“Via col vento”: un film così lontano, eppure così vicino.
Il 10 Giugno 2020, in seguito alla morte di George Floyd e nel pieno delle proteste contro il razzismo e le condotte brutali e discriminatorie della polizia americana, l’emittente televisiva statunitense HBO annuncia di aver rimosso dal catalogo della sua piattaforma streaming il film “Via col vento”, perché ritenuto portatore di idee e messaggi razzisti. Lo stesso viene reinserito qualche giorno dopo, preceduto da un video di quattro minuti e mezzo in cui Jacqueline Stewart, professoressa e conduttrice televisiva, interviene cercando di spiegare e contestualizzare la pellicola e il suo significato. La scelta di HBO si inserisce in un clima di rivalutazione storico-culturale e riapre la discussione su un film tanto famoso ed importante quanto controverso. Uscito nelle sale americane nel 1939, “Via col vento” ebbe subito un grande successo, certificato dalla vittoria di otto premi Oscar (più due speciali), ma allo stesso tempo scatenò molte polemiche dalle quali non si sarebbe più distaccato. Via col vento“: un film così lontano, eppure così vicino Direttore responsabile: Claudio Palazzi
La vicenda si svolge nel 1861 in Georgia, uno stato del Sud che si prepara alla guerra civile contro gli stati del Nord. Proprio la guerra fa da sfondo alla prima parte del film, in cui si assiste alla distruzione di un modello di società e di vita, quelle sudiste, basato su grandi e lussuose case padronali, frequenti feste e merende e ampie piantagioni di cotone in cui lavorano gli schiavi neri. Principale protagonista della storia è Rossella O’Hara (Vivien Leigh), figlia di un proprietario terriero, che prima vedrà crollare tutte le sue certezze e poi tenterà di ricostruire la propria vita. La seconda parte del film è incentrata sulla sua travagliata storia d’amore con Rhett Butler (Clark Gable), nella quale saranno coinvolti anche Ashley Wilkes (Leslie Howard), il vero amore di Rossella, e sua moglie Melania Hamilton (Olivia de Havilland).

Trionfo e controversie.

Il film è un’opera mastodontica, della durata di 4 ore, costata 3.9 milioni di dollari. Alla sua uscita ebbe un grandissimo successo e vinse otto premi Oscar, tra cui quelli al miglior film, alla miglior regia e alla miglior attrice protagonista. Nel 1989 venne eletto miglior film di tutti i tempi ai People’s Choice Award mentre l’American Film Institute lo inserì prima al quarto e poi al sesto posto della classifica dei migliori film di sempre. Fu anche un grandissimo successo al botteghino, incassando quasi un milione di dollari solo nel primo fine settimana di proiezione, e le successive riproposizioni gli hanno consentito di incassare ad oggi circa 400 milioni di dollari che, ricalcolati al tasso di inflazione odierno, diventano quasi 4 miliardi di dollari, rendendolo il film con il maggior incasso di sempre.

Nonostante il grande successo, una parte della critica cinematografica attaccò il film, accusandolo di supportare esplicitamente la causa sudista. Dalla rappresentazione, infatti, emerge un ideale romantico della società del Sud, difesa dagli abitanti, che appaiono nobili e coraggiosi, e anche dagli schiavi contro i nemici nordisti, rappresentati invece come incivili, barbari e saccheggiatori dei territori sconfitti. Ciò potrebbe spiegarsi con l’emersione, negli anni della produzione del film, di un’ideologia revisionista secondo la quale il Sud stava solo cercando di difendere i “diritti degli Stati” dall’aggressione del Nord. La guerra viene comunque combattuta in modo eroico dai sudisti, nonostante sia chiaramente una causa persa, e anche lo stesso Rhett, l’unico ad accorgersi subito delle scarse possibilità di vittoria, finisce per arruolarsi.

Tuttavia, la maggiore critica mossa al film nel corso degli anni è senza dubbio quella legata al razzismo, in particolare alle figure degli schiavi, che appaiono inetti e poco intelligenti e sembrano essere quasi contenti di come vengono trattati, tanto da arruolarsi nell’esercito in difesa della società sudista e, di conseguenza, della loro stessa condizione. Eppure, nonostante questa rappresentazione stereotipata, la visione che il film offre della schiavitù è abbastanza rosea, con gli schiavi che sono generalmente trattati “bene”, fatta eccezione per poche scene in cui, ad esempio, Rossella minaccia una schiava prima di venderla e poi di frustarla. Il personaggio di Miss O’Hara è abbastanza contraddittorio su questo argomento: da un lato è l’unica che tratta con disprezzo gli schiavi, dall’altro ha un buon rapporto con alcuni di loro, soprattutto con Mami, e alla fine dona l’orologio del padre defunto, il quale le aveva raccomandato di essere gentile con i servi, ad uno schiavo rimastole fedele. A ben vedere, più che nel film, gli episodi di razzismo si verificarono nella realtà. “Via col vento” uscì nelle sale nel 1939, solo 74 anni dopo la fine della guerra di secessione, in un’epoca in cui le ferite della guerra non si erano ancora rimarginate, erano ancora in vita gli ultimi veterani e soprattutto erano ancora in vigore norme e consuetudini fortemente discriminatorie.

Durante la produzione, diversi gruppi a favore dei diritti dei neri inviarono lettere di protesta al produttore David Selznick, segnalando le loro preoccupazioni in merito all’omonimo romanzo di Margaret Mitchell, di cui il film era la trasposizione cinematografica, in cui vi era il frequente uso di insulti razzisti e una caratterizzazione del Ku Klux Klan come “tragica necessità”. Alla fine Selznick e lo sceneggiatore Sidney Howard ammorbidirono alcuni elementi e decisero di assumere due consulenti (bianchi) per curare l’intero trattamento dei neri. Le modifiche non furono comunque ritenute sufficienti e il film venne considerato offensivo verso la popolazione di colore. Da segnalare, inoltre, il fatto che gli attori di colore dovettero recitare parlando una lingua sgrammaticata, il classico linguaggio stereotipato attribuito ai neri, e che ciò fu riportato anche nel doppiaggio in italiano, nel quale vennero anche italianizzati i nomi. Successivamente, venne distribuita una nuova edizione, con i nomi originali (tranne Scarlett che rimase Rossella) e un doppiaggio corretto della lingua degli schiavi, che però venne poi abbandonata, tanto che tuttora il film è regolarmente trasmesso con il doppiaggio originale.

Il prezzo di un Oscar.

Particolarmente controversa all’epoca fu la figura di Hattie McDaniel, interprete della schiava Mami. La McDaniel subì diversi episodi di discriminazione razziale, soprattutto la sera della premiere, che si svolse ad Atlanta in Georgia, uno stato ex sudista in cui ancora vigevano leggi razziali, quando le fu proibito di entrare al teatro in quanto riservato ai soli bianchi. Le fu invece consentito solo come favore di entrare all’Ambassador Hotel, sede della cerimonia degli Oscar, dove però fu fatta sedere ad un tavolo estremamente defilato. Durante la sua carriera vene menzionata in meno di un terzo dei film in cui recitò e  infine, dopo la sua morte, non poté essere realizzato il suo desiderio di essere sepolta nel cimitero di Hollywood, in quanto anch’esso riservato ai soli bianchi. Nonostante le discriminazioni subite, nel 1940 l’attrice vinse il Premio Oscar alla miglior attrice non protagonista, prima donna afroamericana ad essere premiata (la seconda sarebbe stata Whoopi Goldberg solo nel 1991). Nonostante ciò, la McDaniel venne duramente criticata dalle associazioni dei diritti civili dei neri, che la accusarono di essersi piegata agli stereotipi di Hollywood e di aver accettato il classico ruolo, quello di schiavo, assegnato agli attori di colore e le venne dato l’appellativo di “Zio Tom dei bianchi”. L’attrice liquidò le accuse come “pregiudizi di classe nei confronti dei domestici” e affermò di non sentirsi in colpa per aver guadagnato 700 dollari a settimana interpretando una cameriera perché se non lo avesse fatto ne avrebbe guadagnati 7 lavorando veramente come cameriera. Le critiche proseguirono anche negli anni seguenti a causa della decisione di non associarsi al movimento di protesta per i diritti civili e alcuni membri della National Association for the Advancement of Colored People (NAACP) arrivarono a definirla un “servo dei bianchi”.

Una difficile eredità.

“Via col vento” fu il primo grande film a trattare il tema dello schiavismo negli Stati Uniti e, sebbene se ne riconoscano il successo e i meriti artistici, oggi viene ritenuto un prodotto figlio del suo tempo e con diversi elementi discutibili. Altri film trattarono in seguito l’argomento e lo fecero attraverso nuove visioni e una sempre maggiore sensibilità. Così, nel 2013, il premio Oscar al miglior film venne vinto da “12 anni schiavo”, basato sulla storia vera dello schiavo Solomon Northup e incentrato su violenze, ingiustizie e discriminazioni subite dai neri negli anni della schiavitù.

La lotta per i diritti civili dei neri subì una repentina accelerata negli anni ’60 e, sulla spinta di vari gruppi, movimenti e figure di spicco come Martin Luther King, si arrivò all’approvazione del “Civil Rights Act” nel 1964 e del “Voting Rights Act” nel 1965, esattamente cento anni dopo la fine della guerra di secessione. Ciononostante, la cessazione delle discriminazioni sul piano legale non coincise con la fine delle stesse nella quotidianità di tutti i giorni e, sebbene da allora la situazione sia andata migliorando sempre più, ciò non è avvenuto rapidamente e definitivamente come si avrebbe sperato. Ancora oggi le strade d’America sono teatro di forti proteste e violenti scontri, ancora una volta vi sono americani contro americani, ancora una volta si sente la necessità, il dovere, di ricordare che (anche) le vite dei neri contano.

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