Netflix ha da poco annunciato il rilascio nel 2023 di una seconda stagione di Squid Game, la serie tv sudcoreana che in pochi giorni è diventata la serie più vista di sempre sulla piattaforma americana ed è stata vista da oltre 111 milioni di utenti.

Ben lontano dalle luci, i brillantini e lo sfarzo del K-pop – la musica pop Coreana che sta spopolando sempre più in Occidente e viene considerato il sesto mercato musicale più grande al mondo -, Squid Game ci catapulta in un mondo narrativo in cui viene architettata una gara composta da sei “giochi” ispirati a giochi per bambini, alla fine dei quali il vincitore sarà il solo ad aver salva la pelle. In palio c’è un premio di 45,6 miliardi di won (corrispondenti a circa 33 milioni di euro) ed i giocatori pronti a rischiare la propria vita sono 456 persone comuni che decidono di rischiare il tutto per tutto perché indebitati fino al collo. Tutto il gioco, come se non bastasse, non ha altro fine che quello di intrattenere un gruppo di super ricchi, che piazzano scommesse sul giocatore che ritengono potrà vincere.

Un intreccio così brutale ed efferato dove dei super ricchi giocano a scommettere su chi sopravvivrà ad un gioco mortale non può non far riflettere sulle ragioni che hanno spinto i personaggi ad una scelta così estrema e su uno stato che nulla fa per evitare che dei cittadini arrivino a tanto. Di fatto lo stesso ideatore, regista e sceneggiatore della serie Hwang Dong-Hyuk ha comunicato di essersi ispirato proprio al grande divario socio-economico in seno alla società della Corea del Sud.

La corsa al benessere

In Corea del Sud nel 1953 più della metà della popolazione era in una condizione di povertà assoluta e più della metà era analfabeta. Oggi è il 12° paese per pil nominale. Anche a causa di una crescita economica così repentina e di un capitalismo sfrenato che potesse alimentarla, la pressione sociale è elevatissima, le aspettative nei confronti di ogni membro della società lo sono altrettanto e il fallimento è raramente contemplato. Il paese ha raggiunto parimenti il 12° posto in una delle classifiche più tragiche che è quella dei paesi per tasso di suicidi.

Il debito familiare ammonta ad oltre il 100% del Prodotto Interno Lordo del paese in seguito ad una pratica di concessione di prestiti da parte delle banche estremamente disinvolta che poco si cura di verificare le possibilità economiche del debitore. Il Guardian definisce contrarre un prestito in Corea del Sud “easy as buying a cup of coffee”, facile come comprare una tazza di caffè. Il mix esplosivo di capitalismo selvaggio, aumento repentino di benessere che pretende altro benessere e pressione sociale hanno portato l’indebitamento e il rischio insolvenza ad essere endemici e ad essere una ragione considerevolmente incisiva sul tasso di suicidi.

Squid Game fra finzione e realtà

Se Squid Game è finzione, il gap mondiale fra ricchi e poveri è ad anni luce dall’esserlo. Vengono pubblicati continuamente rapporti, paper e statistiche che mettono in luce in maniera cristallina quanto siano siderali tali disuguaglianze; eppure, spesso si ha l’impressione che non si vada oltre l’indignazione e ci si lasci trasportare dal fatalismo, pensando e rassegnandosi al fatto che in fondo sia sempre stato così e che sia tutt’affatto naturale. Di certo non lo si fa di proposito. La mente umana non si è evoluta per immaginare ed avere reale contezza dei grandi numeri e dunque delle differenze abissali fra di essi. Un miliardo è più di un milione, su questo in pochi eserciteranno il dubbio, ma quanto di più? Un milione di secondi equivalgono a 11 giorni e mezzo. Un miliardo di secondi equivalgono a 38 anni e mezzo. Possibilmente questo paragone può aiutare a comprendere meglio le grandezze quando leggiamo che nel 2019 le 26 persone più ricche del pianeta avevano una ricchezza pari a quella di 3,8 miliardi di persone, ossia il 50% più povero del globo terraqueo. O che 2153 miliardari detengono una maggiore ricchezza di 4,6 miliardi di persone nonché il 60% della popolazione mondiale. O che una mucca allevata in Unione Europea riceve in media all’incirca 2,2 euro al giorno di sussidi e il 50% circa della popolazione risiedente in Africa Subsahariana vive con meno di 1,90 dollari al giorno.

La pandemia di SARS-CoV-2 evidentemente non ha fatto che peggiorare una situazione di per sé già drammatica, vedendo sprofondare sotto la soglia di povertà 163 milioni di persone in più mentre i 10 uomini più ricchi raddoppiavano il proprio patrimonio o assistendo all’apparizione di 26 nuovi miliardari al giorno da marzo 2020 a novembre 2021.

Quelle disuguaglianze che la politica non vuole vedere

Oramai appare più che comprovato che la politica del trickle-down di Reaganiana memoria – o teoria della goccia, secondo cui a un forte taglio delle tasse dei ceti più abbienti corrisponderebbero ipso facto dei benefici che dall’alto “gocciolerebbero” giù investendo di benessere classe media e ceti inferiori – non sia che un pessimo equivoco tutto a spesa di quei milioni di poveri che ancora attendono che sia ottriata loro qualche goccia. Numerose sono le misure di re-distribuzione attuabili da affiancare a misure di pre-distribuzione. Fra le seconde è bene constatare come, nonostante la fine della storia, da qualche tempo non sia più tabù parlare di salario minimo e sempre più paesi hanno introdotto tale misura mirando ad una ancora lontana allocazione ottimale delle risorse. Non resta che vedere dunque, se parimenti, seguirà mai lo stesso corso, entrando anch’esso nell’arena politica, il dibattito su un salario massimo.

Ad ogni modo, quali che siano le soluzioni favorite, gli incessanti rapporti sullo stato delle disuguaglianze avranno onorato la loro raison d’être se riusciranno a far passare gli attori sociali da uno stato di mera indignazione ad un processo attivo e partecipato che miri ad affrontare con responsabilità il problema. Il tutto possibilmente prima che i cittadini debbano fare ricorso come extrema ratio allo Squid Game.

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