Strage di Bologna: 40 anni dopo.

40 anni dopo

Stazione centrale di Bologna, 2 agosto 1980. Sono le 10.25. Un orario che difficilmente si dimentica e che l’orologio fuori dalla stazione ricorda. A quasi 40 anni dalla tragedia, è ancora impossibile dimenticare. Il tempo si è fermato quando una bomba a tempo, in una valigia abbandonata, è esplosa nella sala d’aspetto della seconda classe. Circa ventitré chilogrammi di esplosivo, una miscela di tritolo, T4 e nitroglicerina a uso civile provocano la morte di ottantacinque persone e il ferimento di oltre duecento.

Quel giorno per molti italiani erano cominciate le ferie estive e Bologna rappresentava uno snodo cruciale per il trasporto nazionale su rotaia dal centro-sud verso il nord. Una pagina drammatica della storia italiana: uno degli atti terroristici più gravi del secondo Dopoguerra. Anni definiti non a caso “di piombo”, anni pesanti, per descrivere la strategia della tensione messa in atto sin dal 1969 con l’attentato in piazza Fontana a Milano, passando per la strage di piazza della Loggia e quella del treno Italicus.

A distanza di 48 ore, con una tempistica più che sospetta, dopo aver escluso un’esplosione fortuita dovuta al malfunzionamento di una caldaia, il presidente del Consiglio Francesco Cossiga comunica al Parlamento che gli autori della carneficina appartengono all’area neofascista. Il 6 agosto, quattro giorni dopo l’accaduto, la città onorò le vittime con funerali di stato e una grande manifestazione in piazza Maggiore, alla presenza dell’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini e del sindaco di Bologna Renato Zangheri i quali, durante un breve discorso, chiesero «giustizia e verità».

La dinamica della strage.

Successivamente si attivarono i soccorsi e molti cittadini, insieme ai viaggiatori presenti, prestarono i primi soccorsi alle vittime e contribuirono a estrarre le persone sepolte dalle macerie e la corsia di destra dei viali di circonvallazione del centro storico di Bologna, su cui si trova la stazione, fu riservata alle ambulanze e ai mezzi di soccorso. Dato il grande numero di feriti, non essendo i mezzi sufficienti al loro trasporto verso gli ospedali cittadini, i vigili impiegarono anche autobus, in particolare quello della linea 37, auto private e taxi.

L’attentato di Bologna del 2 agosto 1980 è stato un atto terroristico anomalo, se confrontato con i precedenti. Eliminato Aldo Moro nel 1978, e con lui ogni possibilità di apertura al Partito Comunista Italiano a un governo di “alternativa democratica”, la situazione politica interna era grosso modo stabilizzata, per questo, a primo impatto, la strage sembra non rientrare nella cosiddetta “strategia della tensione” che ha caratterizzato gli anni precedenti. In precedenza, infatti, le attività terroristiche si prefissarono l’obiettivo di intaccare e minare alla salute politica dello Stato italiano (si veda il suddetto “caso Moro” a opera delle Brigate Rosse); questo attentato non sembra invece seguire tale modus operandi e la confessione fatta nel 1991 da Cossiga, nella quale ammetteva l’errore nel considerare i militanti neofascisti colpevoli, sembra escludere un movente di carattere antipolitico.

Il movente

Oltre alle cosiddette trame della strategia della tensione, c’è chi indica come movente la ritorsione degli ambienti dell’estrema destra.

Infatti, due giorni prima della strage era stato rinviato a giudizio Mario Tuti, con altri militanti di Ordine nero, per la strage dell’Italicus, uno degli atti intimidatori e destabilizzanti seguiti a piazza Fontana e piazza della Loggia. Due giorni dopo il 2 agosto ricorreva proprio il sesto anniversario della strage di San Benedetto Val di Sambro.

Prima della strage i NAR organizzarono molte azioni punitive, come l’uccisione di Mario Amato, il sostituto procuratore che aveva fatto arrestare Pierluigi Concutelli di Ordine Nuovo per l’omicidio del giudice Vittorio Occorsio e che stava scoprendo le connessioni dei neofascisti con la malavita romana organizzata, e Bologna sarebbe quindi legata all’Italicus, che doveva passare proprio per questa stazione.

Secondo altre persone, come Giovanni Pellegrino senatore dei DS ed ex presidente della Commissione Stragi, il movente non sarebbe la strategia della tensione e la spinta verso una svolta a destra, ma altri contrasti di potere, che siano stati internazionali tra NATO e Patto di Varsavia, tra Israele e OLP, o tra Stati Uniti e Libia, con l’Italia in posizione ondivaga, che si trovò in mezzo a questa «guerra segreta»; come minaccia per silenziare chi sapeva qualcosa sulle bombe del 1969-1974, ad esempio come faida interna alla P2. La stessa sentenza di condanna degli esecutori emessa della Cassazione afferma che, se essi sono accertati, il movente occulto è oscuro, così come i mandanti.

Pellegrino, nell’intervista, dichiarò:

«Tutto questo ha un senso nell’Italia del 1969: c’erano il movimento studentesco, l’autunno caldo, Giuseppe Saragat al Quirinale, il governo debole di Mariano Rumor. Mentre questo movente non ha alcun senso nel 1980: quando siamo nell’Italia del Preambolo, del riflusso e del post-fordismo. Con Sandro Pertini al Quirinale. Sarebbe bastato al Presidente affacciarsi al balcone con la pipa in bocca per far insorgere l’Italia intera in sua difesa. E questo non sarebbe successo per Saragat.»

Anche chi sostiene nettamente la veridicità della sentenza ufficiale, afferma talvolta che, se i neofascisti dei NAR collocarono l’esplosivo militare in nome dello “spontaneismo armato” e della loro ideologia, furono spinti da qualcuno più in alto (il che spiegherebbe la mancata rivendicazione), e la P2 e lo stesso SISMI depistarono (ai danni di un altro neofascista, Stefano Delle Chiaie) per motivi poco chiari. C’è chi ipotizza anche che la bomba fu un’azione diversiva per sviare l’attenzione da alcuni scandali del periodo: il crack finanziario del Banco Ambrosiano, la bancarotta e la caduta del faccendiere Michele Sindona (colluso con la mafia e la P2, e, secondo Luigi Cipriani, deputato di Democrazia Proletaria, anche finanziatore della strategia della tensione fino al 1974), l’affacciarsi degli attacchi di Cosa nostra contro lo Stato e le indagini che avrebbero condotto agli elenchi dei piduisti, ritrovati a Castiglion Fibocchi: tutti casi in cui venne coinvolta la loggia diretta da Gelli, il cui scopo era l’instaurazione di una Repubblica presidenziale bipartitica, con tratti di autoritarismo e controllo dei mass media, mascherata da intenti liberali e anticomunisti. Altre piste legano la strage anche alla criminalità organizzata connivente col terrorismo nero, come la Banda della Magliana.

Conclusioni

Dopo quaranta anni, gli italiani e i familiari delle vittime hanno solo una verità giudiziaria alla quale molti faticano a credere, poiché priva di mandanti, finanziatori e moventi tanto potenti dal punto di vista giuridico da metter fine alla vicenda. Ad oggi, la Giustizia fa coincidere i colpevoli ad alcuni militanti del NAR, con Licio Gelli come mandante. Nonostante la magistratura abbia concluso il suo percorso individuando gli esecutori materiali sopracitati dell’orribile episodio, la strage di Bologna resta uno degli episodi più tristi della storia italiana, con molte verità condite da un cocktail di disinformazione, depistaggi, cadaveri scomparsi (Maria Fresu), presenze straniere ed eversive inquietanti (Thomas Kram), mancanza apparente di un risultato politico. Il periodo storico in cui si inserisce la strage della Stazione Centrale di Bologna ci fornisce una triplice visione su come potrebbero essere andati i fatti quel maledetto 2 agosto 1980. La prima ha a che fare con la già più volte citata strategia della tensione e quindi intravedere in alcuni gruppi anarchici i possibili colpevoli, con lo scopo di affossare la politica nazionale, come accaduto in diversi casi analoghi, si prenda d’esempio il rapimento e il successivo assassinio di Aldo Moro; la seconda pista riguarda una rivendicazione neofascista, attribuibile ai Nuclei Armati Rivoluzionari, in seguito al processo bolognese contro Ordine Nero, altro gruppo neofascista; la terza pista, accreditata dalla presenza di Kram e Frohlich, ci fa pensare ad un coinvolgimento delle Cellule Rivoluzionarie, un ordine di estrema sinistra legato al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e che quindi potrebbe consegnarci un movente connesso al mondo arabo-palestinese. Quello che però appare chiaro è che la verità rimarrà sepolta assieme ai ricordi e alle macerie di quel 2 agosto 1980.

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

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