Deliveroo, Just Eat, Uber Eats, Glovo: sono compagnie di consegna cibo (food delivery) a domicilio, che si avvalgono di proprie piattaforme in rete e di un grande numero di fattorini, spesso in bicicletta, ma anche in moto ed auto, più elegantemente chiamati rider. Grazie alle piattaforme di queste società,  ordinare il pranzo, la cena o addirittura la colazione e riceverli direttamente a casa, con un costo di consegna bassissimo, talvolta anche nullo, è diventata la normalità, soprattutto in epoca Covid. RIDER, FATTORINI IN BICICLETTA Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Con un semplice tocco sullo schermo del cellulare ed un’attesa di massimo mezz’ora ci troviamo in casa il cibo che vogliamo, quando lo vogliamo.

Nessuno sforzo per chi ordina, ma com’è la situazione per chi invece deve consegnare?

I rider sono i fattorini addetti alle consegne a domicilio, che effettuano per conto delle società sopraccitate, e rappresentano anche una delle categorie di lavoratori meno tutelate in Italia. Spesso, infatti, non percepiscono uno stipendio regolare, ma lavorano invece a cottimo, e sono quindi retribuiti in base alla quantità di lavoro che forniscono, come lavoratori autonomi.

Questo metodo di retribuzione, tuttavia, non corrisponde a ciò che ritroviamo invece nella legge 128/2019, secondo cui a tutti i rider dovrebbe essere garantito un compenso minimo. Il settore comprende una diversa gamma di lavoratori, tutelati, anzi poco tutelati, in maniera difforme anche a seconda della compagnia di riferimento, ma accomunati dalla precarietà del proprio lavoro e, nella quasi totalità dei casi, dalla necessità di guadagnare un minimo di reddito pur se a condizioni lavorative non facili. Primo requisito la forma fisica, per poter percorrere chilometri e chilometri in bicicletta per le vie cittadine.
Abbiamo voluto acquisire una testimonianza diretta intervistando uno di loro, che chiameremo Andrea, ha 28 anni, è romano ed è laureato in storia… ovviamente è un ottimo ciclista.

– Cosa ti ha portato a fare questo lavoro?

Potrei dire la pandemia. Io lavoro per mantenermi agli studi, ho già una laurea triennale, ma ora frequento una scuola di arte drammatica, che è abbastanza costosa ed impegna anche molto tempo durante il giorno, perciò prima lavoravo la sera nei locali, soprattutto nei fine settimana, ora la pandemia ha costretto molti di noi, lavoratori precari, a cercare altre vie di guadagno.

– Quanti giorni a settimana e quante ore al giorno devi essere a disposizione?
Io lavoro con Deliveroo, che è l’unica compagnia a non richiedere una disponibilità giornaliera e settimanale fissa. Ho installato l’app sul telefono, su cui scelgo la zona in cui lavorare, e, in tempo reale l’app mi mostra quante sono le domande di consegna in quel momento nella mia area (disponibilità bassa, media o alta ed io vorrò andare a lavorare con quella media o alta perché ci sono più consegne). Non ho un minimo di ore da dover garantire a settimana o al mese, per esempio a marzo ho lavorato tutti i giorni, ma ad aprile mai perché non ho avuto tempo, quindi semplicemente non vengo pagato.

– Quindi puoi liberamente scegliere i tuoi orari, ma quali sono i lati negativi di questa flessibilità?

L’azienda per cui lavoro ci lascia ampia flessibilità, ma non dà un pagamento orario, non paga un minimo all’ora con un bonus per ogni consegna, ma paga solo in base al numero di consegne.

Questo è conveniente solo quando ci sono parecchie consegne da fare, perché il pagamento è senza dubbio superiore, ma se quel giorno ed in quella fascia oraria non ci sono consegne non si guadagna nulla e si resta fuori per niente, magari a prendere freddo, mentre nel caso di Just Eat, ad esempio, si verrebbe pagati con una paga base anche in un giorno in cui non ci sono consegne da fare, ma c’è minore flessibilità.

Per me è comoda la flessibilità degli orari perché parallelamente frequento l’accademia e non posso garantire un impegno costante. Deliveroo è particolarmente flessibile, perché puoi andare quando vuoi e non devi trovare un sostituto, come nel caso di altre piattaforme, nel caso in cui non ci sei nell’orario che ti hanno assegnato. Insomma è una modalità ideale per gli studenti. E’ invece sicuramente scomodo per chi magari ha una certa età ed ha una famiglia. Ora poi, soprattutto con la pandemia, molti hanno perso il lavoro e si trovano a 40 o 50 anni a dover fare solamente i fattorini, senza altra scelta, per loro senza dubbio sarebbe meglio un pagamento orario minimo fisso su cui poter contare, anche in assenza di consegne.

– Quante consegne fai giornalmente e con quali ricavi? E quanto devi versare in tasse?

Il pagamento a consegna non è fisso, ma dipende dalla mia distanza dal ristorante e dal cliente e dalla distanza del cliente dal ristorante (si aggira sui 4-6 euro), ogni tanto ci sono dei bonus tipo venerdì e sabato sera bonus del 25% in più su ogni consegna, se piove o nevica o ci sono temperature basse ci sono bonus, però con il pagamento a consegna non sai mai quanto guadagnerai ogni mese e puoi ritrovarti a dare la disponibilità per due ore ma fare una sola consegna, dovendo però rimanere tutto il tempo al freddo in bicicletta, nell’attesa. Insomma non solo non è fisso il pagamento a consegna, ma anche il numero di consegne non è fisso ed è difficile da prevedere. Sicuramente nei weekend è maggiore il numero delle consegne, che varia molto anche a seconda della zona, che sia centrale o periferica. Comunque su ogni pagamento la società trattiene il 20% che versa allo Stato come acconto Irpef, essendo sostituto d’imposta. Poi a fine anno la compagnia rilascia una certificazione complessiva degli emolumenti per la dichiarazione dei redditi, per la quale si pagano quindi le aliquote che pagano tutti, in base al reddito dell’anno.

-Lavori sotto contratto?

Di fatto sono considerato un lavoratore autonomo con contratto per prestazioni occasionali, quindi senza obbligo di possedere la partita IVA, a patto di restare sotto la soglia dei 5.000 euro lordi annuali, altrimenti è necessario avere la partita IVA ed effettuare fattura ad ogni pagamento, il che complica le cose, perché poi è necessario avere anche un commercialista e di solito non si arriva mai a guadagni tali da coprire anche questi costi. In genere Deliveroo avverte i propri rider quando questi si avvicinano alla soglia dei cinquemila euro.

-Che tutela viene offerta in caso di incidenti?

Deliveroo dice di assicurare i propri riders all’INAIL per gli eventuali infortuni sul lavoro; per mia fortuna finora non ho mai dovuto verificarlo.

-Quali sono le tue prospettive per il futuro?

Quello di rider non è certo il lavoro stabile che ci si augura per la vita o sul quale immaginarsi e creare prospettive, al momento mi sta bene farlo e mi è comodo, nonostante la scomodità, per le ragioni che ho già spiegato. Spero in futuro di poter realizzare le mie aspirazioni artistiche nel teatro o comunque di trovare un lavoro più confacente anche dal punto di vista intellettuale. Alla fine non si può fare il rider a vita, sia per lo scarso reddito che per la fatica fisica.

– Ritieni che si stia andando finalmente verso una stabilizzazione dei rapporti di lavoro e delle tutele?

Certamente si sta muovendo qualcosa, ma il lavoro di per sé ha le caratteristiche proprie della precarietà e immagino sarà difficile offrire tutele e garanzie tali da poter considerare il lavoro di rider come una scelta con prospettive a lungo termine, poi che ci siano lavoratori che sono costretti da anni a fare questo lavoro è un altro discorso.

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