“Strappare lungo i bordi”, serie che ha riscosso un grande successo alla sua uscita sulla piattaforma streaming Netflix, e che continua ad avere tutt’ora. Forse per le tematiche di attualità, per il sarcasmo ed umorismo, per la complessità delle problematiche trattate che accomunano gran parte degli spettatori.

Fatto sta che questa serie, creata dalla penna dell’ormai noto fumettista italo-francese Michele Rech, in arte Zerocalcare, ha portato in vita personaggi che hanno dato molto su cui pensare e riflettere.

Una serie che si differenzia per l’uso del dialetto romano come mezzo di comunicazione, di luoghi tipici delle periferie della Capitale che proiettano lo spettatore all’interno di esse, con i loro stereotipi e “personaggi-tipo”.

Non mancano riferimenti politici, filosofici e di cultura pop degli anni’80, ’90 e dell’ultimo decennio, tipici del fumettista romano, tra cui riferimenti al G8 di Genova oppure citazioni a Mao Zedong e Nietzsche; o ancora riferimenti alla celebre serie tv “Il trono di spade”, per elencarne una tra le tante utilizzate come spunto.

La narrazione della serie, che si articola in sole sei puntate, si incentra sulla vita di Zero stesso, messa in pausa momentaneamente da flashback della sua infanzia, dell’epoca adolescenziale per poi passare ad avvenimenti recenti rispetto alla linea temporale di narrazione principale.

Le continue interazioni con gli amici di vecchia data diventano i fattori di comparazione durante le tappe della crescita, i rapporti con individui “esterni” dalla propria condizione di perenne paura del divenire e di pressione sociale, come docenti e genitori i quali sono visti come i pilastri della propria persona, e per questo da non deludere.

Infine, non possono mancare i conflitti interni, i quali vengono alimentati dalle nostre paure, o meglio dalla nostra coscienza, la quale assume in Zero la forma di un armadillo parlante, un promemoria perenne delle nostre frustrazioni quotidiane.

Nonostante queste situazioni concrete sulle quali la narrazione si poggia, la vera storia si sviluppa nell’io, nell’inconscio dei personaggi, i cui pensieri vengono filtrati attraverso il punto di vista del protagonista.

Infatti, lo stesso titolo della serie richiama ad un metaforico “strappare lungo i bordi”, un proseguire le nostre strade così come le progettiamo.

Un progetto quello della vita che molto spesso non va come previsto, molto spesso svia, ci scivola da sotto i piedi e questi eventi creano inadeguatezza, incapacità di reagire e delineano sagome del tutto diverse da quelle desiderate e che molto spesso crediamo di desiderare, anche se poi si rivelano la proiezione delle aspettative sociali su di noi.

È proprio questo uno dei fulcri tematici che “Strappare lungo i bordi” vuole portare alla luce: la creazione di stereotipi sociali che scindono il bene dal male, il successo dalla miseria. Percorsi prefabbricati che, se non seguiti, portano inevitabilmente ad una caduta libera verso il fallimento, o almeno così si crede.

Zerocalacare riesce magistralmente ad esorcizzare queste pressioni e a scardinare questo quadro di formalità e predestinazione all’interno del quale cresciamo, tramite la comicità, ma più di tutti ci riesce tramite due semplici frasi che ribaltano completamente la realtà e che danno una chiave di lettura non solo della serie ma anche riapplicabile alla vita di tutti i giorni: “Semo fili d’erba” e “…perché è una cicatrice, se andava via con l’acqua era un trasferello”.

Frasi che apparentemente possono sembrare banali, infantili o senza senso, ma che nascondo dietro un significato propedeutico per affrontare un mondo che ci mette sulle spalle responsabilità ancora prima di nascere, andando a ricordarci che non siamo noi a determinare questo mondo e che nessuno dipende da noi se non noi stessi. Tramite le nostre esperienze, o “cicatrici”, riusciamo a definire quella persona che diventeremo, e anche se si va fuori dai bordi prestabiliti quella persona sarà sempre speciale a modo suo, uscendo dallo “stereotipo positivo” che ci costringe in forme standard che molto spesso ci vanno strette.

Per finire, diciamo che queste frasi riescono ad acquisire anche un valore aggiunto se si considera che la maggior parte delle volte sono pronunciate in dialetto romano, fattore che funge da antitesi all’idea di formalità linguistica, secondo concezione popolare. Dunque, Zerocalcare riesce a demolire l’ostacolo linguistico ed usare un linguaggio considerato “volgare” per trattare vicende anche di spessore nell’ambito psicologico e culturale. Accentua così questa uscita dalle regole prefissate, per seguire una propria strada, senza alcun “guardrail” che ci riporti sulla via principale.

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