Stop al piano Cashback per il secondo semestre del 2021

Arriva in chiusura del primo semestre del 2021 la decisione del governo Draghi di sospendere il piano Cashback, proprio quando sarebbe cominciato il suo ‘’secondo round’’. Sospensione del Cashback: tra rilancio dei consumi e lotta all’evasione Direttore responsabile: Claudio Palazzi
La misura era stata pensata dal governo Conte per incentivare i consumi, sostenere i negozi fisici, e combattere i piccoli evasori, riattivando un circuito che il Covid aveva bruscamente interrotto. Ogni cittadino, registrato sull’apposita App, poteva essere rimborsato del 10% di quanto pagato con moneta elettronica (escluso l’e-commerce) fino a un massimo di 1.500 euro di spesa e con minimo 50 operazioni a semestre: quindi fino a 150 euro rimborsati ogni sei mesi.

Il 1 Luglio è terminato il primo semestre. Ora si rimborsa chi ha speso, ma la cabina di regia del governo ha deciso di non proseguire, contrariamente a quanto aveva disposto il precedente esecutivo.

I dubbi di Draghi: la destra unita brinda, sinistra e 5S contrari

Già dalla formazione del nuovo governo, il piano Cashback era nelle mire della destra e verosimilmente destinato a decadere. Neanche Draghi si era mai pronunciato a favore della misura. Negli ultimi giorni dichiara che il piano “ha un carattere regressivo ed è destinato ad indirizzare le risorse verso le categorie e le aree del Paese in condizioni economiche migliori”.

Chi sarebbero, secondo Draghi, coloro che beneficiano del rimborso? Chi usa la moneta elettronica, i ceti abbienti, i residenti delle grandi città, il nord del paese e le famiglie meno anziane: Queste categorie, a detta del PDC, già spenderebbero con la carta più di quanto lo stesso piano vorrebbe incentivare – rendendolo di fatto vano. Sottolinea inoltre l’eccessivo peso della riforma che ammonterebbe a 4.7 miliardi per il biennio 2021-22.

Allora la destra intestandosi la vittoria, ritrova una coesione che da tempo mancava e si riunisce per brindare. Salvini si dice soddisfatto: ‘’aver eliminato il Cashback, la lotteria degli scontrini e queste cose surreali, dando invece soldi alle imprese’’ pare un buon segno al segretario leghista, impegnato da sempre nella lotta alla moneta elettronica e al tetto massimo del contante. Sono dello stesso avviso Berlusconi e Meloni, forse dopo mesi che non si trovavano sulla stessa linea.

All’interno della maggioranza il Movimento 5 Stelle, Leu e parte del PD hanno subito protestato contro la decisione di Draghi: L’incentivo avrebbe avuto un enorme successo, soprattutto tra i giovani e nel tempo si sarebbe ripagato da solo. I dati sui consumi avrebbero raggiunto i 14 miliardi entro fine 2022 con 2,5 miliardi di nuove entrate per lo Stato e senza introdurre nessuna nuova tassa.

Marco Furfaro, responsabile comunicazione del PD, scrive su Twitter che il piano «ha stimolato i consumi» e che in base i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze «entro il 2025 avrebbe prodotto un gettito fiscale di 9 miliardi».

Ulteriore argomento di 5S e sinistra sarebbe la capacità del piano di combattere la piccola evasione, tracciando i pagamenti in modo trasparente e scoraggiando l’eccesso di moneta contante e l’e-commerce, cresciuto a dismisura durante la pandemia, che infatti non rientra nelle transazioni rimborsabili.

Cosa succede ora: le sorti del piano

Al piano hanno aderito, scaricando la App IO, oltre 8,9 milioni di persone, circa il 15% della popolazione, che finora hanno effettuato più di 800 milioni di transazioni. Circa 5,9 milioni di utenti hanno registrato più di 50 operazioni, ossia hanno raggiunto la soglia minima per il rimborso. L’accredito è previsto nel mese di luglio.

L’applicazione App IO rimarrà attiva, ma se si faranno pagamenti elettronici, questi non daranno diritto al rimborso. Non si sa cosa succederà dopo questo semestre: la sospensione fa ipotizzare una possibile ripresa del piano, qualora il governo non decida di cancellarlo tout court. Tuttavia la volontà della destra al governo e di Draghi non sembra ambigua.

Opinioni che restano tali: la mancanza di una valutazione scientifica

Sembra piuttosto evidente che il Cashback abbia stimolato nuove abitudini, incentivando i cittadini a pagare con la carta anche le piccole commissioni per le quali prima avrebbero usato i contanti e obbligando i commercianti a dotarsi dei necessari strumenti di pagamento elettronico.

Lo stesso ministro dell’Innovazione tecnologica Vittorio Colao, a marzo, aveva parlato al Fatto Quotidiano di “un grande successo” perché “molti italiani hanno imparato o cominciato a fare cose che prima non facevano”.

Se dunque l’effetto traino c’è stato ed è riconosciuto anche da chi nega gli effetti positivi del piano, ciò che pare difficile da valutare è invece il quantum della misura. Persino le opinioni del Presidente Draghi, elogiato spesso come l’uomo dalla infallibile competenza tecnico-scientifica, restano opinioni: non esiste ancora una pubblicazione scientifica che quantifichi nel dettaglio gli effetti del piano Cashback sui consumi degli italiani, sulle abitudini di acquisto e sulla lotta all’evasione.

Unica a pronunciarsi sulla misura era stata, a maggio, la Corte dei Conti. Ha innanzitutto esplicitato il carattere parziale del suo giudizio, che arrivava a pochissimi mesi dall’avvio del piano, e ha segnalato che la decisione di proseguire o meno deve fondarsi sulla “compiuta conoscenza di elementi fondamentali quali la valutazione degli effetti economici prodotti”. Inoltre nel rapporto la Corte ha evidenziato alcune criticità quali la difficoltà di monitorare gli effetti, che sarebbe fondamentale per decidere delle sorti del piano, e suggerito di aumentare il numero minimo di transazioni e di incentivare i pagamenti verso gli operatori medio-piccoli.

Dunque stante un certo scetticismo da parte della Corte, la stessa ha ammesso che è ancora troppo presto per capire se la misura sia in grado di sortire effetti positivi o negativi.

Al contrario, la Community Cashless Society, gruppo di cui fanno parte fra gli altri anche Unicredit, Visa, MasterCard, Poste Italiane e Intesa San Paolo, che da anni si batte per promuovere i pagamenti elettronici, ha sottolineato alcuni effetti positivi della misura. Secondo le stime, il Cashback aumenterebbe i consumi in Italia di 23 miliardi circa nel biennio 2021-22, generando un gettito di oltre 9 miliardi fino al 2025: la misura così si ripagherebbe da sola, come sostengono alcuni esponenti di sinistra e 5S.

Dalla destra di governo al governo di destra: dietrologie ed elezione del capo dello Stato

La mancanza di valutazioni certe sugli effetti da un lato stempera l’ottimismo di chi aveva visto nel Cashback la possibilità di rilanciare i consumi e combattere l’evasione, ma dall’altro non permette di capire in base a quali elementi il governo Draghi abbia deciso la sospensione del piano.

Le stesse elaborazioni pervenute, in primis quella della Corte dei Conti, sembrano suggerire di attendere del tempo prima di decidere: il rischio di interrompere ora il piano è quello di calpestarne i semi che ormai sono stati piantati, senza però raccoglierne i frutti che non sono ancora maturi.

È lecito chiedersi perché dunque Draghi abbia assunto questa decisione in mancanza di referti chiari, spalleggiando la destra e consegnandole una rivincita importante contro il precedente esecutivo, da sommare a quella ottenuta con lo sblocco dei licenziamenti.

Non è assurdo pensare che il Presidente possa ora pretendere un atteggiamento più fedele della Lega, che invero aveva manifestato insubordinazione negli ultimi mesi e messo a repentaglio la stabilità dell’esecutivo, proprio in prossimità del semestre bianco.

Difatti la partita che resta all’orizzonte è l’elezione del Capo dello Stato del 2022: se i sondaggi non mentono, l’eventuale caduta del governo Draghi e le elezioni anticipate potrebbero garantire al duo Salvini-Meloni una cospicua maggioranza, vista anche la crescita di consensi che sta registrando dall’opposizione Fratelli di Italia.

Mario Draghi potrebbe quindi, di fronte ad una destra in ascesa, dover aumentare le concessioni alla stessa, “tenendosela buona” ma spostando inesorabilmente a destra il bacino del governo dei migliori.

Cashback sospeso ma resta il problema dell’evasione

Tornando al Cashback, il piano per ora è sì sospeso ma il grande tema che invece non può essere rimandato, oltre chiaramente alla ripresa post-covid, è quello dell’evasione.

Chi ha attaccato il piano lo ha fatto anche sostenendo la sua inefficacia contro gli evasori fiscali. Tuttavia non si può credere davvero che la prima ed unica ratio del piano fosse quella di risolvere il problema dell’evasione in Italia. La misura nasceva, come si è scritto, con l’intento di rilanciare i consumi nei negozi fisici contro l’e-commerce, garantendo una parziale redistribuzione della ricchezza: naturale conseguenza dei pagamenti elettronici sarebbe stato il tracciamento degli stessi e quindi un freno alla piccola evasione.

Come ha dichiarato la vicesegretaria generale della CGIL Gianna Fracassi, ‘’ (Il Cashback ndr) è un importante complemento nella lotta all’evasione fiscale perché spinge verso una modifica virtuosa dei comportamenti dei consumatori ma, ancor più, per la spinta verso la dotazione di sistemi innovativi e connessi di pagamento e di registrazione delle transazioni per le attività al minuto”.

La lotta all’evasione è dunque più una conseguenza che non lo scopo primo del piano, che può allora essere complementare ad altri strumenti specifici, e non certo sostitutivo.

Inoltre questo sistema di rimborso tocca solo, e in parte, la cosiddetta piccola evasione, mentre non è assolutamente in grado di intercettare quella grande.

Le modalità di evasione delle grandi holding non sono certo ascrivibili alla mancata emissione di scontrini o ricevute, ma piuttosto al ricorso alle frodi doganali, alle frodi carosello, alle operazioni estero su estero e alle compensazioni indebite. Reati che non sono minimamente toccati dal Cashback, ma che costituiscono larga parte del tax gap italiano.

A tale proposito, La Cgia aveva rilevato che negli ultimi anni l’entità dell’evasione fiscale contestata alle grandi imprese è stata circa 16 volte superiore a quella delle piccole aziende e dei lavoratori autonomi. “Questi dati ci dicono che la potenziale dimensione dell’infedeltà fiscale delle grandi aziende è enormemente superiore a quella delle piccole” sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi degli Artigiani di Mestre Paolo Zabeo.

Pertanto ogni forma di evasione è da condannare, ma per combatterla sarebbe necessario disporre di strumenti specifici che da un lato correggano le irregolarità per le piccole transazioni – problema di cui in parte il Cashback si sarebbe potuto occupare – ma dall’altro che sappiano anche gestire l’evasione dei grandi colossi, non monitorabile sic et simpliciter controllando gli scontrini.

Il Cashback come occasione mancata

Dunque il senso del Cashback potrebbe essere ritrovato non solo nella lotta (parziale) all’evasione ma anche nella sua capacità potenziale di aggiornare un sistema ancora non digitalizzato, diffondendo l’uso del POS e riattivando i consumi nei negozi fisici, tanto depauperati dalla pandemia. Il rischio di aver sospeso oggi il piano è allora quello di non concedere alla misura sufficiente tempo per maturare dei risultati, avendone però già sostenuto i costi.

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