Storia e cultura degli Slavi tra Alto e Basso Medioevo

Gli Slavi fanno la loro comparsa nella storia a partire dal VI secolo d.C con la progressiva espansione all’interno della penisola balcanica penentrando in quello che era il limes romano.
La loro presenza assunse particolare rilievo dopo il 568 e cioè, dopo la calata dei Longobardi, popolazione germanica, verso la penisola italiana.
Non solo gli Slavi, ma anche gli Avari fecero presto il loro ingresso. Nell’antica regione pannonica si andò a costituire il Khanato Avaro caratterizzato dal dominio di un’aristocrazia guerriera avara con una popolazione costituita in maggioranza da Slavi. (M.Garzaniti, p.112)

Le prime testimonianze

“Dalla sorgente del fiume Vistola e per immensi spazi si è insediato il numeroso popolo dei venedi. I loro nomi cambiano secondo le varie stirpi e luoghi, tuttavia principalmente sono chiamati sclavini e anti.”
(Giordane, Getica, VI sec. d.C)

Così scrive lo storico bizantino Giordane nel VI secolo. Stando a questa testimonianza, sappiamo che le tribù slave sono strettamente legate allo spazio geografico dove andavano ad insediarsi.
Gli Slavi, diversamente da altri popoli, non si legano ad un modello “migrazionista”, bensì al modello di un’agricoltura itinerante. Il carattere agricolo di questo popolo non si “sposa” con un modello migratorio e, anzi, lo contraddice.
Per molto tempo gli Slavi sono rimasti ai margini della storiografia, sia orientale sia occidentale e solo pochi storici e autori di cronache del passato, come Giordane, hanno menzionato questo popolo.

Il popolo slavo non possedeva un carattere bellicoso, come invece alcune delle più importanti popolazioni germaniche che hanno segnato i secoli dell’Alto Medioevo. Ciò non esclude che gli Slavi, insieme ad altri popoli, abbiano favorito scenari tragici, soprattutto negli anni immediatamente successivi al loro arrivo:

“Tre anni dopo la morte dell’imperatore Giustino (578) e del governo del vittorioso Tiberio, uscì il popolo maledetto degli Slavi.
Essi attraversarono impetuosamente tutta l’Ellade, le regioni di Tessalonica e di tutta la Tracia. Espugnarono molte città e fortezze, devastarono e bruciarono.
(…)”

(Giovanni di Efeso, Storia Ecclesiastica, VI)

Gli Slavi seguivano, dunque, le scorrerie di altri popoli, dal carattere sicuramente “più forte” e bellicoso. Le scorrerie di altri popoli, tra tutti gli Avari, favorirono l’apertura di nuovi spazi all’interno dell’Europa centro-orientale per gli Slavi.
In un altro passaggio, lo storico Giordane, menziona gli Anti come i “più forti tra questi”; è possibile che gli Anti siano stati coloro a più stretto contatto con un’aristocrazia guerriera, diversamente dagli Slavi Venedi, popolazione di Slavi occidentali che si sviluppò sulla costa orientale del Baltico. I cronisti bizantini menzionano anche gli Sclaveni che, insieme agli Anti, arrivarono nei Balcani penentrando nel limes romano.

Arriva così la prima suddivisione di tre grandi gruppi, simile a quella attuale, di Slavi meridionali (Sclaveni, che successivamente accetteranno la sovranità dell’Impero d’Oriente), Slavi orientali (Anti) e occidentali.

Il lavoro agricolo nei campi

Gli Slavi si insediarono in ampi spazi e sfruttavano tutto ciò che la natura aveva da offrire. In queste grandi aree, dove gli Slavi si insediarono, le principali vie di comunicazioni erano caratterizzate da corsi d’acqua. Sulle sponde sorgevano i primi villaggi legati a vincoli tribali. (M.Garzaniti, p.50).

Elemento caratteristico di un villaggio slavo era la sua delimitazione a difesa del centro abitato. I villaggi erano infatti circondati da palizzate; a fare da difesa erano il bosco o le paludi che pure circondavano gli insediamenti.
Gli edifici abitativi venivano realizzati in legno. Ancora oggi, a settentrione, è possibile trovale la tipica izbà con forma rettangolare e sopraelevata dai terreni paludosi.

Il centro abitato di queste abitazioni era la zona dove si trovava la stufa utilizzata per cucinare ma anche per riscaldare l’ambiente; non mancava poi l’angolo destinato al culto religioso.
La principale attività economica era quella agricola: l’aratura, la semina e la raccolta.

Gli Slavi si procuravano campi tagliando e bruciando le foreste circostanti. Lo strumento più utilizzato per il lavoro agricolo nei campi era sicuramente l’aratro, inizialmente ligneo a cui successivamente venne aggiunta una parte metallica. Alcuni strumenti tipici venivano utilizzati solo dalla donna, come il falcetto o il bastone di scavo utilizzato per la raccolta di erbe destinate non solo alla tavola, ma anche alle cure mediche.
Il ritmo del lavoro dei campi veniva scandito dal susseguirsi delle stagioni; ancora oggi, alcune lingue slavi indicano i mesi con gli antichi nomi del calendario lunare.

La grande famiglia slava e il “sistema matriarcale”

La famiglia slava costituiva la più importante entità all’interno di un villaggio. All’interno di una stessa famiglia si trovavano più generazioni.
Presieduta per comune consenso da uno dei membri più anziani di essa, delegato ad amministrarla”. (Gasparini, 1973.)

Accanto ad un capo maschile, si trovava spesso un capo femminile. La presenza di un capo femminile ha spinto gli slavisti a considerare la famiglia slava, una famiglia a conduzione matriarcale. Tuttavia, quella slava, somiglierebbe più a una famiglia di natura ibrida come ci mostra la presenza di un Consiglio, costituito da componenti della famiglia, sia maschili sia femminili.

Lo stesso Gasparini, primo grande studioso a dedicare la sua ricerca accademica all’antica famiglia slava, conferma l’esistenza di un Consiglio presso gli Slavi.
La contraddizone nel sistema di tipo matriarcale, la si nota nel ruolo del “capo”. Il capo del Rod (grande famiglia), non era un capo con potere assoluto e illimitato, il capo sembra essere un amministratore temporaneo che poteva essere destituito dalla sua carica per comune consenso da parte dei membri di una stessa famiglia. Inoltre, non era raro che un capo maschile venisse sostituito da un “capo” più giovane se più autorevole.

Ciò che ha spinto gli studiosi a confermare l’esistenza di un sistema matriarcale è la carica elettiva destinata al capo maschile, anziché al capo femminile. Ciò vuol dire che il capo maschile – l’amministratore temporaneo – occupava la sua posizione per elezione, diversamente dalla donna che non veniva eletta. Il fatto che la donna non venisse eletta trova spiegazione nel suo ruolo di moglie del capo che in quel momento ricopriva tale carica.
Alla morte del padre la grande famiglia era retta dalla vedova, che presumibilmente si trovava a capo della grande famiglia per una diretta successione – spontanea e conseguenziale – a quella del marito.

Un’altra contraddizione si riflette nelle nozze virilocali: l’unione matrimoniale prevedeva il trasferimento della sposa nel Rod del marito. Inoltre, una filiazione uterina non comporta necessariamente che all’interno di una società il potere sia detenuto dalle donne.

L’importanza storica degli Slavi

Con l’ingresso degli Slavi nei Balcani, l’unità dell’Impero appare sempre più tenue e e difficoltosa. Mentre nella parte occidentale si consolida sempre di più una cultura latina, nella parte orientale l’Impero consolida ulteriormente la sua grecizzazione. All’interno della penisola balcanica queste due culture si incrociano ma contemporaneamente danno vita a diversi ostacoli che limitano le comunicazione da una parte all’altra dell’Impero.

La conseguenza dell’avanzata da parte degli Slavi è spesso sottovalutata e, sottovalutato è il contributo degli Slavi all’interno della storia che favoriono la costituzione di quello che sarà poi l’Impero Romano d’Oriente.

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