Nel corso della storia, l’educazione didattica ha assunto forme e sfruttato strumenti differenti, contribuendo in maniera inequivocabile alla formazione della società del tempo. È impossibile ignorare l’influenza che l’insegnamento e il modo in cui questo sia stato trasmesso possa stravolgere completamente lo sviluppo di un individuo e, di conseguenza, della comunità in quanto tale.

I giovani, infatti, trascorrono gran parte della loro età formativa trai banchi di scuola e sarà proprio durante questo periodo che la loro personalità si svilupperà. In concomitanza, questi dovrebbero assumere la capacità di osservare e giudicare in maniera critica il mondo che li circonda. Per questo motivo, gli insegnanti si ritrovano ad affrontare un’enorme responsabilità, che non può in alcun modo essere sottovaluta.

Lo sfruttamento del sistema scolastico da parte del Governo Fascista, durante gli anni che precedevano la guerra, ne risulta essere un esempio lampante. L’obiettivo non era di creare individui consapevoli, ma di crescerli immersi in una realtà acutamente creata per loro. Paradossalmente, questo aveva portato all’incentivazione al proseguimento degli studi, modellando lo spicchio di popolazione che avrebbe rappresentato il futuro.

Gli studenti italiani venivano cresciuti, fin dall’infanzia, con una mentalità volta al militare e al rigore, fortemente incentrata sul rispetto. Il patriottismo era quasi un requisito obbligatorio e, più erano interessati a tale stile di vita, più venivano ricompensati.

“Ora, poiché nella scuola passano tutti gli Italiani, è necessario che essa, in tutti i suoi gradi, sia intonata a quelle che sono, oggi, le esigenze spirituali, militari ed economiche del Regime. Bisogna che la scuola, non soltanto nella forma, ma soprattutto nello spirito, che è il motore dell’universo e la forza primordiale dell’umanità, sia profondamente fascista in tutte le sue manifestazione”

Queste furono le parole di Benito Mussolini, in un emblematico discorso del 5 settembre 1935. Il governo, perciò, era anche stato molto chiaro sulle ragioni propagandistiche dietro all’interesse provato nei confronti della didattica scolastica. Basta ricordare come i libri di testo proponessero costanti riflessioni sulla politica del paese, rendendola centrale in ogni argomento trattato.

Per questo motivo, non sorprende affatto che l’educazione successiva alla Seconda Guerra Mondiale fosse volta ad attuare il processo opposto. La chiave politica e propagandistica persisteva, ma con l’obiettivo di riparare a quelli che erano considerati danni creati dall’educazione fascista. In particolare, molti dei libri di storia erano scritti da figure fortemente di sinistra, nella speranza che contrastassero l’insegnamento precedente.

La Guerra Fredda, che si estese silenziosamente fino agli anni ‘90, non poté che avere il suo ruolo. La coesistenza di linee di pensiero così contrastanti doveva favorire, infatti, un’istruzione il più variegata possibile. Si arrivò a quel punto al consenso quasi generale per cui la scuola aveva il dovere di educare l’individuo allo sviluppo di un proprio pensiero critico. Non vi era più la necessità di un’educazione che rispecchiasse il governo: l’Italia era un paese democratico e quindi vario.

L’esigenza di proporre agli studenti precise ideologie politiche da scegliere, seguire e rispettare venne gradualmente  meno. Mentre risulta impossibile raggiungere la totale oggettività nei testi di studi umanistici, si aspirò ugualmente a un obiettivo simile. La politica venne portata trai banchi dagli studenti stessi e gli insegnanti puntarono, piuttosto, a una trasmissione di principi morali.

In precedenza la didattica era stata ridotta a un mezzo propagandistico, si cercò quindi di restituirle il valore originale. La formazione dei giovani doveva essere totale, legata a campi di studio differente, ma anche morale e personale. Non si stavano istruendo solamente studenti, infatti, ma i futuri membri di una società che avrebbe dovuto operare in armonia.

Nonostante ciò, per gli insegnati risultava difficile separare l’alunno dal giovane, in un momento della crescita così delicato. A tale proposito, è facile ricordare le parole di uno degli ex alunni di Roberto Vecchioni. “Non ci vedeva come numeri da incasellare, ma persone da cui tirar fuori il meglio”. Il commento risulta carico di ammirazione, nei confronti di un uomo che ha veramente saputo educare i suoi ragazzi.

Nel XX secolo, perciò, la didattica era stata caratterizzata da una costante lotta tra equilibri, in cui si tentava di creare un rapporto equo con la politica, mantenendo una formazione completa per le nuove generazione. Al contrario, gli anni 2000 hanno visto la rapida diffusione della tecnologia e le conseguenze che ha avuto nelle scuole. A esempio è ormai nota la lavagna interattiva multimediale, arrivata nelle classi in momenti differenti, ma con un notevole impatto.

La presenza del computer all’interno delle case, inoltre, ha portato a un approccio differente allo studio in autonomia. Non solo la ricerca delle fonti risulta essere più rapida, ma rende anche accessibili le informazioni più recenti. Questo permette all’alunno di realizzare presentazioni più precise e più complesse, che possano davvero aiutarlo con l’apprendimento.

C’è da dire che l’utilizzo di tali dispositivi è risultato essenziale anche per gli studenti con disabilità o disturbi dell’apprendimento, che senza di questi avrebbero continuato a riscontrare molte più problematiche. La loro importanza, impossibile da ignorare, ha raggiunto il suo apice nel 2020, con l’imprevedibile arrivo della pandemia. Le applicazioni di registrazione e videoconferenza divennero la salvezza di molti, permettendo lo svolgimento delle lezioni, anche se con limitazioni.

La scelta di eliminare del tutto la forma delle videolezioni dalla didattica italiana non è stata altro che una regressione. Tale mezzo rendeva possibile proseguire con la didattica anche in caso di malattia dello studente e, secondo molti, avrebbe dovuto essere mantenuto come forma cautelare.

In un momento in cui si richiede da parte dell’insegnante un rapporto più personale con il gruppo classe, risulta incredibile che li si privi dei mezzi per poterlo sostenere. È innegabile, tuttavia, che la scuola si trovi in costante stato di cambiamento e i mezzi abbandonati potranno essere riscoperti. In attesa di quel momento, si può solamente avere fiducia nel sistema che sta venendo costruito, passo dopo passo.

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