Per molti anni la Street Art è stata vista in modi divergenti, in bilico su un filo tra l’opera d’arte e il vandalismo, tra imbrattare proprietà pubbliche ed una vera e propria ribellione. Street Art, l’arte tra rivoluzione, vandalismo e innovazione Direttore responsabile: Claudio Palazzi
La Storia
Si tratta di un movimento sviluppatosi a New York, tra gli anni ’50 e ’60, quando un gruppo di artisti anonimi iniziò a scrivere per protesta esclusivamente sui muri della Grande Mela, poi sviluppatosi negli anni ’70 con l’esplosione del fenomeno del graffitismo, dovuto anche all’avvento dello spray negli anni ’80. L’espansione di questo movimento artistico in tutto il mondo è dovuta ad una rivoluzione, gli artisti di strada trasformano le mura in una sorta di galleria en plein air in cui esporre le proprie opere ed ottenere una visibilità mai conosciuta fino a quel momento.
I giovani newyorkesi usarono questa forma totalmente nuova di arte per urlare il loro malcontento nei confronti di una società che li stava ignorando e dimostrare la loro capacità di vivere oltre i confini del logico e del conformismo.
La Street Art si sviluppa poi in molte altre città del mondo. Basti pensare a Berlino, in cui si iniziò a scrivere sul muro inneggiando alla libertà e che poi fu praticamente trasformata in un museo a cielo aperto, o Bristol, meta riconosciuta da mosti artisti in cui si è formato Banksy che denuncia temi importati quali politica, società ed etnia ed è ormai riconosciuto a livello internazionale per le sue opere decisamente provocatorie, al limite dell’aggressività.
Critica
Come tutti i movimenti artistici anche la Street Art gode di pareri a favore e contrari.
Le critiche volgono su quasi tutti gli aspetti del movimento. Ne viene messo in discussione l’anticonformismo sostenendo che non si trovano idee divergenti, che tutti gli artisti di strada si schierano a favore del pensiero dominante e sottolineando che una corrente realmente anticonformista non può essere sostenuta da grandi multinazionali. Altre critiche riguardano il fatto che le opere d’arte urbana sarebbero visibili solo grazie alle grandi dimensioni, senza delle quali gli artisti non sarebbero minimamente conosciuti, addirittura questi ultimi sono criticati ed accusati di disumanità il tutto data la tendenza, diventata quasi una regola del movimento di firmarsi mediante pseudonimi.
Contestualizzando la Street Art nel periodo storico in cui inizia la sua diffusione è evidente come i difetti che la critica continua a trovare siano in realtà parte integrante del movimento artistico. L’anticonformismo non risiede sempre nell’avere idee divergenti dalla folla, a volte l’importante è avere il coraggio di esprimerle e renderle fruibili, anche se quello che si vuole comunicare è parte del pensiero generale. D’altronde nessuno si sognerebbe di criticare Picasso per la denuncia alla guerra svolta con il Guernica.
L’arte urbana ha avuto una reale necessità di grandezza e gli artisti erano materialmente impossibilitati a firmarsi con il loro nome, non si può tralasciare il fatto che esse partano da un contesto illegale, quindi firmare le opere equivaleva a confessare un reato. Non credo possa essere messo in dubbio che questo movimento nasce da un concetto di base sbagliato andando contro la legalità, ma al contempo per arrivare a spingersi oltre i confini di ciò che la morale reputa giusto deve esserci un qualcosa che ha un disperato bisogno di essere urlato al mondo e, se questo non ascolta, è inevitabile trovare altre vie.
Quale modo migliore di parlare con una società che non vuole ascoltare che scriverlo sui muri che deve vedere ogni giorno?
Innovazione
Non va tralasciato un enorme dettaglio. Quando un’opera artistica riesce ad unificare bellezza, messaggio da trasmettere e sostenibilità, secondo me ogni critica non può che essere offuscata dalla reale innovazione.
Nel 2018 a Roma si “inaugura” il primo murales antismog d’Europa. Si tratta di 1000 metri quadrati di superficie su un palazzo di via del Porto Fluviale realizzato da Federico Massa, in arte Iena Cruz, e nominato Hunting Pollution, tradotto “A caccia di inquinamento”.
Il murales ha un impatto ambientale di una foresta pari alla sua superficie. Con l’uso della vernice Airlite si riducono gli agenti inquinanti industriali e dei veicoli quasi del 75% oltre ad altre azioni benefiche come sopprimere gli agenti batterici e l’alto indice di rifrazione che può giovare al consumo energetico.
In conclusione, alla base di ogni movimento che sia letterario, sociale o artistico, è presente una reale necessità di comunicare qualcosa, che a volte può portare ad atti estremi per raggiungere un fine maggiore.
Così come la scienza, l’arte è in continua evoluzione, ma quando queste due discipline arrivano a legarsi toccando un aspetto importante nella vita di ogni abitante del nostro pianeta, avviene una rivoluzione straordinaria per cui ciò che appare come un “semplice murales” in realtà sta pulendo l’aria che ogni suo osservatore respira.
Questa può essere definita soltanto INNOVAZIONE.