Sullo scenario di luoghi abbandonati, le nostre fantasie e passioni più ambigue e controverse trovano sfogo ed espletamento. Luoghi costruiti dall’uomo, che ne raccontano storie, successi e orrori, si vestono ai nostri occhi di sfumature misteriose, di storia e senso mortale, che agiscono sulla nostra psiche con ipnotica fascinazione. Qui di seguito riportiamo la storia di due di questi luoghi che portano le nostre menti lontano, nel tempo e nello spazio. Storie di città fantasma Direttore responsabile: Claudio Palazzi

Prora, la stazione balneare nazista 

Le acque fredde del Mar Baltico si infrangono sulle sponde dell’isola di Rugen, là dove il cielo è spesso grigio e il clima spesso impervio, là si ergono minacciosi e tristi otto fabbricati identici, turpi e in rovina. Per 4 km e mezzo queste mostruosità deturpano un tetro paesaggio deserto, i vetri sono rotti, l’intonaco dei palazzoni cade a pezzi, l’erba cresce incolta ai loro piedi, e sembra di trovarsi di fronte a una vecchia prigione abbandonata; ma cos’è in realtà Prora?  

Nel 1936 l’organizzazione nazista “La forza attraverso la gioia”, incaricata di pianificare il tempo libero dei lavoratori tedeschi, ricevette il compito di costruire cinque stazioni balneari, tra le quali Prora era destinata a diventare la più grande stazione balneare costruita fino ad allora. Prora non fu concepita quindi per essere una prigione, bensì per essere il premio per gli operai che avrebbero mostrato maggiore impegno e dedizione al lavoro. Eppure a guardare quei palazzoni – cinque piani ciascuno, 10.000 camere identiche, esterni minimali per non dire squallidi – non è molto difficile che venga in mente l’immagine di un qualche carcere qualsiasi. Dopotutto essi erano la destinazione forzata per le vacanze degli operai tedeschi.  

Il piano nazista intendeva garantire le vacanze ai suoi operai più meritevoli, ma il progetto doveva rimanere strettamente fedele e in linea al più grande piano “sociale” nazista. Ecco perché accanto alla progettazione di ristoranti e piscine, gli ufficiali di Hitler predisposero che l’allestimento degli immobili fosse assolutamente austero. Le camere erano piccolissime, i bagni in comune, l’arredamento ridotto al minimo e le stanze apparivano spoglie e scialbe. Ci si preoccupava però che in ognuna di esse venisse istallato un altoparlante, in modo che i messaggi di propaganda potessero raggiungere le orecchie dei villeggianti in ogni momento. Ciò non impedì al progetto di Prora di vincere nel 1937 il premio dell’architettura in occasione dell’Esposizione universale di Parigi. 

L’inaugurazione dello stabilimento era prevista per il 1939, ma lo scoppio della guerra fece sì che nessun operaio mettesse mai piede nei malinconici fabbricati di Prora. 

Da allora la struttura rimase interamente disabitata e abbandonata all’usura del tempo, fino a quando, nel 2015, la società berlinese Metropole non ne riqualificò una parte, trasformandola in un resort di lusso con tanto di spa. 

 

Sanzhi, le case UFO 

Quella di Sanzhi è una storia molto particolare in cui misteri e fallimenti si intrecciano sullo sfondo extraterrestre delle cosiddette “case UFO”. 

All’estremo nord dell’isola di Taiwan, era possibile imbattersi in un paesaggio molto strano, direi alieno. A quaranta km di distanza, sorgevano lungo le sponde dell’Oceano Pacifico due villaggi, a lungo rimasti abbandonati e ormai demoliti, dove le abitazioni avevano forme rotondeggianti, i loro colori erano sgargianti, eppure dominava il più profondo abbandono. 

Era il 1978 quando due ricchi imprenditori taiwanesi decisero di dare sfogo e realizzazione alla propria passione per il design futurista finanziando il progetto di questi due villaggi nella provincia di Sanhzi, a Taiwan. Era il tempo degli abiti Couregges e delle sedie Tulip, era la smania futurista degli anni ‘70, con le sue tinte forti e le sue forme rotonde.  

Gli imprenditori avevano in mente di fare dei villaggi due complessi turistici destinati soprattutto ai soldati americani in missione in Asia. Ma una lunga serie di imprevisti, tra difficoltà finanziare, suicidi e incidenti, rallentò il progetto fino a impedirne per sempre il completamento. I taiwanesi diffusero molte leggende a questo proposito, alcune delle quali imputano il fallimento del progetto alla demolizione di una “statua del drago” che si trovava già in loco quando furono avviati i lavori e che venne distrutta per allargare la via d’accesso al resort; da qui la maledizione scagliata contro gli imprenditori di Sanzhi, che non videro mai realizzato il loro sogno.  

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