Un quartiere nato per famiglie operaie, fu l’unico ad opporsi alla marcia su Roma. Dopo essere stato bombardato durante la Seconda Guerra Mondiale, il rione ha dato il via alla “Resistenza romana”, riuscendo in seguito a rialzarsi. Sino al dopoguerra ha conservato la sua anima popolare, per poi diventare negli ultimi decenni soprattutto un quartiere universitario, gentrificato e abbandonato a sé stesso. Con oltre un secolo di storia alle spalle, questo piccolo borgo si è trasformato quindi in ‘luogo del degrado’. San Lorenzo: il quartiere romano tra storia e degrado Direttore Claudio Plaazzi
LE ORIGINI
Il quartiere San Lorenzo è situato tra Porta Tiburtina e il cimitero del Verano. Prende il suo nome dalla basilica di San Lorenzo fuori le mura. Fino all’Ottocento era una zona prevalentemente agricola. Solo alla fine del secolo inizia a sviluppare una notevole rete urbanistica finalizzata alla costruzione di case per gli operai, iniziando quindi ad essere forgiato da una certa anima popolare. Con la costruzione, in seguito, dello Scalo Merci ferroviario iniziano a trasferirsi nuovi abitanti.
LE DUE GUERRE
La Grande Guerra provoca un peggioramento del tenore di vita aumentando il costo dei beni di prima necessità. L’industria bellica implementa l’attività dello Scalo merci, ma anche lo sviluppo urbano.
Nel primo dopoguerra si rafforzano le caratteristiche di San Lorenzo roccaforte di sinistra, periodo in cui il Circolo Socialista di via dei Sardi svolge attività politica e culturale, consentendo l’accesso e la lettura di testi e materiale difficilmente reperibili per la maggior parte della popolazione. Le vicende politiche nazionali vedono una sinistra frammentata e vacillante di fronte alle iniziative fasciste, ma a San Lorenzo sezioni e circoli partitici riescono a cooperare tra loro e con gli spontaneismi popolari anarchici e filocomunisti, tanto che le resistenze dei primi Anni Venti richiedono l’intervento massiccio di Carabinieri e Guardie Regie. Intanto il volto urbano-architettonico si arricchisce: nella parte bassa del quartiere, per esempio, vengono costruiti il carcere minorile e il cinema Palazzo, si insedia l’Associazione dei Cavalieri di Colombo che allestisce un centro sportivo; nel 1929 il campanile della Chiesa dell’Immacolata viene completato. Negli anni Trenta il confine settentrionale dell’area sanlorenzina viene ulteriormente modificato dalla costruzione del Ministero dell’Aeronautica, della nuova Città Universitaria e del Centro Nazionale delle Ricerche, strutture che rinforzano l’isolamento, sempre più intenzionalmente perseguito, del quartiere: queste strutture non solo divengono simbolo dell’intento fascista di fare di Roma rappresentanza di sviluppo e grandiosità, ma si fanno anche presidi atti a confermare e rinforzare la separazione del quartiere operaio.
Con l’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale e le massicce operazioni di rastrellamento dei sovversivi, San Lorenzo è coinvolto in un rigurgito di attivismo antifascista. Accanto al mercato nero e alle iniziative assistenziali vengono implementate l’economia domestica e le reti di sostegno sociale informale, mediante cui più nuclei familiari, ricorrendo al baratto, tentano di far fronte alle esigenze di beni di prima necessità; queste strategie rinsaldano i vecchi legami tra gli abitanti di una stessa palazzina o isolato e favoriscono anche nuove alleanze tra immigrati provenienti da diverse regioni di Italia. Quando i bombardamenti del 19 luglio 1943 radono al suolo molti palazzi del quartiere e coinvolgono migliaia di civili, si sgretola la speranza dei romani che la città non sia ulteriormente sconvolta dalla guerra, mentre San Lorenzo rinforza il proprio vissuto di vittima, separata dal resto della città, a cui è riservato il pagamento della libertà di tutti. Con gli anni della resistenza la popolazione di San Lorenzo accoglie militari fuggiaschi e antifascisti, nasconde nelle tombe divelte del Verano le armi da consegnare ai partigiani, spesso sanlorenzini. Il 5 giugno 1944 il quartiere viene liberato dopo nove mesi di occupazione.
IL SECONDO DOPOGUERRA
Tra gli anni Sessanta e Settanta il quartiere diviene soprattutto protagonista grazie alle contestazioni studentesche e viene scelto come sede da alcuni dei collettivi extraparlamentari, che uniscono la protesta studentesca a quella operaia. Progressivamente la connotazione marcatamente proletaria del quartiere cede il passo alla sperimentazione artistica, importante per la ‘rinascita’ del quartiere. Nel 1984 il critico Achille Bonito Oliva, noto per aver battezzato precedentemente il movimento artistico della Transavanguardia, rese celebre l’ex-pastificio Cerere, ancora oggi fucina di produzioni artistiche, con la mostra “Ateliers”, aprendo al pubblico le stanze dove abitavano e lavoravano i maestri del ‘Gruppo di San Lorenzo’. Man mano il quartiere diviene fucina di cooperative sociali, iniziative volontaristiche e professionali, che nascono nell’intento della popolazione di coinvolgersi in progetti condivisi. Dagli anni Ottanta-Novanta fino agli inizi del nuovo secolo il terziario diviene settore fondamentale nell’economia del quartiere e sempre più consistente il numero dei lavoratori impiegati nei servizi. Sin dalla sua costruzione (1935), per esempio, la Città Universitaria ha contribuito al cambiamento del quartiere, sia perché molti degli abitanti e frequentatori attuali sono studenti sia per l’utilizzo di alcune strutture del territorio, come l’ONMI di via dei Sardi che diviene Istituto di Puericultura, l’ex reclusorio giovanile oggi Istituto di Neuropsichiatria Infantile, la fabbrica Wührer ora sede della Facoltà di Psicologia.
IL QUARTIERE OGGI
Ai nostri giorni, San Lorenzo presenta profonde modificazioni strutturali, sociali, economiche, culturali che si intrecciano in processi di non sempre facile convivenza tra gli abitanti storici, gli studenti universitari e i numerosi avventori della movida notturna. L’anima popolare è un ricordo sempre più sbiadito, come i colori dei palazzi. Il tempo passando si è portato via un pezzo di storia, con la scomparsa delle botteghe antiche, dovuta a un sistema cieco alle difficoltà dei piccoli commercianti. Il quartiere ha resistito per parecchio tempo al processo di gentrificazione, ma alla fine ha dovuto cedere. Questo lento declino corrisponde a quello di una realtà sociale caratterizzata dalla mercificazione capitalista e all’esaurirsi della storia. Il bivio di fronte al quale si trova il quartiere è proprio quello fra storia e degrado. Purtroppo, però, questo bivio sembra ormai essere stato superato nonostante ci siano sempre state, negli ultimi anni, iniziative che hanno voluto dare priorità allo sviluppo sociale, culturale e anche artistico del quartiere (come per esempio la creazione di diversi murales intrisi di storia). Il problema principale è che negli anni queste iniziative sono state letteralmente soppresse: sono stati chiusi parchi, biblioteche, intere strade, librerie, negozi di vicinato, associazioni di volontariato, spazi di aggregazione sociale (il caso dell’ex Cinema Palazzo). La domanda quindi sorge spontanea: come si può ottenere la riqualificazione di un quartiere se tutti gli sforzi, che partono dal basso, sono puntualmente vanificati dall’alto? Difficile, se non impossibile, rispondere.