questa commedia in cui le parti sono assegnate in maniera così definita, quale attore indossa i panni dello spartano e chi indossa quelli del persiano?

Ci basterà ricordare che l’uscita di questo film ha scatenato persino le piccate reazioni dell’allora presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Il film fu ritenuto oltraggioso per la storia dell’Iran. Forse come ha scritto sul Newsday il critico Gene Seymour:

il film è semplicemente troppo maledettamente stupido per supportare una qualsiasi teoria ideologica

Tuttavia, in un momento in cui riesplodeva la conflittualità tra USA e Iran, le reazioni di alcuni politici e figure di spicco del panorama giornalistico medio-orientale non possono suscitare stupore. Stupore che invece suscita lo stesso Snyder quando sembra non cogliere l’ambigua retorica nascosta dietro gli scudi dei suoi opliti spartani.

Considerazioni

In conclusione, è giusto ribadire che quello di Snyder è un film d’azione senza nessuna volontà di indagare gli attuali delicati equilibri geopolitici. Lontano dal voler ricostruire una vicenda che, a torto o a ragione, è ricordata come un momento cruciale per il destino della Grecia e del mondo occidentale. Ad ogni modo, appare sensato interrogarsi se tematiche del genere possano essere affrontate con tale leggerezza. Il pericolo di avventurieri pronti a soffiare sul fuoco dell’intolleranza religiosa e dell’inconciliabilità tra modelli politici distanti è sempre dietro l’angolo. Un film che ingenuamente potrebbe prestare il fianco a strumentalizzazioni deleterie. In ultima analisi, non sarà inutile ricordare come il mito di Sparta, sopravvivendo con alterne fortune nel corso dei secoli, è stato preso come modello da alcune delle correnti di pensiero tra le più liberticide della storia.

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